Attività di ripasso su Gesù

Vi propongo alcune attività per ripassare quanto abbiano scoperto fino ad ora sulla figura di Gesù. Ricostruite l’immagine della Terra di Gesù (per un ulteriore approfondimento vi invito a cliccare qui).
Provate a vedere quanto ricordate della Terra di Gesù e della società del suo tempo cliccando qui.
Sulle fonti cristiane e non cristiane su Gesù cliccate qui.

La fede a colori

Italia Votiva è un sito web dedicato alla pittura «per grazia ricevuta», cioè gli ex voto. Sapete di cosa si tratta?
Ex voto è una locuzione latina, ellissi di ex voto suscepto, che si potrebbe tradurre “secondo promessa fatta” o semplicemente “da promessa fatta”. Gli ex voto, per la religione cristiana, sono oggetti offerti in dono a Dio, alla Vergine o ad un Santo, e rappresentano i voti che il Signore, nella Sua infinita Misericordia, ha esaudito in via diretta o per intercessione di un Santo; servono quindi a testimoniare la grazia ricevuta o ad adempiere una promessa. Le grazie richieste sono tra le più disparate: guarigioni, impiego, promozione scolastica, felice esito di una iniziativa, conversione, pacificazione, buon fidanzamento, matrimonio, conservazione della salute, maternità, ecc.
Le tavolette votive, che derivano il nome dal fatto che i pittori attivi nell’ambito dei santuari le realizzavano per ragioni di economia su scarti di legno recuperati presso i bancalari, sono le forme più antiche di ex voto, almeno tra i cristiani, mentre nel mondo pagano statuette di terracotta raffiguranti figure umane o parti del corpo, venivano poste dai fedeli nei santuari e finivano in fosse quanto diventava difficile ospitarle tutte.
La pittura votiva, molto spesso anonima e realizzata da pittori improvvisati, attivi presso i luoghi di culto, si avvale di alcuni stilemi quasi sempre ricorrenti: la mancanza di prospettiva, l’uso di colori puri, cioè non mescolati, la presenza in alto dell’icona mariana e sovente le lettere V.F.G.A. e P.G.R. che indicano la motivazione del dono.
Espressione di un’arte forse non particolarmente raffinata, testimoniano una religiosità semplice e riconoscente, ma non per questo meno ricca.
Vi invito a cliccare sull’immagine per visitare il sito.

La gioia deve essere condivisa

Non si può essere felici se gli al­tri non lo sono: la gioia quindi deve es­sere condivisa. Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Ge­sù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa pos­sa restare in noi, dobbiamo trasmet­terla. San Giovanni afferma: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché an­che voi siate in comunione con noi… Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» ( 1 Gv 1 ,3 -4 ).
A volte viene dipinta un’immagine del cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di fe­licità e di gioia. Ma questo non ri­sponde a verità! I cristiani sono uo­mini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi, giovani discepoli di Cristo, mostrare al mon­do che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. E se il mo­do di vivere dei cristiani sembra a vol­te stanco ed annoiato, testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona no­vella » che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così!

Benedetto XVI ai giovani, in occasione del messaggio per la GMG 2012

La scelta del bene e la felicità

La scelta del bene costa mentre i piaceri malati con il loro impasto sembrano meglio preparati ad un succoso pasto.
Ma felicità attende chi strada insieme al Giusto pratica, chi cerca giustizia e verità, chi ha compassione del povero e lotta per liberare l’oppresso. Chi ogni giorno, al sorgere del sole, rammenta che il Signore in ogni luogo, in ogni momento, assiste il suo popolo, sa che mai si dimentica di lui. Ogni giorno c’è tanto bene da fare e male da evitare; ogni giorno, buongiorno vita, per tutta la vita.
Da Buongiorno Vita di Gennaro Matino, Avvenire del 31 marzo 2012

Ssssssst! Fate silenzio!

Quante volte lo sentite dire al giorno? Di confusione ne fate veramente tanta; ricordo che mia figlia, quando andava alla medie, a casa non parlava, urlava. Non che fosse arrabbiata o che ce l’avesse con il mondo, ma era quello il tono normale di voce che si riportava da scuola.
Eppure il silenzio è importante, oserei dire salutare. Abbiamo bisogno di silenzio per pensare, pregare, ascoltare, decidere.
Leggete cosa ha scritto Benedetto XVI per la XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2012:
«Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all’altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena. Nel silenzio, ad esempio, si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto, l’espressione del volto, il corpo come segni che manifestano la persona. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, che proprio in esso trovano una forma di espressione particolarmente intensa. Dal silenzio, dunque, deriva una comunicazione ancora più esigente, che chiama in causa la sensibilità e quella capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami. Là dove i messaggi e l’informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio».
Meditate, ragazzi. Meditate!!!

La gioia nelle prove

(…) Potrebbe rimanere nel nostro cuore la domanda se veramente è possibile vivere nella gioia anche in mezzo alle tante prove della vita, specialmente le più dolorose e misteriose, se veramente seguire il Signore, fidarci di Lui dona sempre felicità.
La risposta ci può venire da alcune esperienze di giovani come voi che hanno trovato proprio in Cristo la luce capace di dare forza e speranza, anche in mezzo alle situazioni più difficili. Il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) ha sperimentato tante prove nella sua pur breve esistenza, tra cui una, riguardante la sua vita sentimentale, che lo aveva ferito in modo profondo. Proprio in questa situazione, scriveva alla sorella: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro… Lo scopo per cui noi siamo stati creati ci addita la via seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori» (Lettera alla sorella Luciana, Torino, 14 febbraio 1925). E il beato Giovanni Paolo II, presentandolo come modello, diceva di lui: «era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava tante difficoltà della sua vita» ( Discorso ai giovani, Torino, 13 aprile 1980).
Più vicina a noi, la giovane Chiara Badano (1971-1990), recentemente beatificata, ha sperimentato come il dolore possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia. All’età di 18 anni, in un momento in cui il cancro la faceva particolarmente soffrire, Chiara aveva pregato lo Spirito Santo, intercedendo per i giovani del suo Movimento. Oltre alla propria guarigione, aveva chiesto a Dio di illuminare con il suo Spirito tutti quei giovani, di dar loro la sapienza e la luce: «È stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l’anima cantava» ( Lettera a Chiara Lubich, Sassello, 20 dicembre 1989). La chiave della sua pace e della sua gioia era la completa fiducia nel Signore e l’accettazione anche della malattia come misteriosa espressione della sua volontà per il bene suo e di tutti. Ripeteva spesso: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io». Sono due semplici testimonianze tra molte altre che mostrano come il cristiano autentico non è mai disperato e triste, anche davanti alle prove più dure, e mostrano che la gioia cristiana non è una fuga dalla realtà, ma una forza soprannaturale per affrontare e vivere le difficoltà quotidiane. Sappiamo che Cristo crocifisso e risorto è con noi, è l’amico sempre fedele. Quando partecipiamo alle sue sofferenze, partecipiamo anche alla sua gloria. Con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore. E là si trova la gioia (cfr Col 1 ,24 ).

Benedetto XVI ai giovani, nel messaggio per la GMG 2012

La speranza cambia l’esistenza

Come pellegrino della speranza, vi dico con San Paolo: «Non siate tristi come gli altri che non hanno speranza» (1Ts 4,13). La fede in Dio offre la certezza di incontrarlo, di ricevere la sua Grazia, e su questo si basa la speranza di chi crede. Sapendo ciò, il credente si sforza di trasformare anche le strutture e gli avvenimenti presenti poco piacevoli, che sembrano immutabili e insuperabili, aiutando chi nella vita non trova né senso, né avvenire. Sì, la speranza cambia l’esistenza concreta di ogni uomo e di ogni donna in maniera reale (cf. Spe salvi, 2). La speranza addita «un cielo nuovo e una terra nuova» (Ap 21,11), cercando di rendere palpabili già ora alcuni dei loro riflessi. Inoltre, quando si radica in un popolo, quando viene condivisa, essa si diffonde come la luce che disperde le tenebre che offuscano e attanagliano.
Benedetto XVI durante il suo viaggio in Messico, 23 marzo 2012

Conosci le buone maniere?

Ci sono momenti in cui vi guardo, carissimi alunni, e mi chiedo dove siano andate a finire le buone maniere. Vi siete mai visti durante il cambio dell’ora? oppure quando si va all’aula video o all’aula computer? per non parlare di alcuni momenti in classe?

Quanta poca attenzione agli altri nel vostro modo di comportarvi!!!

Le buone maniere rendono meno pesante la convivenza, ingentiliscono i nostri modi di fare, rendono più civile l’ambiente in cui ci troviamo. A volte dicono anche chi siamo e da dove veniamo.Sembra che oggi siano fuori moda (le buone maniere, intendo), tanto che più cafone sei, tanto più  successo hai. Sarà…. ma io continuo a pensarla in modo diverso, e vorrei vedere alcuni di voi più gentili, più rispettosi, insomma, più educati, come penso i vostri genitori vi raccomandino in continuazione.Vi lascio un test per vedere quanto praticate le buone maniere.Cliccate sull’immagine per scaricare il test, tratto da MondoErre.

I jeans continuano ad uccidere

« Il divieto che abbiamo a­dottato ci impone co­munque di monitorare le condizioni in cui viene svolta la sab­biatura nelle fabbriche dei nostri pro­duttori, pur non essendo più am­messo questo tipo di trattamento». Era il 2010 quando H&M, uno dei grandi marchi della moda, promet­teva solennemente di rinunciare al sand-blasting , l’uso di sabbia spara­ta ad aria compressa sui jeans per ot­tenere il look consumato e vissuto tanto di moda.
Una tecnica pericolosissima per la salute dei lavoratori, perché provoca silicosi fulminanti: la Turchia l’ha messa al bando nel 2009 dopo che u­no studio medico aveva attribuito al­la sabbiatura dei jeans 52 decessi e 1.200 casi di malattia conclamata. So­lenni impegni dello stesso tono di quello di H&M erano stati presi, tra le altre aziende, anche da Levi’s, C&A, Esprit, Lee, Zara e Diesel. Ma l’appa­rente successo della mobilitazione internazionale «Killer jeans», i jeans che uccidono, lanciata dal cartello di associazioni e sindacati Clean Clothes Campaign, la Campagna a­biti puliti, si è rivelata un vittoria apparente.
Dalla verifica sul campo in sette sta­bilimenti di sabbiatura in Banglade­sh – con foto e interviste agli operai – è emerso ora che la sabbiatura non è stata affatto sospesa, qualunque siano state le istruzioni dei commit­tenti. O i marchi hanno raccontato bugie, oppure non hanno verificato il rispetto del cambio di indirizzo.
«La situazione è molto grave», dice Deborah Lucchetti, portavoce della campagna Abiti Puliti. «Al contrario di quanto sostengono pubblica­mente – spiega – i marchi non sono disposti a modificare lo stile dei loro prodotti. E nemmeno a rivedere tem­pi e costi di produzione, per permet­tere ai fornitori di adottare metodi al­ternativi che comportino lavorazio­ni più sicure. Il risultato è che conti­nuano a incentivare l’uso, clandesti­no o alla luce del sole, della sabbia­tura ». I ricercatori inviati dalla Campagna Abiti Puliti hanno accertato dunque che negli stabilimenti esaminati si la­vora senza adottare le minime pre­cauzioni. In Europa il tenore di silice nella sabbia non può superare l’1% e le restrizioni severe sulla sabbiatura hanno spinto da tempo l’industria dell’abbigliamento a delocalizzare la produzione. In Bangladesh la sabbia invece può contenere fino al 95% di silice. Le mascherine protettive, per quanto insufficienti, non vengono fornite dalle fabbriche e gli operai le devono comprare a loro spese, le riu­sano anche quando sono inservibi­li, o usano semplici fazzoletti.
Molti stabilimenti poi usano ancora la sabbiatura manuale, coi lavorato­ri che indirizzano il bocchettone. Là dove viene usata la sabbiatura mec­canica (che dovrebbe avvenire in lo­cali fisicamente separati dagli ad­detti), una tecnica adottata dopo il divieto chiesto dai committenti, tut­to avviene in ambienti aperti e sen­za dispositivi di sicurezza. Alcune fabbriche eseguono il sand-blasting di notte per dare meno nell’occhio. Molti lavoratori sono consapevoli dei rischi, ma li affrontano in cambio di paghe più elevate. Il cambio di rotta non può riguardare solo le aziende: «Gli stati – dice Deborah Lucchetti – devono vietare definitivamente la sabbiatura. E l’Unione europea l’im­portazione di jeans sabbiati».
Luca Liverani, Avvenire del 30 marzo 2012

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