A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.
Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.
Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.
A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.
Da Avvenire del 20/12/09, articolo di Giorgio Paolucci
«La “roba” è stata la punta di iceberg del mio malessere. Sotto quell’immagine di tossico che mi ero creato c’erano sofferenza, solitudine, rabbia verso tutti, ma soprattutto verso la mia storia. Non riuscivo a guardare negli occhi nessuno, tale era la vergogna che provavo. E quando sono arrivato in comunità ho alzato il muro: “Con me è tempo perso, non ci provate neanche, io resterò sempre così”. Ma guardando gli altri ragazzi intorno a me, il loro cambiamento, e sentendomi amato dagli educatori che si curavano di me come di un fratello, il muro che avevo costruito attorno a me ha cominciato a incrinarsi. Grazie a loro ho ritrovato la stima di me. Ho capito che, qualsiasi cosa accada, il cuore non mente mai, e se lo ascolti la vita può ricominciare ». Parole scandite con decisione da Massimiliano, un veronese di 21 anni che, dopo un percorso di recupero durato due anni e mezzo, ha celebrato la sua ‘festa delle dimissioni’ assieme ad altri undici giovani ospiti della comunità ‘L’Imprevisto’ di Pesaro. Ad ascoltarlo ieri mattina, in un silenzio carico di commozione, trecento persone che gremivano il Teatro sperimentale della città marchigiana: le famiglie dei dimessi, altri giovani che stanno facendo lo stesso percorso, il vescovo della città, monsignor Piero Coccia, e le autorità civili.
Gioventù bruciata, riscattata dall’errore e rilanciata nella società con un’energia prima sconosciuta e spesso insospettabile. Come quella di Emidio di Ascoli Piceno, ospitato dall’Imprevisto per un periodo di ‘messa alla prova’ (la sospensione della pena decisa dal giudice per i minori che hanno commesso reati)durante il quale ha riacquistato fiducia in se stesso e ha ritrovato uno sguardo positivo sull’esistenza. «Sono stati due anni di incomprensioni, scontri verbali anche duri con gli operatori della comunità – ha raccontato Emidio –. Ma oggi riconosco che grazie a loro la mia vita ha cominciato a cambiare. Ho ripreso a studiare, a luglio ho preso la maturità di geometra, da settembre sto facendo volontariato alla Croce verde e ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Scienze infermieristiche: è un modo per diventare protagonista positivo e per ripagare la società degli errori commessi».Silvio Cattarina, sociologo, psicologo, pioniere e leader dell’Imprevisto, ma soprattutto grande padre dei giovani che da vent’anni vengono ospitati nell’edificio che spalanca le sue finestre sul mare, riassume così l’attività di recupero: «Non si può lottare, non si può vincere senza ripartire dall’umano. La crisi più acuta è la mancanza di speranza verso il cuore dell’uomo. L’Imprevisto costruisce giorno per giorno per sostenere questa speranza. Chinandosi sulle ferite dell’uomo, come ha fatto e continua a fare Gesù».
Lo sballo e la ‘ripartenza’ nel racconto degli ospiti di una comunità di recupero di Pesaro che ieri hanno celebrato la festa delle loro dimissioni al termine del percorso di recupero.
Dall’Angelus del Papa di domenica 21 dicembre:
“Cari fratelli e sorelle!
Con la IV Domenica di Avvento, il Natale del Signore è ormai dinanzi a noi. La liturgia, con le parole del profeta Michea, invita a guardare a Betlemme, la piccola città della Giudea testimone del grande evento: “E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, / da te uscirà per me / colui che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall’antichità, / dai giorni più remoti” (Mi 5,1). Mille anni prima di Cristo, Betlemme aveva dato i natali al grande re Davide, che le Scritture concordano nel presentare come antenato del Messia. Il Vangelo di Luca narra che Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe, lo sposo di Maria, essendo della “casa di Davide”, dovette recarsi in quella cittadina per il censimento, e proprio in quei giorni Maria diede alla luce Gesù (cfr Lc 2,1-7). In effetti, la stessa profezia di Michea prosegue accennando proprio ad una misteriosa nascita: “Dio li metterà in potere altrui – dice – / fino a quando partorirà colei che deve partorire; / e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele” (Mi 5,2). C’è dunque un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del Figlio di Dio nel mondo. E’ un disegno di pace, come annuncia ancora il profeta parlando del Messia: “Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, / con la maestà del nome del Signore, suo Dio. / Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande / fino agli estremi confini della terra. / Egli stesso sarà la pace!” (Mi 5,3).
Proprio quest’ultimo aspetto della profezia, quello della pace messianica, ci porta naturalmente a sottolineare che Betlemme è anche una città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dio, però, non si rassegna mai a questo stato di cose, perciò anche quest’anno, a Betlemme e nel mondo intero, si rinnoverà nella Chiesa il mistero del Natale, profezia di pace per ogni uomo, che impegna i cristiani a calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui si vive, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore, secondo le belle espressioni di una nota preghiera francescana.
Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. “Egli stesso sarà la pace!” – dice il profeta riferendosi al Messia. A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!”
A Copenaghen si è concluso il vertice sul clima, con risultati, a giudizio di alcuni, inferiori alle aspettative. I Paesi del mondo comunque si sono incontrati e “scontrati” sulla questione climatica, che non è che un altro aspetto di uno stesso problema, cioè la mancanza di giustizia, che divide il mondo tra ricchi e poveri, tra chi ha troppo e chi ha troppo poco.
Tra le mie cose ho ritrovato un testo di sant’Ambrogio (IV secolo) e ve lo propongo per la riflessione:
Che bello svegliarsi stamattina!
Un palmo di neve sulla strada. E’ nevicato tutta la notte ed ecco il risultato.
La neve mi suscita allegria, anche perchè oggi non devo andare al lavoro. La neve fa anche tanto Natale.
Nei presepi, con la farina o il polistirolo, mettiamo la neve, ma non sarei così sicura che più di duemila anni fa, in quel di Betlemme, fosse nevicato. E allora, la neve che c’entra?
Era il 1223 quando san Francesco ebbe l’idea di rapppresentare il Natale di Gesù, affinchè si potesse vedere con gli occhi i disagi a cui fu costretto quel Bambino nel suo venire al mondo. Così nacque il primo presepe vivente a Greccio, che si trova in provincia di Rieti, e che in quel periodo dell’anno era ricoperto da una coltre di neve.
Non so se questa sia una spiegazione storicamente valida (perdonatemi se non lo è), ma certamente l’intuizione di Francesco suscitò nel cuore di chi assistette a quell’evento tanta commozione e partecipazione. Nascere così, in un luogo non certo adatto a venire al mondo … ultimo tra gli ultimi, rifiutato tra i rifiutati.
Natale è anche questo, è pensare a chi la casa non ce l’ha, a chi è rifiutato, emarginato. Natale non può essere solo la gioia del pacco da aprire, della tavolata tra parenti, delle vacanze.
Natale ci chiede di mettere in circolo il nostro amore, ma non per un solo giorno, ma per tutto l’anno, perchè ci sono tanti “natali” nella miseria, nell’abbandono, nell’indifferenza.
Meditate gente, meditate!
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