Posso contare su di voi?

Si sta per concludere un anno di scuola.
Alcuni di voi potranno ritenersi soddisfatti. Altri, non so.
Ma indipendentemente dai risultati scolastici, credo che le domande che ognuno di noi debba farsi siano queste: “Ho dato il meglio di me?”, “Ho messo a frutto le mie capacità?”.
So che spesso per paura di fallire, o per non affrontare la fatica dello studio, alcuni di voi hanno preferito il disimpegno, il “gioco al ribasso”.
E’ veramente un peccato non amare la scuola, non avere voglia di imparare.
Anche noi insegnanti  possiamo fare degli errori e dovremmo essere pronti a riconoscerli. C’è un fatto però contro il quale, da soli, non possiamo far nulla, ed è la vostra paura, anzi le vostre paure.
Paura di non farcela, di non essere all’altezza, di essere stupidi, di non essere capiti, di dover lavorare troppo e inutilmente, di essere presi in giro, ecc.
L’unico modo per uscire da queste sabbie mobili che inghiottono e tolgono il respiro è costruire un’alleanza che veda uniti la scuola, la famiglia, il ragazzo.
Ma è soprattutto a voi, cari ragazzi, che mi rivolgo.
La fiducia che saprete accordare alla scuola e agli insegnanti farà bene a voi e a noi.
Potrò contare su di voi? Riusciremo, insieme, a vincere le resistenze che vi impediscono di pensarvi “in grande”?
Vi regalo un video e vi auguro di trascorrere un’estate serena e ricca di esperienze veramente formative e non “deformanti”.

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Il mio augurio ai ragazzi di terza

Conoscete l’inno alla carità di san Paolo?
Beh, cari ragazzi di terza, andate a leggervelo qui.
Vi saluto con l’augurio che possiate vivere quel tipo di amore.
Il mondo ha bisogno di persone che sappiano mettere da parte l’odio, la prepotenza, l’inganno.
Che possiate veramente essere voi i costruttori di un mondo migliore!
Coraggio, non adattatevi alla mediocrità! Aspirate a cose grandi!
E ciò che rende grande l’essere umano non sono la fama, il successo, il denaro… Nel vostro cuore voi lo sapete cos’è che ci rende grandi, perché custodite il senso della vita.
Vi lascio questo video che dice che questo Amore non vi tradirà mai, non verrà mai meno.
Love Never Fails – Brandon Heath from Jody Hill {Ezekiel Productions} on Vimeo.

Quanto conta uno sguardo

Quanto conta uno sguardo? Quanto può condizionare la nostra vita?

Mi è piaciuta la riflessione di Alessandro d’Avenia, che vi propongo:
«(…)possiamo cogliere la nostra vera grandezza se qualcuno ci guarda con occhi benevoli, accoglienti o persino innamorati. Lo sguardo funziona come la luce del sole per le piante. Senza luce le piante, ho imparato da bambino, non possono operare la fotosintesi e quindi crescere e svilupparsi. La pianta si tende in ogni modo verso la luce e, proprio questa sua tensione, la costringe a mettere radici più profonde per non piegarsi o spezzarsi (semplici leggi fisiche). Lo sguardo fa lo stesso con noi. Cerchiamo lo sguardo che possa consentirci di fare la nostra fotosintesi: mettere radici più profonde dentro noi stessi, perché quello sguardo amante ci porta diritti dritti al centro del nostro essere, perché lo ama. E solo l’amore (e il dolore purtroppo) conduce a quel centro da cui sgorgano le nostre migliori risorse. Chiaramente questa tensione verso lo sguardo può avere effetti negativi se quello sguardo non è liberante, ma imprigionante. A volte pur di avere quello sguardo siamo disposti a perdere noi stessi. Qui sta la differenza tra uno sguardo che libera e uno che imprigiona: dipende dalla qualità di chi ci guarda. Alcuni sguardi ci controllano invece di liberarci.
Il vero sguardo amante ci solleva su noi stessi e sul nostro centro affermandolo nella sua “nucleare” bellezza (perché nasce dal nucleo centrale e perché è dotata di potenza “atomica”) e facendolo sviluppare. In qualche modo chi ci ama davvero diventa profeta di noi stessi: affermando il nostro meglio (che è comprensivo dei limiti) ci spinge a raggiungere la nostra altezza e quindi in qualche maniera ci fa diventare – nel tempo – “il meglio” di noi stessi.
Il falso sguardo amante riempie invece un nostro vuoto d’amore che non vogliamo sopportare, pur di aver qualcuno che ci guardi, salvo poi crescere storti, come quegli alberi che pur di cercare il sole si contorcono e piegano fino a spezzarsi. (…)Il punto non è essere guardati a tutti i costi (quel vuoto se c’è va riempito a partire dalla propria vita e non può essere affidato del tutto a qualcun altro) ma essere guardati “bene”, cioè essere guardati per “il bene” nostro. Questo si chiama Amore.
Le favole lo dicono in modo molto efficace trasformando rospi in uomini re(g)ali, con un bacio. Solo l’amore che guarda liberando può farci scoprire la nostra re(g)ale bellezza».

A voi un video che può aiutarvi a cogliere quanto conti essere guardati con occhi benevoli, accoglienti o persino innamorati.

Don Pino è beato

Per ricordare don Pino, che oggi viene proclamato beato, vi lascio la testimonianza di suor Carolina Iavazzo, che è stata al fianco di questo santo sacerdote, vittima della mafia, dal 1991 al ’93.

Cosa sarà per lei il giorno della beati­ficazione?
Di grande gioia, come quando si squar­cia il cielo dopo una tempesta e vedi l’azzurro. Su padre Puglisi si è detto di tutto: è stato un prete antimafia, ma non sono d’accordo, è stato un eroe, ma gli eroi li creiamo noi per non im­pegnarci abbastanza.  
E allora chi era?
Un prete di strada che ha dato tutto a Dio, ma nella misura in cui ha dato tut­to a Dio ha dato tutto all’uomo. E in questo binomio Dio-uomo è rimasto fedele a Dio e fedele all’uomo. Viveva un bellissimo rapporto con il Signore. L’ho visto tante volte in preghiera, nel­­l’Eucaristia, quando spezzettava la Pa­rola di Dio per renderla semplice per le persone semplici di Brancaccio. Però l’ho visto anche fortemente impegna­to nel quartiere, quando si interessa­va delle famiglie che non avevano il pane quotidiano, il pane della speran­za, neanche il pane della sicurezza fi­sica. Quando il mafioso dice «siamo noi che diamo pane e lavoro, non la Chiesa o lo Stato», è una grande bugia. La mafia dà pane e lavoro, se di lavoro si può parlare, solo a se stessa. Soldi, benessere. Mentre padre Puglisi, in oc­casione della festa di San Gaetano, at­traversa con la processione le vie di Brancaccio tra mura fatiscenti, su una terrazza i boss festeggiano con lo champagne.
Quando è andata a Brancaccio sape­va cosa avrebbe incontrato?
Solo quando hanno ucciso padre Pu­glisi ho capito le gravi condizioni di quel quartiere. Vedevo che c’era mol­to degrado e da quello quanta mafia c’era. Degrado ambientale, morale, strutturale, ma anche di cultura e i­struzione. Infatti padre Puglisi aveva colto il fenomeno della mafia proprio dalla mancanza d’istruzione.
E insisteva molto sulla scuola.
Diceva che se l’uomo si apre al sapere riesce a gestire anche le forze occulte della mafia, a distinguere il bene dal male, ma se vive nell’ignoranza, per un pezzo di pane che la mafia gli dà in quel momento, non riesce a guardare al futuro.
Lei non aveva percepito il livello del­la violenza mafiosa?
Padre Puglisi ci proteggeva. Cercava di caricare tutto su di sé. Spesso lo vede­vo con gli occhi arrossati, il labbro spaccato, ma mi diceva: «Non si preoc­cupi, io soffro di pressione alta». Non era vero. Era per tenerci fuori…
Qual è l’immagine di quel giorno?
Lo sconforto interiore, la folla, la rab­bia del cardinale Pappalardo. Però l’immagine che porto negli occhi, ol­tre che nel cuore, è quando l’ho visto sulla barella. La testa leggermente pie­gata sulla spalla destra, il colpo di pi­stola dietro l’orecchio da cui perdeva ancora sangue. Gli occhi semiaperti, si vedeva ancora il celeste. Un volto se­reno. Era lui. Questa è l’immagine che mi porto di quel giorno. La più bella, anche se la più dolorosa della mia vi­ta.
Perché la mafia decise di ucciderlo?
Portava avanti la logica del Vangelo: cercare l’uomo fino in fondo, non fin quando ti fa comodo o fin quando puoi e poi quando vedi il pericolo scappi. No, lui resisteva, non sarebbe mai tor­nato indietro. Per vivere la logica del Vangelo si era messo di traverso alla mafia. Ma la mafia non ama essere sfi­data, soprattutto da un prete. È abi­tuata a comandare. Quello che lui chie­deva era proprio il contrario delle lo­giche di mafia.
Cosa chiedeva don Puglisi?
Più civiltà nel quartiere, una scuola media, una bonifica dalla sporcizia più totale, compresa droga e degrado mo­rale. Assistevamo tante famiglie di ma­fiosi in carcere che facevano pena per­ché vivevano in questo squallore, illu­se e ingannate. Lui voleva rompere tut­to questo. Per togliere i giovani alla mafia. Li aveva già portati via. Cominciò dai bambini, perché sono i più aperti al cambiamento. E questo dava terribil­mente fastidio alla mafia.
Cosa rimane di don Puglisi?
Un messaggio forte a livello di co­scienza per ciascuno, a cominciare da me che ho fatto ‘una scelta nella scel­ta’. I giovani che vengono qui in visi­ta non escono come sono entrati. E sic­come stiamo vivendo un periodo di mediocrità soffusa e diffusa, padre Pu­glisi diventa una terapia d’urto: se lui è riuscito a fare questo, anche io pos­so impegnarmi.
Cosa le manca di lui?
Era un motore di idee… Ma mi man­ca soprattutto il suo sorriso. Era una persona ottimista. Dove arrivava ti da­va sicurezza, quando avevamo incer­tezze lui ci diceva «tranquilli». Si fida­va molto di Dio.

da Avvenire del 24 maggio 2013

Che cos’è la verità?

da La Settimana Enigmistica n. 4234 (anno 82)

Vi auguro di non fare come si vede nella vignetta.
La superficialità con cui spesso ci poniamo di fronte agli interrogativi della vita se, ad una prima impressione, sembra risolvere i problemi, a lungo andare lascia dei vuoti, che poi arriviamo a colmare con tutto quello che ci capita a tiro (alcol, fumo, droga, libertà senza freni, ecc…).
Come esseri umani non possiamo rinunciare a dare senso alla nostra vita, a cercare la Verità.
Vi lascio queste parole di Papa Francesco, pronunciate nell’udienza di mercoledì 15 maggio 2013:
 «Viviamo in un’epoca in cui si è piuttosto scettici nei confronti della verità. Benedetto XVI ha parlato molte volte di relativismo, della tendenza cioè a ritenere che non ci sia nulla di definitivo e a pensare che la verità venga data dal consenso o da quello che noi vogliamo. Sorge la domanda: esiste veramente “la” verità? Che cos’è “la” verità? Possiamo conoscerla? Possiamo trovarla? Qui mi viene in mente la domanda del Procuratore romano Ponzio Pilato quando Gesù gli rivela il senso profondo della sua missione: «Che cos’è la verità?» (Gv 18,37.38). Pilato non riesce a capire che “la” Verità è davanti a lui, non riesce a vedere in Gesù il volto della verità, che è il volto di Dio. Eppure, Gesù è proprio questo: la Verità, che, nella pienezza dei tempi, «si è fatta carne» (Gv 1,1.14), è venuta in mezzo a noi perché noi la conoscessimo. La verità non si afferra come una cosa, la verità si incontra. Non è un possesso, è un incontro con una Persona».

Ciò che ci rende umani è saper amare

Uno dei compiti di apprendimento che ho assegnato questo anno alle classi prime è stato:
«Immagina di dover spiegare ad una persona completamente disinformata sulla questione quale dovrebbe essere l’atteggiamento fondamentale di un cristiano nel mettersi in relazione con gli altri e perché».
Ecco come Edoardo  della 1^B ha interpretato il compito assegnato, inventandosi una storia che lo vede protagonista insieme ad un extraterrestre.
PS: il testo evidenziato è nell’originale di Edoardo. Ringrazio anche Riccardo per il disegno che acconpagna il racconto.

«Alieno -Io non ho mai capito cosa ci rende umani, Edoardo me lo puoi spiegare?

disegno di Riccardo della 1^B

Io – Certamente! Prima di tutto l’ uomo è stato creato a immagine di Dio, cioè che siamo persone umane e ognuno ha la sua dignità, ma anche che siamo capaci di stare in dialogo con Lui . L’ uomo è pure capace di entrare in comunione con Dio e non è una cosa, ma qualcuno, in un solo corpo ed è anche mente e spirito. La cosa fondamentale che ci rende umani è però saper amare.-
Alieno -Ho capito, ma cosa vuol dire amare?-
Io -Ma come! Non sai neppure questo?-
Alieno -No, io non so niente della religione cristiana.-
Io – Comincerò con il concetto più generale: dobbiamo amarci tra di noi e amare e aiutare il prossimo come Dio ha fatto con noi; bisogna ascoltare i comandamenti del Signore e seguire la Sua via. Amare può anche voler dire aiutare gli altri, donare ai meno fortunati di noi, espandere il comandamento dell’ amore in tutto il mondo e amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’ anima e con tutta la mente. Questo però non è il sodo, non è la parte fondamentale, c’ è qualcosa che manca…. L’ amore è amare qualcuno fino al punto di sacrificarsi per lui, fino al punto di donargli la propria vita, proprio come Gesù ha fatto per noi!!!-
Alieno -Wow! E proprio una cosa bellissima l’ amore! Ma chi è “Dio”, che l’ hai citato molto?-
Io – Coooosa?! Non è possibile che non sai chi è Dio!-
Alieno -Mmmm…-
Io – E va bene, te lo spiegherò, ma stai molto attento.-
Io – Dio si è incarnato e si è fatto uomo, è venuto nella Terra e si è sacrificato per noi. Poi è risorto dopo tre giorni, ritornando in Cielo.-
Alieno – Davvero?
Io – Certo, io non ti dico bugie, uno dei comandamenti di Dio è : “Non dire falsa testimonianza”.- Alieno -Mi piace la tua religione!-
Io -Okay! Molto bravo, vedo che hai capito –
Alieno -Sicuramente!!!»

Risorse per creare quiz online

Vi segnalo una serie di risorse per costruire online dei quiz o test da proporre agli alunni.

ProProfs
Permette di creare con facilità test e quiz, disponibili online.
Una volta che vi siete registrati gratuitamente, avete la possibilità di creare il vostro quiz.
Potete scegliere tra diverse modalità di domande.
Un esempio lo trovate cliccando qui.

QuizBox 
Per creare quiz da pubblicare in rete.

EasyTestMaker 
Diverse sono le modalità di domande disponibili. La registrazione gratuita non permette la pubblicazione online del test, ma solo la versione cartacea da scaricare.

eQuizzer
I quiz creati possono essere svolti online.
Cliccando qui trovate un test costruito da me.

MyStudiyo
Per creare quiz da pubblicare in rete.
Un esempio di quiz lo trovate qui.

Questbase
E’ tra le risorse che preferisco. Spero che la versione gratuita possa essere appetibile, come lo è adesso, anche in futuro, perché permette di costruire diverse modalità di test, di ricevere i risultati nella propria email e di poterli salvare in formato excel, per eventuali statistiche. E’ possibile anche proteggere i questionari con una password, in modo che possano essere svolti solo dalle vostre classi.
Un esempio di test lo trovate cliccando qui.

Quizdini
Una scoperta recente che mi piace molto.
Cliccate qui per vedere un esempio di esercizio matching.

Quizslide
Risorsa già segnalata nel blog. Cliccate qui.

Ciò che ci rende veramente umani è il cuore

Henry J.M. Nouwen era un sacerdote e scrittore olandese che, dopo aver insegnato in prestigiose università in diverse parti del mondo, accettò di trasferirsi a l’Arche Daybreak, vicino a Toronto, in una casa con 6 persone diversamente abili e tre assistenti.
Vi lascio alcune righe che raccontano la sua esperienza, in particolare le riflessioni su Adam, un ragazzo ospite della comunità, che non era in grado parlare, di vestirsi, di camminare e mangiare da solo.

 “La presenza di Adam continua a ripetermi che ciò che ci rende umani non è la nostra mente ma il nostro cuore, non la nostra capacità di pensare ma la nostra capacità di amare. Adam è pienamente umano, perché tutto cuore. Adam è il più debole di tutti noi, ma è senz’altro il legame più forte fra tutti noi. Grazie ad Adam c’è sempre qualcuno in casa; grazie ad Adam c’è un ritmo tranquillo nella casa; grazie ad Adam ci sono momenti di silenzio; grazie ad Adam ci sono sempre parole di affetto, gentilezza e tenerezza; grazie ad Adam ci sono pazienza e sopportazione; grazie ad Adam ci sono sorrisi e lacrime che tutti vedono….sì, grazie ad Adam c’è pace tra noi. Proprio là dove siamo più deboli è nascosta la pace che non è di questo mondo“.