Un unico linguaggio



“C’è una lingua che, al di là delle differenti lingue, tutto unisce: quella dell’amore”
(Benedetto XVI in occasione della visita alla mensa della Comunità di Sant’Egidio)

E’ Natale


E’ Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.
Madre Teresa di Calcutta

Il Buon Natale di Alda Merini

A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.
Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.
Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.
A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.

Giovani vite salvate da un Imprevisto

Da Avvenire del 20/12/09, articolo di Giorgio Paolucci

«La “roba” è stata la punta di ice­berg del mio malessere. Sotto quell’im­magine di tossico che mi e­ro creato c’erano sofferen­za, solitudine, rabbia ver­so tutti, ma soprattutto ver­so la mia storia. Non riu­scivo a guardare negli oc­chi nessuno, tale era la ver­gogna che provavo. E quando sono arrivato in comunità ho alzato il mu­ro: “Con me è tempo per­so, non ci provate neanche, io resterò sempre così”. Ma guardando gli altri ragazzi intorno a me, il loro cam­biamento, e sentendomi amato dagli educatori che si curavano di me come di un fratello, il muro che avevo costruito attorno a me ha cominciato a incrinarsi. Grazie a loro ho ritrovato la stima di me. Ho capito che, qualsiasi cosa accada, il cuore non mente mai, e se lo ascolti la vita può rico­minciare ». Parole scandite con decisione da Massimi­liano, un veronese di 21 an­ni che, dopo un percorso di recupero durato due an­ni e mezzo, ha celebrato la sua ‘festa delle dimissioni’ assieme ad altri undici gio­vani ospiti della comunità ‘L’Imprevisto’ di Pesaro. Ad ascoltarlo ieri mattina, in un silenzio carico di commozione, trecento persone che gremivano il Teatro sperimentale della città marchigiana: le fami­glie dei dimessi, altri gio­vani che stanno facendo lo stesso percorso, il vescovo della città, monsignor Pie­ro Coccia, e le autorità ci­vili.
Gioventù bruciata, riscat­tata dall’errore e rilanciata nella società con un’ener­gia prima sconosciuta e spesso insospettabile. Co­me quella di Emidio di A­scoli Piceno, ospitato dal­l’Imprevisto per un perio­do di ‘messa alla prova’ (la sospensione della pena de­cisa dal giudice per i minori che hanno commesso rea­ti)durante il quale ha riac­quistato fiducia in se stes­so e ha ritrovato uno sguar­do positivo sull’esistenza. «Sono stati due anni di in­comprensioni, scontri ver­bali anche duri con gli o­peratori della comunità – ha raccontato Emidio –. Ma oggi riconosco che gra­zie a loro la mia vita ha co­minciato a cambiare. Ho ri­preso a studiare, a luglio ho preso la maturità di geo­metra, da settembre sto fa­cendo volontariato alla Croce verde e ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Scienze infermieristiche: è un modo per diventare protagonista positivo e per ripagare la società degli er­rori commessi».Silvio Cattarina, sociologo, psicologo, pioniere e lea­der dell’Imprevisto, ma so­prattutto grande padre dei giovani che da vent’anni vengono ospitati nell’edi­ficio che spalanca le sue fi­nestre sul mare, riassume così l’attività di recupero: «Non si può lottare, non si può vincere senza riparti­re dall’umano. La crisi più acuta è la mancanza di speranza verso il cuore del­l’uomo. L’Imprevisto co­struisce giorno per giorno per sostenere questa spe­ranza. Chinandosi sulle fe­rite dell’uomo, come ha fatto e continua a fare Ge­sù».
Lo sballo e la ‘ripartenza’ nel racconto degli ospiti di una comunità di recupero di Pesaro che ieri hanno celebrato la festa delle loro dimissioni al termine del percorso di recupero.

Il Natale non è una favola

Dall’Angelus del Papa di domenica 21 dicembre:

Cari fratelli e sorelle!

Con la IV Domenica di Avvento, il Natale del Signore è ormai dinanzi a noi. La liturgia, con le parole del profeta Michea, invita a guardare a Betlemme, la piccola città della Giudea testimone del grande evento: “E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, / da te uscirà per me / colui che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall’antichità, / dai giorni più remoti” (Mi 5,1). Mille anni prima di Cristo, Betlemme aveva dato i natali al grande re Davide, che le Scritture concordano nel presentare come antenato del Messia. Il Vangelo di Luca narra che Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe, lo sposo di Maria, essendo della “casa di Davide”, dovette recarsi in quella cittadina per il censimento, e proprio in quei giorni Maria diede alla luce Gesù (cfr Lc 2,1-7). In effetti, la stessa profezia di Michea prosegue accennando proprio ad una misteriosa nascita: “Dio li metterà in potere altrui – dice – / fino a quando partorirà colei che deve partorire; / e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele” (Mi 5,2). C’è dunque un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del Figlio di Dio nel mondo. E’ un disegno di pace, come annuncia ancora il profeta parlando del Messia: “Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, / con la maestà del nome del Signore, suo Dio. / Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande / fino agli estremi confini della terra. / Egli stesso sarà la pace!” (Mi 5,3).

Proprio quest’ultimo aspetto della profezia, quello della pace messianica, ci porta naturalmente a sottolineare che Betlemme è anche una città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dio, però, non si rassegna mai a questo stato di cose, perciò anche quest’anno, a Betlemme e nel mondo intero, si rinnoverà nella Chiesa il mistero del Natale, profezia di pace per ogni uomo, che impegna i cristiani a calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui si vive, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore, secondo le belle espressioni di una nota preghiera francescana.

Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. “Egli stesso sarà la pace!” – dice il profeta riferendosi al Messia. A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!”

Il mondo è stato creato per tutti

A Copenaghen si è concluso il vertice sul clima, con risultati, a giudizio di  alcuni, inferiori alle aspettative. I Paesi del mondo comunque si sono incontrati e “scontrati” sulla questione climatica, che non è che un altro aspetto di uno stesso problema, cioè la mancanza di giustizia, che divide il mondo tra ricchi e poveri, tra chi ha troppo e chi ha troppo poco.
Tra le mie cose ho ritrovato un testo di sant’Ambrogio (IV secolo) e ve lo propongo per la riflessione:

“Il mondo è stato creato per tutti: per i ricchi e per i poveri.
La natura non fa distinzioni perchè ci genera tutti poveri…
O ricco, davanti alla porta della tua casa grida chi non ha vesti per ricoprirsi e tu lo disprezzi, implora l’ignudo e tu invece ti chiedi con quali marmi puoi ricoprire i tuoi pavimenti. Il povero ti chiede un po’ di denaro e non l’ottiene: ti domanda un pezzo di pane, e il tuo cavallo è trattato meglio di lui…
Non sai quanto sei povero, o ricco, quanto misero ti mostri tu che ti dici ricco. Quanto più hai, tanto più desideri. Benché tu abbia accumulato immense ricchezze, ti manca sempre qualcosa…”.
Se non abbiamo la volontà di cambiare questo stato di cose, se non abbiamo più il sogno di un mondo migliore, beh….qualcosa che non va in noi ci deve proprio essere. Forse ci facciamo sfuggire l’essenziale, presi come siamo dal vortice dell’avere, dalla paura del dover rinunciare alle comodità e al superfluo.
Ci stiamo avvicinando al Natale e il Bambino Gesù che nasce ci invita a collaborare con Lui per un pezzetto di giustizia in più, ogni giorno e per tutti i giorni. Il mondo è per tutti e di tutti; è l’egoismo a renderlo così poco accogliente.

Svegliarsi con la neve

Che bello svegliarsi stamattina!
Un palmo di neve sulla strada. E’ nevicato tutta la notte ed ecco il risultato.
La neve mi suscita allegria, anche perchè oggi non devo andare al lavoro. La neve fa anche tanto Natale.
Nei presepi, con la farina o il polistirolo, mettiamo la neve, ma non sarei così sicura che più di duemila anni fa, in quel di Betlemme, fosse nevicato. E allora, la neve che c’entra?
Era il 1223 quando san Francesco ebbe l’idea di rapppresentare il Natale di Gesù, affinchè si potesse vedere con gli occhi i disagi a cui fu costretto quel Bambino nel suo venire al mondo. Così nacque il primo presepe vivente a Greccio, che si trova in provincia di Rieti, e che in quel periodo dell’anno era ricoperto da una coltre di neve.
Non so se questa sia una spiegazione storicamente valida (perdonatemi se non lo è), ma certamente l’intuizione di Francesco suscitò nel cuore di chi assistette a quell’evento tanta commozione e partecipazione. Nascere così, in un luogo non certo adatto a venire al mondo … ultimo tra gli ultimi, rifiutato tra i rifiutati.
Natale è anche questo, è pensare a chi la casa non ce l’ha, a chi è rifiutato, emarginato. Natale non può essere solo la gioia del pacco da aprire, della tavolata tra parenti, delle vacanze.
Natale ci chiede di mettere in circolo il nostro amore, ma non per un solo giorno, ma per tutto l’anno, perchè ci sono tanti “natali” nella miseria, nell’abbandono, nell’indifferenza.
Meditate gente, meditate!