Vado in vacanza

Un po’ di meritato riposo me lo prendo anch’io. Alcuni giorni di vacanza con la speranza di riossigenare la mente e il fisico. Non è nelle mie corde il divertimento a tutti i costi, nè l’affannosa ricerca di divertimento.
E’ ovvio – direte voi – lei ha gli anni, non è mica una giovincella!
Ma non sono vecchia!!!
Non è una questione di età, ma di mentalità. La vacanza per me è un’occasione per rivivere al meglio il tempo libero,  gustandosi di più le relazioni con gli amici, la famiglia, un buon libro, la natura, Dio.
Mi piace chiarire ulteriormente  il mio pensiero, prendendo a prestito alcuni passi dell’editoriale di Alessando D’Avenia pubblicate su Avvenire del 10 luglio 2011.
Se non inseriremo il nostro riposo nella celebrazione del rito della bellezza delle cose che ci sono donate, insieme agli altri, ma lo vivremo come possesso consumistico di beni da ottenere a tutti i costi, inevitabilmente oscilleremo tra l’accidia del non far nulla (noia) e l’agitazione del fare (ansia); consumeremo le vacanze ritrovandoci più stanchi di prima, quasi sperando di ricominciare a lavorare, felici sotto sotto che qualcuno ci strappi via il tempo che non abbiamo il coraggio di vivere, cioè di donare“.
Non sprechiamo il tempo che ci è dato. Evitiamo di riempire il  vuoto con altrettanto vuoto.
Buone vacanze a tutti, sia che rimaniate a casa, sia che abbiate la possibilità di uscire dalle vostre città.
Ci risentiremo tra un po’.

Vado in vacanza

Un po’ di meritato riposo me lo prendo anch’io. Alcuni giorni di vacanza con la speranza di riossigenare la mente e il fisico. Non è nelle mie corde il divertimento a tutti i costi, nè l’affannosa ricerca di divertimento.
E’ ovvio – direte voi – lei ha gli anni, non è mica una giovincella!
Ma non sono vecchia!!!
Non è una questione di età, ma di mentalità. La vacanza per me è un’occasione per rivivere al meglio il tempo libero,  gustandosi di più le relazioni con gli amici, la famiglia, un buon libro, la natura, Dio.
Mi piace chiarire ulteriormente  il mio pensiero, prendendo a prestito alcuni passi dell’editoriale di Alessando D’Avenia pubblicate su Avvenire del 10 luglio 2011.
Se non inseriremo il nostro riposo nella celebrazione del rito della bellezza delle cose che ci sono donate, insieme agli altri, ma lo vivremo come possesso consumistico di beni da ottenere a tutti i costi, inevitabilmente oscilleremo tra l’accidia del non far nulla (noia) e l’agitazione del fare (ansia); consumeremo le vacanze ritrovandoci più stanchi di prima, quasi sperando di ricominciare a lavorare, felici sotto sotto che qualcuno ci strappi via il tempo che non abbiamo il coraggio di vivere, cioè di donare“.
Non sprechiamo il tempo che ci è dato. Evitiamo di riempire il  vuoto con altrettanto vuoto.
Buone vacanze a tutti, sia che rimaniate a casa, sia che abbiate la possibilità di uscire dalle vostre città.
Ci risentiremo tra un po’.

Ancora sull’ospitalità

Di ospitalità ho avuto già modo di parlare. Anche quest’anno a scuola abbiamo molto insistito sul dovere dell’accoglienza.
Chi si dice cristiano non può dimenticare che in ogni straniero, rifugiato o profugo, ci si presenta Cristo, straniero, nudo, malato, carcerato ( Matteo 25, 31-46).
Vi lascio alcune frasi su cui riflettere (su alcune ci siamo soffermati anche a scuola).
«Quando salutate un ospite, mostrate grande deferenza. Quando arrivano e quando partono, chinate il capo davanti a loro, onorando Cristo che è in loro. Accogliendo l’ospite, accogli Cristo».
(Dalla Regola di San Benedetto)
«Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi. Tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto» ( Levitico 19, 33-34).
«Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» ( Ebrei 13,2 ).

Ancora sull’ospitalità

Di ospitalità ho avuto già modo di parlare. Anche quest’anno a scuola abbiamo molto insistito sul dovere dell’accoglienza.
Chi si dice cristiano non può dimenticare che in ogni straniero, rifugiato o profugo, ci si presenta Cristo, straniero, nudo, malato, carcerato ( Matteo 25, 31-46).
Vi lascio alcune frasi su cui riflettere (su alcune ci siamo soffermati anche a scuola).
«Quando salutate un ospite, mostrate grande deferenza. Quando arrivano e quando partono, chinate il capo davanti a loro, onorando Cristo che è in loro. Accogliendo l’ospite, accogli Cristo».
(Dalla Regola di San Benedetto)
«Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi. Tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto» ( Levitico 19, 33-34).
«Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» ( Ebrei 13,2 ).

Genitori con fegato

Dalla rubrica Quanto Basta di Umberto Folena, su Avvenire del 7 luglio 2011.
“Ancora (brutte) notizie dal fronte del binge drinking, la moda di ingurgitare alcol a garganella e a stomaco vuoto, in compagnia, tra adolescenti e giovani. Per meglio socializzare, forse. Per non essere da meno, certamente. Perché altrimenti sei escluso dalla “comunità”, senza dubbio. E chi ti credi di essere, un virtuoso astemio? L’alcol assunto a questo modo, spiega uno studio dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù pubblicato sulla rivista “Alcohol and Alcoholism”, è una bomba a orologeria, una mina piazzata nel fegato. Pare che in Italia il 42 per cento dei ragazzi e il 21 delle ragazze, minorenni, poco o tanto strabevano. Ben 18 ragazzi su 100 sotto i 16 anni hanno provato il binge drinking almeno una volta”.
Beh, cari adulti, continuiamo a guardare impassibili i nostri figli, mentre si ammazzano?!!
Non ho ricette, e come genitore anche io arranco. Ma forza! Riprendiamoci il diritto e il dovere di dire i no giusti e al momento giusto, di riacquistare autorevolezza attraverso l’esempio della nostra vita. Non riduciamoci in pappa pure noi, smidollati, senza spessore, inadatti a essere un punto di riferimento per i nostri figli. Se pensiamo di dover essere loro amici, li condanniamo ad una vita vuota.
A noi genitori il fegato serve, perchè non ci deve mancare il coraggio di educare anche attraverso l’imposizione di regole e di limiti da non oltrepassare. 
Una buona dose di coraggio, unita al senso di responsabilità, accompagnata da un amore che vuole ciò che è veramente bene, ci aiuterà a salvare i figli che ci sono dati.

Genitori con fegato

Dalla rubrica Quanto Basta di Umberto Folena, su Avvenire del 7 luglio 2011.
“Ancora (brutte) notizie dal fronte del binge drinking, la moda di ingurgitare alcol a garganella e a stomaco vuoto, in compagnia, tra adolescenti e giovani. Per meglio socializzare, forse. Per non essere da meno, certamente. Perché altrimenti sei escluso dalla “comunità”, senza dubbio. E chi ti credi di essere, un virtuoso astemio? L’alcol assunto a questo modo, spiega uno studio dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù pubblicato sulla rivista “Alcohol and Alcoholism”, è una bomba a orologeria, una mina piazzata nel fegato. Pare che in Italia il 42 per cento dei ragazzi e il 21 delle ragazze, minorenni, poco o tanto strabevano. Ben 18 ragazzi su 100 sotto i 16 anni hanno provato il binge drinking almeno una volta”.
Beh, cari adulti, continuiamo a guardare impassibili i nostri figli, mentre si ammazzano?!!
Non ho ricette, e come genitore anche io arranco. Ma forza! Riprendiamoci il diritto e il dovere di dire i no giusti e al momento giusto, di riacquistare autorevolezza attraverso l’esempio della nostra vita. Non riduciamoci in pappa pure noi, smidollati, senza spessore, inadatti a essere un punto di riferimento per i nostri figli. Se pensiamo di dover essere loro amici, li condanniamo ad una vita vuota.
A noi genitori il fegato serve, perchè non ci deve mancare il coraggio di educare anche attraverso l’imposizione di regole e di limiti da non oltrepassare. 
Una buona dose di coraggio, unita al senso di responsabilità, accompagnata da un amore che vuole ciò che è veramente bene, ci aiuterà a salvare i figli che ci sono dati.

Maria Goretti e la purezza

Santa Maria Goretti, ricordata dalla Chiesa il 6 luglio, è una santa della regione in cui vivo. Era nata a Corinaldo, in provincia di Ancona, nel 1890. Morì a dodici anni per essersi opposta ad un tentativo di violenza, perdonando chi l’aveva accoltellata.
Com’era il viso di questa piccola martire della purezza, proclamata santa da Pio XII nel 1950 e diventata simbolo del martirio di tante bambine e donne vittime di stupri finiti tragicamente?
Famiglia Cristiana ha pubblicato una foto che la ritrae. Cliccando sull’immagine è possibile leggere l’articolo che ne racconta il ritrovamento.

Forse c’è chi considera l’eroismo cristiano di questa giovane come qualcosa di poco attuale. La purezza sembra non essere più di moda. Chi propone oggi ai ragazzi il valore della castità? Il sesso viene vissuto completamente al di fuori di una progettualità di coppia, come qualcosa che va consumato, come si consumano tante cose. Non stupiamoci poi se ragazzini di buona famiglia violentano la compagna di classe o se le ragazzine si “vendono” per una ricarica di cellulare. C’è qualcosa che non va nel nostro modo di educare. Ci sono dei valori che vanno riscoperti, se vogliamo che i nostri figli diventino uomini e donne ricchi di umanità.

Per conoscere qualcosa in più su questa giovane santa vi invito a cliccare qui.

Vi lascio anche un video che ci presenta il momento in cui Maria perdona il suo assassino.

Maria Goretti e la purezza

Santa Maria Goretti, ricordata dalla Chiesa il 6 luglio, è una santa della regione in cui vivo. Era nata a Corinaldo, in provincia di Ancona, nel 1890. Morì a dodici anni per essersi opposta ad un tentativo di violenza, perdonando chi l’aveva accoltellata.
Com’era il viso di questa piccola martire della purezza, proclamata santa da Pio XII nel 1950 e diventata simbolo del martirio di tante bambine e donne vittime di stupri finiti tragicamente?
Famiglia Cristiana ha pubblicato una foto che la ritrae. Cliccando sull’immagine è possibile leggere l’articolo che ne racconta il ritrovamento.

Forse c’è chi considera l’eroismo cristiano di questa giovane come qualcosa di poco attuale. La purezza sembra non essere più di moda. Chi propone oggi ai ragazzi il valore della castità? Il sesso viene vissuto completamente al di fuori di una progettualità di coppia, come qualcosa che va consumato, come si consumano tante cose. Non stupiamoci poi se ragazzini di buona famiglia violentano la compagna di classe o se le ragazzine si “vendono” per una ricarica di cellulare. C’è qualcosa che non va nel nostro modo di educare. Ci sono dei valori che vanno riscoperti, se vogliamo che i nostri figli diventino uomini e donne ricchi di umanità.

Per conoscere qualcosa in più su questa giovane santa vi invito a cliccare qui.

Vi lascio anche un video che ci presenta il momento in cui Maria perdona il suo assassino.

L’amore fraterno per le ferite dell’umanità

Ho ancora in mente la violenza subita da una ragazzina durante una delle tanti notti bianche che si celebrano nelle nostre spiagge e l’assoluta incapacità, da parte dei suoi giovani “aguzzini”, di percepire la gravità di quanto messo in atto.
E’ proprio necessario, per il nostro bene e per il bene dell’umanità, abbandonare lo stile aggressivo e prepotente che caratterizza sempre di più i rapporti. E’ necessario rieducare all’Amore, quello vero, che nasce dal rispetto, dal prendersi cura, dal desiderare il Bene e dall’impegno a camminare nella Verità. Bisogna ritornare ad usare le lettere maiuscole quando si parla di Amore, Bene e Verità, perchè non si può relativizzare ciò che ci rende veramente Umani.
Vorrei proporvi, proprio per i diversi spunti di riflessione che offre, il testo del discorso pronunciato da Benedetto XVI prima della recita dell’Angelus del 3 luglio. Meditiamo, gente. Meditiamo.

“Oggi, nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30). Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (cfr Mt 9,35-36). Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo. Anche oggi si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: “Venite a me, voi tutti…”.
Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Anche verso l’ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole “mitezza”. Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo”.

Come farsi mandare il cervello in pappa

«Basta ingurgitare alcol, ti va in pappa il cervello!». Soltanto un modo di dire esagerato? No, la pura e semplice verità. Ai giovani che si dilettano con il binge drinking (la strabevuta superalcolica in compagnia a stomaco vuoto, vedi ‘Quanto basta’ del 14 aprile scorso) il cervello si squaglia sul serio. Al 34° meeting annuale della Research Society on Alcoholism ad Atlanta,Tim McQueeny dell’University di Cincinnati ha presentato una ricerca agghiacciante. L’alcol, specialmente nei più giovani non ancora in grado di metabolizzarlo, circola libero nell’organismo e ‘scioglie’ il grasso delle membrane cellulari, distruggendo i neuroni. In particolare, nelle scimmiette viene colpito l’ippocampo, area essenziale per la memoria. Nell’uomo, tecniche accurate di imaging mostrano l’assottigliamento della materia grigia nella corteccia prefrontale e danni microstrutturali alla materia bianca.
Il cervello va letteralmente in pappa. Nelle stesse ore, una studentessa sudamericana di 16 anni è finita in coma etilico a Città di Castello. Binge drinking a festa di compleanno, con cervello in pappa.
Da Avvenire del 30 giugno 2011