La piccola grande storia di Andrea


Andrea era nato con una disabilità totale ed è morto il 13 luglio a sedici anni.
Ho letto di lui su Avvenire, in una lettera inviata da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Perchè ve ne parlo? Perchè la sua storia non fa notizia sui giornali, o meglio, di lui se ne sarebbe parlato se avesse rivendicato il diritto di mettere fine alla sua vita. Allora sì che sui giornali avremmo letto la sua storia. Ma Andrea sulla vita aveva le idee molto chiare. Grazie alla comunicazione facilitata con un computer, l’unico sistema tramite il quale poteva esprimersi, scriveva: “Io penso: chiunque mi sta a chiedere come mi sento, io, difettoso nel corpo ma non nella mente e nel cuore, io rispondo: chi può dirlo fra noi chi è più felice?“. Scriveva ancora: “Decisamente benedetta la mia nascita. Non un giorno solo ho pensato che sarebbe stato meglio non essere nato… Grato sono alla vita e voglio che si sappia“. Andrea non era un folle, ed era consapevole delle proprie sofferenze e di quelle della sua famiglia. Ma la mamma Gabriella dice: “Mi sono sentita uno strumento per lui, attraverso il quale è passato Dio senza che ne avessi la piena consapevolezza“.
Bella storia questa di Andrea e meravigliosa la sua famiglia. Loro sì che ci fanno capire che la vera disabilità è l’incapacità di amare e di sentirsi amati, il rimanere intrappolati in quelle gabbie mentali che ci fanno pensare alla vita solo in termini di efficienza. Oggi si sta diffondendo una cultura che ha perso il senso della indisponibilità e sacralità della vita, e abbiate pazienza se penso che non è un gran bel progredire.
Di fronte a questo modo di vivere l’amore mi inchino e rendo grazie a Chi ci rende capaci di tanto.

Religione ed evoluzione sono inconciliabili?

Conoscete la teoria dell’evoluzione? Sarete portati a dire che è quella che dice che l’uomo deriva dalla scimmia. In realtà la teoria elaborata da Darwin è un po’ più complessa e ci ha lasciato due grandi enigmi.
Il primo è rappresentato dalla base genetica della trasformazione scimmia-uomo. I genomi dell’uomo e dello scimpanzè differiscono di poco più dell’1%, eppure l’uomo ha vantaggi rilevanti rispetto alla scimmia.
Il secondo enigma è dato dal passaggio dal cervello alla mente. In che modo, cioè, i segnali chimici ed elettrici del nostro cervello si trasformano in percezioni, sentimenti, idee, emozioni, valori etici e religiosi?
L’anima creata da Dio potrebbe spiegare il passaggio dalla scimmia all’uomo e dal cervello alla mente. Ma una risposta di questo genere se può essere soddisfacente per i credenti, non lo è sotto il profilo scientifico. Quindi, le risposte che si dà la religione e quelle che la scienza va ancora cercando sono incompatibili?
Per Francisco Josè Ayala, biologo e filosofo di origine spagnola che insegna all’università della California e membro dell’ Accademia delle Scienze USA, non esiste contrasto tra la teoria dell’evoluzione e la religione.
Recentemente è stato pubblicato un suo libro “Il dono di Darwin alla scienza e alla religione” da cui riprendo i passi che possono aiutarci a capire che l’evoluzione non fa a pugni con la fede.
I fautori del disegno intelligente (ndr, cioè di un Dio creatore) sostengono che la teoria dell’evoluzione è incompatibile con la fede religiosa. Curiosamente, condividono tale convinzione con gli scienziati materialisti. A mio avviso invece entrambi, i primi come i secondi, si sbagliano: scienza e religione sono compatibili, perchè si interessano a campi d’indagine diversi. La scienza è un metodo di conoscenza, ma non è l’unico. L’esperienza comune, la letteratura d’immaginazione, l’arte e la storia forniscono una valida conoscenza della realtà. Il senso e lo scopo del mondo e della vita umana, così come le questioni inerenti ai valori morali o religiosi, trascendono la scienza, eppure sono importanti; per la maggior parte di noi, sono importanti almeno quanto la conoscenza scientifica di per se stessa”.
Vi ricordo che ho inserito nel blog un’attività sulla scienza e la fede. Se volete, andate a dargli un’occhiata qui e scoprirete che altri scienziati condividono le idee dell’autore di questo libro.

Il valore della rinuncia

Sono una prof, ma sono anche mamma. Perciò, abbiate pazienza, se “rompo” un po’. Fa parte del ruolo.
L’altro giorno, sfogliando Il Resto del Carlino, mi trovo a leggere il Commento di Marcello d’Orta. Chi è costui? Vi dicono niente “Io speriamo che me la cavo” o “Dio ci ha creato gratis“, tanto per ricordare alcuni dei libri che ha scritto? Se non sapete proprio di chi stia parlando, alcune brevi note biografiche. Marcello d’Orta, prima di dedicarsi completamente alla scrittura, ha insegnato per quindici anni a Napoli, la città in cui è nato. Ha fatto il maestro nelle zone più depresse e ad alta densità criminale di quella città, ma è stato capace di cogliere, da bravo maestro che è, un’umanità insospettabile in tanto degrado umano e ambientale.
Ma ritorniamo al commento di cui vi facevo cenno e che ha come titolo “Per i più somari un prof in spiaggia“. Il riferimento era ad una iniziativa che si chiama “Teach on the beach”. In che consiste? Ripetizioni al mare, alla modica cifra di 15 Euro l’ora. Su questa formula, inventata per venire incontro ai genitori di figli poco amanti della scuola, il giudizio del nostro commentatore è severo, perchè …. lascio parlare lui:
Chi può impedire che un professore faccia lezione su una spiaggia di Ischia o di Capri? Ma qui non è una questione di leggi. Ma una questione di educazione. Quella che non hanno impartito ai ragazzi i genitori. Dalla nota in condotta a una bocciatura o a un rimando a settembre, implicito o esplicito è il biasimo di un insegnante, e un genitore dovrebbe prenderne atto. La lezione (la lezione morale) del professore andrebbe ribadita da un padre, non ignorata. Non si può regalare a un figlio svogliato la motocicletta, o anche solo mandarlo al mare come se niente fosse accaduto. Al mare un somaro ci può anche andare, ma non certo per riparare il debito formativo. Il valore della rinuncia è fondamentale per la crescita di un individuo: come fanno certi genitori a non capirlo? A furia di dar tutto ai figli, li hanno fatti diventare somari, presuntuosi e prepotenti. Viziare un figlio è prepargli la morte, dice la Bibbia. Un libro – questo sì – da portare (anche) sulla spiaggia“.
Condivido il succo di questo intervento, in particolare l’ultima frase che invita a conoscere meglio la Bibbia.
Voi ragazzi che pensate del valore della rinuncia?
Ne riparleremo a settembre. Comunque adesso chi può, se le goda queste vacanze; evitate però di costringere i vostri genitori a pagare qualcuno per farvi stare un po’ sui libri! Tirate fuori l’orgoglio e agite in modo intelligente. Soprattutto, cercate di essere dei bravi figli!

Amare è aver cura

L’adolescenza è l’eta delle prime cotte, dei primi innamoramenti, dell’euforia, della timidezza, delle delusioni, dell’inquietitudine.
A volte, forse troppe volte a giudicare dalle statistiche, è l’età in cui si bruciano le tappe e l’attrazione sessuale diventa un istinto non controllato.
L’amore è però qualcosa di più, richiede pazienza, rispetto, responsabilità.
L’amore è prendersi cura dell’altro, desiderare il suo bene, riconoscere l’unicità e l’esclusività dell’altro.
Ascoltate la canzone di Franco Battiato, “La cura”.

Vi invito anche a scoprire che la Bibbia ha usato espressioni molto belle per descrivere l’amore tra un uomo e una donna. Mi riferisco al libro che si chiama “Cantico dei Cantici”. Diverso tempo fa, la collega Monica nel blog “Idr per passione” accennava ad una puntata di “Tutti pazzi per amore”, serie tv trasmessa in inverno, in cui veniva letto un passo del Cantico dei Cantici. Vi propongo la scena, nella speranza che più che interessarvi alla fiction, vi venga la curiosità di scoprire che razza di libro sia il Cantico dei Cantici, e perchè un testo sacro come la Bibbia parli così dell’amore.
Chissà che non diventi oggetto di qualche lavoro nel prossimo anno scolastico.
A voi la scena.

Il compleanno del cardinale Tonini

Il mese di luglio è per la mia famiglia un mese carico di compleanni. Facciamo gli anni io, mia cognata, mio fratello, una nipote, due cugini. Fare gli auguri di buon compleanno per me significa dire a quella persona che ci si ricorda di lei, che si è felici di averla tra noi. Festeggiare il proprio compleanno è l’occasione per stare con le persone care, ma soprattutto per ringraziare Dio della vita donata.
Proprio ieri, il 20, una grande persona ha festeggiato i suoi 95 anni. Sto parlando del cardinale Ersilio Tonini, che è stato, in anni passati, anche vescovo di Macerata. Ho ascoltato, letto le interviste che gli hanno fatto, perchè 95 anni sono una bella età, soprattutto quando sono portati con la lucidità e l’ottimismo che caratterizzano questa persona. Vi riporto alcune delle frasi che maggiormente mi hanno colpito, nella prospettiva che possano offrirci lo spunto per riflessioni, approfondimenti, ricerche per il prossimo anno scolastico.
Sono grato a Dio di questi anni, di tutte le persone che ho incontrato. Domattina (il giorno del compleanno, ndr) a Dio dirò grazie. Come d’altronde faccio da quando ero bambino, ogni giorno. “Grazie” che è la parola più semplice e fondamentale. Perchè nel dirla, sta il riconoscere di avere ricevuto un dono di cui si è grati: e chi è grato è portato, a sua volta, a donare“.
Questo mio tempo è il momento in cui più mi rendo conto di quanto ho ricevuto. E’ il tempo in cui mi sembra di conoscere di più, di saper valutare, di essere più libero. E’ come se oggi, interiormente, avessi un saggio che mi guida. La vecchiaia è un premio“.
Ho una profonda stima dell’uomo. I peccati non mi hanno mai scandalizzato. Su tutto, prevale in me la meraviglia per la coscienza donata a ciascuno di noi. Quella coscienza che è il luogo della nostra libertà, e della possibilità di scegliere, alla fine, il bene. Anche se oggi si è un po’ persa la coscienza, resto ottimista“.
Mio padre mi diceva sempre:”Quello che conta nella vita è volersi bene, un pezzo di pane e la coscienza retta“.
Conosco gli uomini. E so che, dentro, hanno una possibilità straordinaria di bene“.
Oltre la morte sarà bellissimo. Perchè vedremo finalmente la nostra storia, tutta intera. Voglio dire: vedremo la storia di ciascuno di noi, dal suo vero principio, dall’istante in cui Dio ci ha concepiti nei suoi pensieri. Perchè ciascuno è stato pensato, progettato dall’inizio del tempo. E’ una prospettiva sterminata. E’ posare gli occhi sull’orizzonte infinito per cui sono stati fatti. Sarà l’abbraccio di Cristo, una felicità ineguagliabile“.
Basterebbe, ecco, essere meno distratti. Svegliarsi al mattino, e riconoscere con stupore, il dono della vita ricevuto“.

L’uomo ha messo piede sulla Luna. Le meraviglie di Dio e la grandezza dell’Uomo


Erano le 4:57 ora italiana del 21 luglio 1969 quando un astronauta mise per la prima volta piede sulla Luna. Io c’ero. Non sullla Luna ovviamente, ma qui sulla Terra, incollata alla televisione per assistere in diretta a quell’avvenimento. A dir la verità il momento dei primi passi umani sul nostro satellite me li persi, vinta dal sonno, perchè tra l’allunaggio e l’apertura del portellone della navicella passò diverso tempo (almeno, così mi sembra di ricordare).
Nei giorni che precedettero lo sbarco, mi trovavo spesso a guardare la Luna, chiedendomi cosa mai avrebbero trovato gli astronauti, una volta arrivati. Che emozione! Veramente l’uomo sarebbe arrivato sulla Luna?!!!
Di tempo ne è passato e i ragazzi di oggi rimangano quasi indifferenti di fronte alle navicelle spaziali che partono, o che rimangono sospese a fare il giro della Terra. E’ tutto molto ovvio, quasi naturale. Eppure in quel lontano 1969 si percepiva la straordinarietà dell’evento che avrebbe spalancato chissà quali orizzonti.
Rivedendo le immagini di quegli uomini che si muovevano con leggerezza e goffaggine sul suolo lunare e della Terra lontana, rivivo la stessa emozione di allora e mi sento piccola, piccola, nella vastità dell’Universo.


Non so se lo sapete, ma il Papa di allora, Paolo VI affidò agli astronauti Neil Armstrong e Edward Aldrin una targa da portare sulla Luna. In questa lamina d’oro era inciso il Salmo 8.

Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi (5-7).

Ho trovato questo video sul Salmo 8. E’ in lingua spagnola, ma si comprende con facilità, e vale la pena vederlo.

Concludo questo intervento sulle meraviglie di Dio e sulla grandezza di cui ha reso capace l’uomo. proponendovi la testimonianza di Enrico Fermi, scienziato dell’atomo:
Ero giovanissimo e avevo l’illusione che l’intelligenza umana potesse arrivare a tutto. Una fortissima nevrastenia mi costrinse a rifugiarmi in un remoto paesello dell’Umbria. Contemplavo i monti azzurri e le campagne tranquille. Una notte stavo ascoltando le placide conversazioni di alcuni contadini: cose semplici, né volgari, né frivole. Ed ecco la voce grave di un contadino esclamare: “Come è bello contemplare le stelle! Eppure c’è chi dice che Dio non esiste!”. Quella frase, in quel luogo e in quell’ora, toccò tanto al vivo il mio animo che la ricordo come se fosse ieri. Quel vecchio contadino non sapeva nemmeno leggere, ma c’era nel suo animo, custodito da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio

Ricordando il giudice Borsellino

Voi non eravate ancora nati quando, 17 anni fa, il giudice Borsellino veniva fatto saltare in aria, insieme alla sua scorta. Siamo a Palermo, in via D’Amelio, e sono passati due mesi dalla barbara uccisione di Falcone, della moglie e, ancora una volta, di chi faceva parte della scorta.
I nomi di Falcone e Borsellino dovrebbero esservi noti, come, immagino, sappiate che questi due giudici furono fatti fuori dalla mafia.
Quest’anno a scuola, con le classi seconde, abbiamo visto alcuni momenti del film “Alla luce del sole” che racconta di un prete, don Pino Puglisi, che non si lasciò intimorire dalla mafia e per questo venne assassinato. La mafia in quegli anni mostrò tutta la sua ferocia e, sinceramente, non si può non provare rabbia di fronte a fatti del genere.
Ma la rabbia, dice il cristianesimo, deve far posto al perdono. Sembra impossibile, ma, leggendo quanto riportato su Avvenire di sabato 18 luglio da Maurizio Patriciello, c’è chi ci riesce. Il giornalista, infatti, ci ricorda le parole di Agnese Borsellino, vedova di Paolo:
Se mi dicono perchè l’hanno fatto, se confessano, se collaborano con la giustizia, se consentono di arrivare a una verità vera, io li perdono … devono dirmi con coraggio quello che sanno, con lo stesso coraggio con cui mio marito è morto. Di fronte al coraggio io mi inchino… Sono sicura che nella vita gli uomini si redimono, non tutti, ma alcuni. Mio marito mi ha insegnato che si possono redimere“.
Il perdono richiede coraggio, grande forza d’animo, fiducia nell’uomo, nella possibilità che possa cambiare. Quanta vigliaccheria, invece, in chi, figlio delle tenebre, persiste nell’errore, o meglio nell’errare in una strada senza sbocco e speranza.
Si può cambiare, ci si può liberare dei fardelli che appesantiscono la nostra vita. Si può. Perchè, fosse anche il caso che io non avessi fiducia di farcela, Qualcuno continuerebbe ad investire in questa mia capacità di cambiamento. Vi ricordate Gesù con l’adultera? “Va e non peccare più“. Quelle parole pronunciate nei confronti di quella donna che tutti erano pronti a colpire, ci dicono che l’amore di Dio è grande, come la fiducia che Egli ripone nell’uomo.
Tutti possiamo cambiare, perchè, come esseri umani, siamo dotati della capacità di prendere coscienza dei nostri sbagli, e il Signore ci dà la forza di cambiare strada. In questo credono i cristiani ed è per questo che il giudice Borsellino, ed oggi sua moglie, ci dicono che è possibile perdonare, perchè ogni persona, se vuole, può imparare a fare il bene.

Gesto di solidarietà dei bambini del Kosovo ai terremotati abruzzesi

Ho letto su Popotus, l’inserto bisettimanale del giornale Avvenire rivolto ai bambini, che i piccoli orfani ospitati in una casa-famiglia del Kosovo centrale (nella penisola Balcanica, al di là dell’Adriatico) hanno deciso di rinunciare per un po’ agli aiuti che arrivano dall’Italia per dirottarli sui coetanei abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile. Accanto all’impegno dei leader dei Paesi più potenti del mondo per la ricostruzione dei monumenti e dei paesi abruzzesi, il gesto di questi bambini è poca cosa, ma solo se ci fermiamo all’aspetto materiale. Se riusciamo ad andare oltre, infatti, ci renderemo conto che è un grande esempio di solidarietà. Gli orfani del Kosovo vogliono infatti restituire un po’ di quello che hanno ricevuto, perchè la vera solidarietà non è nei numeri, più o meno grandi (pensate ai 20 miliardi di dollari che sono stati stanziati dal G8 per la lotta contro la fame del mondo), ma nell’impegno a fare ciò che è giusto, a rinunciare al di più, perchè non ci sia nessuno che abbia di meno.

Se vuoi rendere il mondo un posto migliore guarda a te stesso e fai un cambiamento

In questi giorni lo abbiamo visto più volte alla televisione.
Sto parlando di
Michael Jackson, che come tutti voi sapete è morto improvvisamente a 50 anni.
Quand’ero più giovane era uno dei cantanti che preferivo. Confesso che, con l’andare del tempo, non mi piacevano quelle trasformazioni a cui andava sottoponendo il suo corpo e tutte quelle stranezze che gli si attribuivano. A parte tutto, a lui dobbiamo delle belle canzoni, tra cui vorrei sottolineare questa:
“Man in the mirror”. Il testo è significativo e ve lo propongo nella lingua originale e nella traduzione.
Concludo questo intervento lasciandovi un video che si è ispirato a questa canzone. Alcune immagini sono forti, ma ce ne sono anche diverse, piene di speranza. Hanno per tema principalmente l’Africa.
Anche i potenti della Terra, riuniti al G8, hanno riconosciuto la necessità di aiuti concreti ed efficaci a questo continente. Il Papa stesso ha richiamato più volte la necessità di rimuovere le condizioni che non permettono una vita dignitosa alle popolazioni africane.

Come dice la canzone, il mondo potrà cambiare solo se saremo noi disposti a cambiare.

As I, turn up the collar on
my favorite winter coat
This wind is blowing my mind
I see the kids in the streets,
with not enought to eat
Who am I to be blind?
Pretending not to see their needs
A summer disregard,
a broken bottle top
And a one man soul
They follow each other on the wind ya’ know
‘Cause they got nowhere to go
That’s why I want you to know

I’m starting with the man in the mirror
I’m asking him to change his ways
And no message could have been any clearer
If you wanna make the world a better place
Take a look at yourself, and then make a change

(traduzione)

Come al solito alzo il colletto del
mio cappotto preferito
questo vento soffia la mia mente
Vedo i ragazzi nella strada
senza cibo a sufficienza
chi sono io per essere cieco?
faccio finta di non vedere
i loro bisogni
Una noncuranza estiva
In cima una bottiglia rotta
e un’altra anima di un uomo
Loro s’inseguono nel vento lo sai
perchè non hanno un posto dove andare
è per questo che io voglio che tu sappia

Che inizierò con l’uomo nello specchio
gli ho chiesto di cambiare la sua strada
e nessun messaggio può essere
più chiaro
se tu vuoi rendere il mondo
un posto migliore
guarda a te stesso e fai un cambiamento


A scuola da prof in erba


Alcune settimane fa i giornali ci davano notizia dell’aumento dei bocciati a scuola. Nella classe di mia figlia, oltre a ben quattro bocciati, quasi la metà degli alunni si ritrova con il giudizio sospeso. Tanto per farvi capire la situazione generale vi dò dei numeri, che ho trovato leggendo qua e là: il 28,6 per cento degli studenti della scuola superiore ha avuto il giudizio sospeso e il 13,6 non è stato ammesso. Facendo un po’ di somme, risulta che, grosso modo, 4 ragazzi su 10 hanno avuto problemi con la scuola.
La notizia che vi propongo ha però a che fare con la bella iniziativa dell”Istituto Professionale “Almerico da Schio” di Vicenza: tra luglio e agosto i ragazzi “rimandati” saranno seguiti, per i corsi di recupero, dagli allievi più brillanti, selezionati tra quelli più competenti, più disinvolti , più simpatici e autorevoli. Ne sono stati scelti quindici e ognuno di loro seguirà per una decina d’ore un paio di compagni con insufficienze lievi (i casi più gravi verranno seguiti dai docenti “ufficiali”).
Cosa avranno in cambio questi giovani prof? Saranno compensati con 50 euro da spendere in acquisto di libri, con dei crediti scolastici da far valere agli esami finali e con i libri di studio relativi alla materia insegnata.
Un dato su cui gli alunni maschi dovranno riflettere: i baby prof sono quasi tutte ragazze. Tra di loro, e questa è un’altra bella notizia, ci sono anche stranieri, come un’alunna ghanese che darà una mano per l’inglese e una cinese che aiuterà nella matematica.
In questo modo, la scuola “Almerico da Schio” ha affrontato e risolto un problema contingente, come la insufficienza dei fondi statali per i corsi di recupero, ma, nello stesso tempo ci dà un esempio di come si possono educare gli allievi alla responsabilità, alla solidarietà e alla convivenza interetnica.
Questa è la scuola che mi piace! Una scuola che non rinuncia ad educare e che cerca di risolvere problemi reali con fantasia e professionalità.