Favola di Natale 2018

In quel tempo l’Angelo di Dio portò l’annuncio ai pastori di andare a Betlemme: avrebbero trovato un bambino deposto in una mangiatoia.

Come i pastori giunsero davanti alla capanna, la trovarono chiusa. C’era un cartello con su scritto: «Comune di Betlemme. A seguito di verifiche strutturali e della relativa documentazione edilizia, questa abitazione viene dichiarata inagibile, per violazione delle norme urbanistiche».
I pastori allora chiesero in giro e venne detto loro che erano venuti anche gli ispettori del Dipartimento di Igiene ed avevano fatto uscire tutti, perché partorendo in una stalla avevano violato le norme igieniche.

Poi la Protezione Animali aveva portato via l’asino ed il bue perché: l’asino non risultava vaccinato nel registro degli animali da trasporto, mentre il bue andava abbattuto avendo superato l’età prevista per gli animali da macello.
Quando chiesero dove fosse san Giuseppe, risposero che era in carcerazione preventiva in attesa di giudizio, dopo aver perso la patria potestà, perché non si era rivolto al reparto di ostetricia, ma aveva favorito una nascita a rischio.

Poi era passibile del reato di: abuso della professione infermieristica, per avere prestato assistenza ad una partoriente, privo di adeguati titoli professionali.
La Madre invece era stata portata con ricovero coatto in una comunità di assistenza e cura psichiatrica.

Perché non aveva voluto seguire la procedura di aborto terapeutico per motivi di disturbo mentale consigliatale a Nazareth dal Consultorio locale, quando aveva dichiarato di essere incinta, ancora vergine, per opera dello Spirito Santo.
Il Bambino infine era stato portato al reparto di neonatologia dell’ospedale di Gerusalemme, ma era misteriosamente sparito.

Al suo posto era stato trovato un biglietto con questo scritto:

«Cari signori, ritorno in cielo, perché anche se sono onnipotente, temo di non riuscire a svolgere la mia opera di salvezza, finché non avrete trovato il modo di liberarvi da questa massa di leggi e decreti, che voi avete scritto, credendo di salvare il mondo a forza di leggi fatte per obbligare gli altri, ma senza impegnarvi davvero a diventare tutti, almeno un po’ di più, uomini di buona volontà».

Mons. Nazareno Marconi, Vescovo di Macerata, omelia della notte di Natale

Il presepe: mai per separare

Da Popotus del 13 dicembre 2018

Piccolo o grandissimo, artistico o casalingo, il presepe riassume lo spirito del Natale. Ed è bellissimo prepararlo insieme, lavorare la carta stagnola per il cielo e il laghetto, decidere in che ordine mettere le pecore, trovare il posto giusto, magari un po’ nascosto, per il pastore addormentato. Di fronte alla grotta di Gesù Bambino anche chi non è lo più torna piccolo. Riscopre l’importanza della famiglia, prepara il cuore alla festa, sente il desiderio di dividere quel che possiede con chi ha meno. Perché il presepe ci dice proprio questo: che abbassarsi rende grandi, che tutti sono invitati alla festa del Signore, che gli ultimi, i più soli, sono i primi agli occhi del Padre.
La Natività ci rivela l’amore folle di un Dio che si fa bambino, che pur di starci accanto accetta il freddo e la povertà, che agli applausi dei vip, degli uomini importanti, preferisce l’allegria semplice, un po’ grossolana, di chi ha le mani sporche di fatica.
Per questo stupisce e fa male vedere il presepe impugnato come un bastone, diventare “segno” che divide, sentir dire che è un obbligo farlo, che chi non lo accetta va considerato straniero e non ha posto tra noi. Ma sbagliato sarebbe anche modificare la realtà delle cose, presentare Giuseppe e Maria come naufraghi, cosa non vera, in nome di una battaglia politica contro misure, ingiuste, a danno dei poveri. Non serve, non ce n’è bisogno.
Il messaggio del presepe è semplice, per capirlo basta avvicinarsi. Guardando la povertà della mangiatoia, la grotta fredda dove nasce il Dio Bambino, diventa facile volere bene ai piccoli, si sente il bisogno di essere più accoglienti, viene spontaneo ringraziare. No, il presepe non è un muro di separazione ma una lezione di ospitalità, il coraggio dei miti opposto all’arroganza dei forti, l’abbraccio che si stringe al petto chi non ha voce. I poveri, gli stranieri, gli ultimi, gli scartati.

Adulti che non amano abbastanza il mondo

Una frase che invita noi adulti alla grande responsabilità che abbiamo verso noi stessi e soprattutto verso le giovani generazioni. Alcune domande sono inevitabili.
Con la nostra incapacità di dare risposte credibili alle domande dei giovani, che sono costretti a cercarle da altre parti (droga, alcool, trasgressione,ecc…), non è che dimostriamo di non amarli abbastanza? E, in un certo senso, di non amare abbastanza neanche questa vita e questo mondo che abitiamo?
No sono i giovani il problema,  ma siamo noi adulti, incastrati nel nostro egocentrismo, incapaci di desideri che vadano oltre il personale tornaconto. Siamo degli «irresponsabili», nel senso che siamo incapaci di prendere sul serio il desiderio di vita dei nostri ragazzi dando loro risposte credibili.

L’amore salva quando…

Dedico le belle parole di D’Avenia agli studenti dello Sportivo, in particolare a quelli del Quinto. Un ulteriore spunto di riflessione per il percorso che si sta concludendo.
«L’amore salva nella misura in cui siamo disposti ad affrontare le regole della morte».

Le parole della settimana

“Cosa ci dice il mito di Orfeo e Euridice? L’amore salva nella misura in cui siamo disposti ad affrontare le regole della morte”. Il mito di Orfeo e Euridice, Alessandro D’Avenia a #LeParole della…

Condividere: i rischi della rete

In questi giorni ho proposto agli alunni di seconda media una seria riflessione sui rischi della condivisione via social. Condividere, stavamo vedendo con riferimento alla nuova proposta didattica, è un bel verbo che rischia però di diventare qualcosa di poco piacevole e intelligente quando lo mettiamo in atto in modo poco critico, come spesso accade sui social.
Con riferimento ai fatti accaduti a pochi chilometri da noi, e senza demonizzare nessuno, ci siamo resi conto come visualizzazioni e condivisioni in Rete creano fenomeni mediatici di dubbio gusto e dubbio talento. Certo, basta “acchiappare” quello che il pubblico vuole (e già questo, di per sé è alquanto triste e avvilente) o creare un personaggio che incuriosisca, stimoli inconfessati desideri o pulsioni, e lasciare che sia proprio questo pubblico a scatenarsi nella condivisione. Il gioco è fatto. E’ nato il fenomeno del momento. Anche le fake news trovano spazio in questo impulso acritico alla condivisione. Domande:
Tutto, ma proprio tutto, va condiviso?
Siamo consapevoli che con i nostri click e i nostri like anche noi finiamo per diventare complici della circolazione di tutta la “spazzatura” che si trova nel web?
MIUR e “Generazioni Connesse” nel 2015 hanno varato una campagna di consapevolezza sull’uso di Internet. Sette personaggi, alle prese con situazioni legate al web, aiutano i ragazzi a rendersi conto dei comportamenti rischiosi o sbagliati nella Rete.
Cliccando sull’immagine potrete accedere alla pagina che vi permetterà di conoscere i personaggi della serie e di vedere il promo di tutti i cartoni animati realizzati per la vostra navigazione in Internet più sicura e intelligente.

Ps: cliccando qui, potete accedere alla pagina in cui potete vedere tutti gli episodi completi.

Credenti: proposta per le classi terze

on questa proposta ci confronteremo con le diverse religioni per scoprire che oltre alle differenze ci sono elementi che le uniscono. Capiremo che la complessità e la diversità possono essere superate solo da un atteggiamento di accoglienza, confronto e dialogo. Proprio questi sono gli atteggiamenti che la Chiesa nel Concilio Vaticano II affermò come unica modalità per rapportarsi ad un mondo che era profondamente cambiato. Scopriremo infine cosa intendono i cristiani quando dicono che la salvezza è un dono gratuito dell’amore di Dio.
A proposito. Vediamo come ve la cavate con i qrcode che vi guideranno alla scoperta delle religioni. Buon lavoro ragazzi!