Dal dialogo semi di bene

Il 28 novembre correva il 50° anniversario della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate.
Questa Dichiarazione cambiò il modo con cui la Chiesa deve guardare all’altro diverso per fede.
Mercoledì scorso era quindi un giorno “speciale” e per l’occasione in piazza San Pietro erano presenti rappresentanti delle varie religioni.
Vi lascio alcuni passi del discorso di Papa Francesco che ci aiutano a comprendere l’importanza del dialogo tra i credenti delle varie religioni, e di quanto siano necessari la preghiera e l’incontro tra i credenti di ogni religione o confessione per costruire amicizia, collaborazione, cura gli uni degli altri, al fine di contribuire a realizzare un mondo più umano.

«[…]Il dialogo di cui abbiamo bisogno non può che essere aperto e rispettoso, e allora si rivela fruttuoso. Il rispetto reciproco è condizione e, nello stesso tempo, fine del dialogo interreligioso: rispettare il diritto altrui alla vita, all’integrità fisica, alle libertà fondamentali, cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione.
Il mondo guarda a noi credenti, ci esorta a collaborare tra di noi e con gli uomini e le donne di buona volontà che non professano alcuna religione, ci chiede risposte effettive su numerosi temi: la pace, la fame, la miseria che affligge milioni di persone, la crisi ambientale, la violenza, in particolare quella commessa in nome della religione, la corruzione, il degrado morale, le crisi della famiglia, dell’economia, della finanza, e soprattutto della speranza.
Noi credenti non abbiamo ricette per questi problemi, ma abbiamo una grande risorsa: la preghiera. E noi credenti preghiamo. Dobbiamo pregare. La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni, per chiedere i doni ai quali anela l’umanità.
A causa della violenza e del terrorismo si è diffuso un atteggiamento di sospetto o addirittura di condanna delle religioni. In realtà, benché nessuna religione sia immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche in individui o gruppi (cfr Discorso al Congresso USA, 24 settembre 2015), bisogna guardare ai valori positivi che esse vivono e che esse propongono, e che sono sorgenti di speranza. Si tratta di alzare lo sguardo per andare oltre.
Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Tutti i credenti di ogni religione.
Insieme possiamo lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose.
[…]
Cari fratelli e sorelle, quanto al futuro del dialogo interreligioso, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera – ognuno secondo la propria tradizione – possa aderire pienamente alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità».

Il ricco stolto

Come nuovo tassello che va ad aggiungersi al percorso proposto alle classi terze, inserisco un video che presenta, in chiave moderna, la parabola del ricco stolto.

Nel progetto di vita che quest’uomo  si era dato mancava la cifra più significativa: che la vita non gli apparteneva, che il tempo gli poteva essere improvvisamente sottratto, che lui stesso – cioè, la sua anima – apparteneva ad un altro, che i suoi beni non lo avrebbero accompagnato all’ultimo viaggio e non gli avrebbero dato sollievo nell’ultimo giudizio.
L’uomo ricco viene definito stolto perché non ragionava sulle dimensioni profonde dell’esistenza, perché altrimenti avrebbe capito che non è il possesso delle cose lo scopo della vita.

Il testo di Luca è accessibile cliccando qui.

Rembrandt, “La parabola del ricco stolto”, ovvero “Il cambiavalute”

 

La proposta didattica su questo brano è quella di realizzare una carta, tipo quella dei famosi Yugioh, per tracciare un profilo del ricco della parabola e per spiegare perché Gesù lo definisce “stolto”. Per realizzare la carta si può andare al sito readwritethink.org.
Cliccare sull’immagine per accedere direttamente al card creator.

Il vero dialogo

«La relazione vera richiede gratuità e apertura. Suppone un atteggiamento positivo nei confronti del partner nel dialogo. Egli ha diritto alla mia benevolenza, fin dall’inizio!
Affinché l’incontro sia fruttuoso, devo anche abbandonare ogni tentativo più o meno cosciente di manipolarlo, e bandire ogni proselitismo, come anche Gesù l’ha bandito. Devo rinunciare a cercare di portare l’altro nel mio campo. Non dico che si debba abbandonare ogni desiderio di vedere l’altro che scopre il mio tesoro, la mia fede, e vi aderisce. Al contrario. Ma devo ammettere che anche il mio interlocutore musulmano nutra il desiderio che io aderisca alla sua fede. Questo fa parte della condivisione reciproca che sta al cuore dell’incontro e del dialogo.
Un hadith (tradizione attribuita al Profeta dell’islam) dichiara: «Nessuno diventa credente se non desidera per il suo prossimo quello che desidera per sé stesso». Posso illustrare il concetto con un’esperienza personale.
Quando ero professore in un collegio femminile nel Sud algerino, un giorno, dopo la lezione, un gruppo di ragazze adolescenti circondò la mia cattedra. Una di loro, la più coraggiosa, mi chiese quasi supplicandomi: «Signore, dica la Shahada» (la professione di fede musulmana).
Le risposi di non poter tradire la mia fede, perché sono cristiano e mi sono incamminato sulla via di Gesù. E lei mi replicò, delusa e anche un po’ in collera: «Allora, professore, andrà a bruciare nel fuoco dell’inferno!». Ma una delle sue compagne si staccò dal gruppo ed esclamò davanti alle altre: «Ebbene, se lei sarà all’inferno e io sarò in cielo, wa Allah!, discenderò all’inferno per cercarla!».
Non mi lasciai impressionare dalle parole della prima, ma rimasi molto colpito dalla dichiarazione della seconda.
Avrei già un passaporto assicurato per il paradiso? Queste ragazze desideravano per me quello che a loro sembrava più prezioso: la fede musulmana.
Posso desiderare che l’altro condivida la mia fede, ma nel rispetto della sua scelta. Una cosa è il desiderio di vedere l’altro condividere il mio tesoro, un’altra è il tentativo di utilizzare la reciproca relazione e amicizia come un mezzo, un’esca, per convertirlo alla mia religione.
La conversione è opera di Dio, del quale non posso prendere il posto. Dio ci ha creati liberi ed è il primo a rispettare il mistero della libertà data all’uomo».

Monsignor Claude Rault, vescovo di Laghouat-Ghardaïa (Algeria), dal libro “Il deserto è la mia cattedrale. Il vescovo del Sahara racconta” (Editrice Missionaria Italiana, pagine 192, euro 13, prefazione di Guido Dotti)

E’ l’ora dell’orientamento

I miei alunni di terza lo sanno che questo è per loro l’anno della scelta della scuola superiore e sanno anche che, in vista di questa scelta, saranno “costretti”, forse per la prima volta, a riflettere seriamente sul loro futuro. Conosco, perché sono tanti anni che insegno, le loro domande, i loro dubbi, le ansie che vivono: in modo più o meno inconfessato hanno una paura tremenda di sbagliare.
Come insegnante mi dico che non si può ridurre l’orientamento delle classi terze alla sola informazione relativa agli indirizzi di studio o alle varie attività lavorative. In fondo tutte le esperienze che viviamo in modo consapevole richiedono capacità orientative, perché ci portano a dover scegliere tra diverse possibilità, tra diversi orizzonti di vita.
Per questo ho proposto ai ragazzi un sondaggio su quali fossero gli ideali che ritenevano più importanti. Muniti di cellulari (ebbene sì, lo confesso, sono una di quelle insegnanti che per particolari attività consente – ovviamente con il benestare del dirigente e dei genitori – l’utilizzo dei dispositivi mobili), gli alunni hanno risposto ad alcune domande che avevo preparato su socrative.com. Dall’analisi dei risultati di tutte le “mie” sei terze è emerso come ai primi due posti ci fossero queste due scelte: essere felici e avere amici. Esito prevedibile ma non  per questo banale.
Proprio per aiutarli a riflettere su quanto sia importante rispondere a questi ideali con scelte buone e consapevoli, ho strutturato per loro un percorso di apprendimento che prevede, tra le varie attività, l’analisi di alcuni documenti che li aiutino a riflettere sul senso della vita. Tra i vari testi, tra cui ovviamente non mancano dei riferimenti biblici, mi è sembrato interessante un brano tratto dal libro “Il senso della vita” di Oscar Brenifier e Jacques Després, che ho trovato – non ricordo più attraverso quale ricerca – a questo link: http://cdn2.scuolabook.it/Uploaded/sei_25272_preview/25272_preview.pdf
Ho provato ad adattare il testo che mi interessava, tra i tanti proposti, in una scheda di lavoro per gli alunni, che è possibile scaricare cliccando sulla riproduzione del quadro, scelto non a caso, “Viandante su un mare di nebbia” di Caspar David Friedrich.