HOLYween … LA VERA FACCIA DI HALLOWEEN

Sentinelle del Mattino rilancia Holyween, l’altra faccia di Halloween, il modo originale dei cristiani di vivere la Festa di Ognissanti. Il nostro mondo è pieno di Santi e pochi se ne accorgono. Non sono fantasmi che si aggirano nelle città, come vorrebbe la tradizionale festa pagana, ma si tratta di persone vere, che sono in mezzo a noi, che si impegnano e vivono con decisione e concretezza la propria vita cristiana. Non fanno miracoli, ma sono persone che lasciano il segno, sono Santi! Il 31 ottobre, dunque, diventa il giorno per ricordare queste persone e l’invito è quello di esporre su porte di case, uffici, oratori e scuole le foto di un Santo, così come si fa in molte città americane che rievocano l’esempio di Cassie Bernall, la giovane studentessa assassinata nel massacro di Colombine del 1999 per aver affermato, davanti al killer, «sì, io credo in Dio». Da questo punto di vista, la notte che ha assunto i connotati di festa e di momento di trasgressione assume un significato diverso: trasgredire, in una società dai tratti terrificanti, significa parlare di Gesù e che cosa ha fatto nella propria vita.
Vi invito anche a leggere anche questo intervento dal titolo: NON SOLO HALLOWEEN Restituiamo ai nostri figli il senso cristiano di questa festa. Cliccate qui.
Vi lascio un video che illustra l’alternativa ad Halloween, da un servizio trasmesso da Rai2 nel 2010.

Stefano, il primo martire

Il termine martire (dal greco μάρτυς, mártys – testimone) indica colui che ha testimoniato la propria fede in Cristo fino all’effusione del sangue. Si tratta in genere di cristiani vissuti in un contesto sociale ostile, che furono messi a morte in odio alla fede cristiana dalle autorità, dai tribunali, o uccisi da persone private. Il “martire” è il “santo” per eccellenza nella concezione della Chiesa antica e solo in seguito altre categorie di santi si sono aggiunte ai martiri. La lista dei martiri cattolici è riportata nel Martirologio. Nel Nuovo Testamento la figura principale di martire è Stefano, detto appunto Protomartire perché fu il primo a morire per amore a Cristo e per la fede in lui. È anche l’unico martire la cui passio sia stata narrata dettagliatamente in un libro canonico, gli Atti degli Apostoli. Il martirio di Stefano fa iniziare una persecuzione più ampia della quale furono vittime i cristiani di lingua greca (ellenisti), che provocò una dispersione degli stessi, e che fu provvidenziale perché i cristiani dispersi iniziarono a predicare la parola di Dio fuori da Gerusalemme.
(da cathopedia)

Il coraggio di Malala

Da Popotus, supplemento di Avvenire dell’11 ottobre 2012.

Aveva coraggio da vendere, Malala. A solo undici anni questa ragazzina pachistana, dal sorriso mite e gli occhi profondi, ha preso un computer e ha iniziato a scrivere. Mentre i taleban – il gruppo di estremisti che basandosi su una errata interpretazione dell’islam vogliono imporre la religione con la forza – distruggevano tutte le scuole della regione in cui vive, Malala ha deciso di combattere la sua battaglia a colpi di parole. «Abbiamo paura dei taleban. Siamo in pericolo. Dobbiamo andare di nascosto a scuola, senza indossare le uniformi perché non capiscano che siamo studentesse», denunciava sul suo blog, il “diario” che teneva sul sito internet dalla Bbc, il più importante mezzo di informazione britannica. «Stanno distruggendo le nostre scuole», ripeteva spesso. A tre anni di distanza, quegli stessi taleban hanno deciso di vendicarsi. Malala, oggi quattordicenne, è stata aggredita da un uomo che le ha sparato due colpi di pistola. Malala, ferita al collo e a un braccio, è stata immediatamente soccorsa e trasportata in ospedale. Sarà curata all’estero per restituirle la voglia di combattere. «Sogno che un giorno tutti i ragazzi nel mio Paese, il Pakistan, possano andare a scuola», scriveva Malala.

Vivere da cristiano: la testimonianza che diventa martirio

Dedico ancora un post a don Pino Puglisi.
Le parole che seguono e che pronunciò a Trento, due anni prima di morire, esprimono in modo chiaro cosa voleva dire per lui vivere da cristiano.
«La testimonianza cristiana è una testimonianza che diventa martirio. Infatti testimonianza in greco si dice martyrion. Dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza.” Essa servirà a dar fiducia “a chi, nel profondo, conserva rabbia nei confronti della società che vede ostile… A chi è disorientato, il testimone della speranza indica non cos’è la speranza, ma chi è la speranza. La speranza è Cristo, e si indica logicamente attraverso una propria vita orientata verso Cristo».

Vi propongo anche la visione di questo cartone su don Pino Puglisi.  

Strategie per allenare la volontà

Da Noi – Genitori e Figli, supplemento ad Avvenire del 30 settembre 2012:

La volontà ci aiuta a raggiungere traguardi e a superare i traumi subiti. Ma questa forza che spinge a cercare sempre una soluzione ai problemi e una via d’uscita è una disposizione che va costantemente “allenata”. Vediamo con quali strategie, grazie al contributo dello psicoterapeuta Carlo Lazzari.

Imparare a prendere un impegno preciso.
Uno studio scientifico della New York Unlversity ha dimostrato che quando ci si pone obiettivi precisi la probabilità di farcela a raggiungerli è superiore del 40%. Esempio: fissare un determinato giorno della settimana la lezione di inglese funziona meglio che programmare genericamente un ripasso di questa lingua.

Procedere per gradi. 
Fondamentale stabilire un traguardo molto chiaro e poi preparare una sorta di percorso strada” a tappe monitorando costantemente difficoltà, paure, ma anche successi. Cosi ci si sente capaci di tenere sotto controllo una situazione: la fiducia in se stessi alimenta il desiderio di farcela.

Fissare un tempo. 
La routine aiuta a creare un senso di ordine nel caos, nella distrazione: organizzare e cercare di mantenere orari regolari per il lavoro, i pasti e il tempo da dedicare l’obiettivo che ci siamo prefissati favorisce la concentrazione necessaria per attivare strategie che portano al raggiungimento del traguardo.

Condividere.
Nessun animale è forte da solo: la natura è l’esempio più splendido del gioco di squadra in cui ognuno hail suo compito, ciascuno lavora in sinergia con gli altri membri delgruppo. Ricordiamolo: il raggiungimento di un obiettivo è spesso frutto di un lavoro comune in cui tutti collaborano con idee, consigli, indicazioni di metodo: è fondamentale aprirsi,raccontare quel che stiamo facendo, cercare punti di vista diversidal nostro e poi assemblare e usare il materiale per andare avanti.

Fare sempre ordine.
È possibile esercitare megliol’autocontrollo se si stabilisce un elenco di priorità: il disordineesercita una influenza negativa a livello cerebrale fiaccando icentri della determinazione, della volontà.

 
Concedersi pause. 
Fermarsi di tanto In tanto consente diliberare la mente e di riesaminare il problema e le suecomponenti-chiave. Questi momenti di riposo permettono dimettere a punto le proprie capacità. 
Gratificarsi. 
Ogni volta che riusciamo a raggiungere un sotto-obiettivo concediamoci un premio, una pizza, una serata con gli amici: questa corretta alternanza tra dovere e piacerecontribuisce al giusto funzionamento di dopamina, adrenalina,serotonina, molecole che hanno un ruolo significativo nel mantenere in equilibrio umore e volontà.

La Legge di Dio e la libertà

La Legge di Dio è la sua Pa­rola che guida l’uomo nel cammino della vita, lo fa uscire dalla schiavitù dell’egoismo e lo introduce nella «terra» della vera libertà e della vita. Per questo nella Bibbia la Legge non è vista come un peso, una limitazio­ne opprimente, ma come il dono più prezioso del Signore, la testimo­nianza del suo amore paterno, della sua volontà di stare vicino al suo po­polo, di essere il suo alleato e scrive­re con esso una storia di amore. Co­sì prega il pio israelita: «Nei tuoi de­creti è la mia delizia, / non dimenti­cherò la tua parola. (…) Guidami sul sentiero dei tuoi comandi, / perché in essi è la mia felicità» ( Sal 119,16 .35 ). Nell’Antico Testamento, colui che a nome di Dio trasmette la Legge al popolo è Mosè. Egli, dopo il lungo cammino nel deserto, sulla so­glia della terra promessa, così pro­clama: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affin­ché le mettiate in pratica, perché vi­viate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri pa­dri, sta per darvi» ( Dt 4 ,1 ). Ed ecco il problema: quando il po­polo si stabilisce nella terra, ed è de­positario della Legge, è tentato di ri­porre la sua sicurezza e la sua gioia in qualcosa che non è più la Parola del Signore: nei beni, nel potere, in altre ‘divinità’ che in realtà sono va­ne, sono idoli. Certo, la Legge di Dio rimane, ma non è più la cosa più im­portante, la regola della vita; diven­ta piuttosto un rivestimento, una co­pertura, mentre la vita segue altre strade, altre regole, interessi spesso egoistici individuali e di gruppo. E così la religione smarrisce il suo sen­so autentico che è vivere in ascolto di Dio per fare la sua volontà, – che è la verità del nostro essere – e così vivere bene, nella vera libertà, e si ri­duce a pratica di usanze secondarie, che soddisfano piuttosto il bisogno umano di sentirsi a posto con Dio. Ed è questo un grave rischio di ogni re­ligione, che Gesù ha riscontrato nel suo tempo, ma che si può verificare, purtroppo, anche nella cristianità. Perciò le parole di Gesù nel Vangelo di oggi contro gli scribi e i farisei de­vono far pensare anche noi. Gesù fa proprie le parole del profeta Isaia: «Questo popolo mi onora con le lab­bra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnan­do dottrine che sono precetti di uo­mini » ( Mc 7 ,6 -7 ; cfr Is 29 ,13 ). E poi conclude: «Trascurando il coman­damento di Dio, voi osservate la tra­dizione degli uomini» ( Mc 7 ,8 ).

Benedetto XVI (tratto dall’Angelus di domenica 2 settembre 2012)

La parabola del figliol prodigo

Da “Preferisco il Paradiso”, la parabola del Figliol prodigo.
Troviamo il testo in Lc 15, 11-32.

La parabola offre diversi spunti di lettura: dal comportamento del figlio minore a quello del figlio maggiore, per non parlare della figura del padre, che è al centro di tutta la storia.

Vi propongo solo alcune questioni su cui riflettere:

– Cosa cercava il figlio minore? dove pensava di trovarlo?
– Se aveste vissuto un’esperienza simile, cosa ne avreste ricavato?
– Quali potrebbero essere le parole-chiave della parabola?
– Questa parabola può dirci qualcosa sulla felicità?

Don Benzi ai giovani

Don Oreste Benzi è stato il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII e suo Responsabile Generale fino al 2 novembre del 2007, giorno della morte. Era nato il 7 settembre 1925 a S. Clemente, un paesino sulle colline romagnole vicino a Rimini, da una povera famiglia di operai, settimo di 9 figli. Fu un sacerdote appassionato di Cristo e vicino agli emarginati e bisognosi. Con la disponibilità a tempo pieno di alcuni giovani, don Oreste guidò l’apertura della prima Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII a Coriano, vicino a Rimini, il 3 luglio 1973.
L’inedito che Avvenire ha pubblicato il 9 ottobre 2012 è proprio un invito ai giovani, affinché si ribellino, ma solo con la vita, alle brutture di questo mondo.
Ve lo propongo:
«Io dico spesso ai giovani che sempre più fre­quentemente incontro: ‘Ribellatevi, non con la violenza, ma con la vita, senza mai demordere. Siate come un rullo compressore vivente che non la­scia tranquillo nessuno. Non scendete a compro­messo. Riappropriatevi della gestione della società. Siete stati sradicati dalle vostre o­rigini, vi è stato tolto il futu­ro dalle mani, siete costretti a consumare emozioni. Per il sistema è meglio che siate drogati!’. Nella società del profitto il potere economico, politico, finanziario, ha co­me fine principale se stesso. Le leggi che lo regolano non tengono conto dell’uomo, del suo bene, del suo progresso. Occorre che le persone che non accettano le regole del profitto e che vogliono intraprendere la strada del gratuito s’incontrino per dare vita a ‘mondi alternativi’ fondati su un sistema di relazioni interpersonali basate sul gratuito. Nella società del profitto il potere economico, politico, finanziario, ha come fine principale se stesso. Le leggi che lo regolano non tengono conto dell’uomo, del suo bene, del suo progresso. Occorre che le persone che non accettano le regole del profitto e che vogliono intraprendere la strada del gratuito s’incontrino per dare vita a ‘mondi alternativi’ fondati su un sistema di relazioni interpersonali basate sul gratuito. All’interno di questi ‘mondi vitali’ deve nascere non tanto l’elaborazione teorica, quanto la sperimentazione di vita. Se un insieme di professionisti (medici, avvocati, giudici, maestri etc.) si uniscono ed operano assieme secondo le regole del gratuito, si spezzano le regole della casta. Se uno è solo potrà essere additato come esempio, ma non cambia la storia. Se sono più persone, incidono sulle dinamiche della società del profitto e le mettono in crisi. Questi ‘mondi vitali’ come insieme di persone che attuano la società del gratuito mettono in crisi il modello di famiglia della società del profitto, il modello di impresa, di commercio, di scuola, di divertimento, di lavoro dipendente della società del profitto. Intaccano anche il modello di difesa della patria con il servizio militare, di difesa civile con la polizia, di amministrazione della giustizia. La seconda linea strategica è l’azione sulla società del profitto, attraverso incentivi e disincentivi e la lotta nonviolenta ma decisa. Quando si parla di oppressi bisogna individuare gli oppressori, quando si parla di affamati bisogna individuare coloro che affamano, quando si parla di handicappati bisogna individuare chi fa diventare handicappato, perché si nasce con un limite ma chi fa diventare handicappato è la società. Bisogna rimuovere le cause dell’ingiustizia perché siano smantellate le fabbriche dei poveri. L’art. 3 della Costituzione «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine politico, economico, sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo e la partecipazione dei lavoratori alla vita sociale». lo spero che soprattutto i giovani si sveglino, si ribellino con una vita basata sulla giustizia, non con la violenza, e smettano di accodarsi a chi dice parole e cerca solo di conservare il potere».
(Testo inedito ritrovato tra le carte relative agli anni 2003-2004)

 

Il Catechismo online

Il si­to www.educat.it, è una «porta digitale» spa­lancata su uno degli stru­menti più preziosi per co­noscere la fede cristiana, ali­mentare il confronto attorno ai contenuti del credo e accompa­gnare nella crescita personale e comunitaria: il Catechismo.
Leggo su Avvenire di ieri:
Un porta­le, quindi, voluto proprio in linea con quanto espresso da Benedetto XVI nel­la lettera apostolica «Porta fidei», che indiceva l’Anno della fede in occa­sione, anche, del 20° anniversario del Catechismo della Chiesa cattolica. Un portale, i­noltre, che non attinge a nuovi testi ma offre una modalità nuo­va di fruizione dei documenti, permettendo una ricerca e un confronto trasversale, come spie­ga il segretario generale della Cei, il vescovo Mariano Crociata. «E­ducat. it – scrive il presule nella presentazione – offre a tutti una nuova forma di accesso digitale ai Catechismi, anche in linea con le nuove richieste dalla didattica di bambini e ragazzi. Il sito pre­senta tutti i testi dei Catechismi, sia in versione navigabile, sia in versione sfogliabile, le note e l’in­tero apparato sinottico con il Ca­techismo della Chiesa cattolica. Oltre ai collegamenti incrociati tra tutti i Catechismi, il sito offre la possibilità di accedere diretta­mente a tutte le citazioni della Bibbia, sia nella versione Cei del 2008 sia in quella del 1974. I testi sono accessibili mediante navi­gazione e indice tematico, grazie a un motore di ri­cerca completo ed esteso a tutti i testi di corredo. Una speciale barra di navigazione con­sente all’utente di mantenere memo­ria delle proprie vi­site, attivare un se­gnalibro, fare stam­pe personalizzate». Si tratta quindi di uno strumen­to flessibile e personalizzabile, che, già consultabile da compu­ter e tablet, presto sarà disponi­bile anche in versione «applica­zione » per i dispositivi portatili come gli smartphone. Il tutto, spiega Crociata, si pone in un orizzonte ben preciso: «Quello di una riscoperta del do­no della fede in vista dell’annun­cio missionario».
Cliccando sull’immagine che segue, è possibile accedere al Catechismo dei Ragazzi, Sarete miei testimoni.

L’Anno della fede

Ero a Loreto giovedì 4 ottobre. Mio marito mi ha offerto un bel modo di ricordare i 25 anni di matrimonio accompagnandomi alla celebrazione eucaristica con la presenza di Benedetto XVI.
Ci sono alcuni passi della sua omelia che propongo alla vostra attenzione:
«...l’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice quan­to l’uomo sia importante per Dio e Dio per l’uomo. Senza Dio l’uomo finisce per far pre­valere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni ad essere uomo. Con Dio an­che nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarna­zione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompa­gna».
«Ma il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbia­mo riconoscere che tutti siamo «a casa»; do­ve abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nel­la volontà del suo Figlio. È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riu­nisce in un’unica famiglia e che ci rende tut­ti fratelli e sorelle. Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi voglia­mo essere aperti al Signore, se vogliamo of­frire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la pre­senza del Signore possa essere un limite al­la nostra libertà, e se vogliamo riservarci u­na parte della nostra vita, in modo che pos­sa appartenere solo a noi. Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di a­prirsi alla dimensione che la realizza in sen­so pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione».
Nell’Anno della fede che inizia proprio oggi, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e che terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il 24 novembre 2013, i credenti sono chiamati a riscoprire la propria fede, la bellezza di stare con il Signore per vivere con Lui. La fede è una risposta libera all’Amore di Dio che ci interpella, e non è una rinuncia alla ragione, come qualcuno potrebbe pensare. Anzi. La fede è ragionevole, come è ragionevole crescere nella propria umanità, nella consapevolezza che ognuno di noi, indipendentemento dal sesso, colore della pelle, religione, condivide con gli altri questo camminare nella Storia. La fede, come possiamo cogliere dalle parole del Papa che vi ho proposto, non toglie nulla alla nostra libertà, ma ci arricchisce, perchè ci aiuta a vincere l’egoismo, ci dà speranza, ci rende tutti fratelli e sorelle. La fede è permettere a Dio di “abitarci” e quando siamo dimora per Lui non può esserci spazio per l’odio, il disprezzo, la violenza, l’indifferenza.
La fede, per me, è qualcosa di bello che va rinnovato ogni giorno con la preghiera, l’intimità con Dio, lo stupore per la vita che ci viene donata.
Quindi cerchiamo di essere lieti anche nei momenti difficili (e questo tempo che stiamo vivendo lo è per molti), perchè il Signore Gesù è presente in mezzo a noi e vince il potere del maligno.
E’ bello aver fede, perchè nulla ci può turbare. Ma che la certezza della vittoria di Gesù non diventi per noi l’occasione di estraniarci dal mondo e dalle responsabilità.
La fede autentica ci permette di riconoscere Cristo in chi è bisognoso, solo, escluso, e quindi ci impegna a rendere più umano il mondo.