Quanta bellezza tra scienza e Dio

Di sicuro Matteo Benedetto fa un lavoro affascinante: è ricercatore all’osservatorio astronomico della Valle d’Aosta, ed è anche membro dell’Azione cattolica, e questo fa sì che la nostra chiacchierata riproponga, al contempo, nuove ed antiche domande.
È possibile una conciliazione tra fede e scienza? O invece, come affermava qualcuno, lentamente la scienza arriverà a fare chiarezza su tutto quello che noi per ora non ci spieghiamo?
o credo che fede e scienza possano tranquillamente e serenamente convivere. Ricordo che tempo fa in un momento di formazione che feci in parrocchia uscì che «la scienza ci spiega il come e il dove, la fede parla del chi e del perché». Mi piace immaginare fede e scienza come due treni che viaggiano su binari paralleli, ciò che li accomuna è il carburante che li muove: la curiosità, la ricerca, la voglia di crescere. I problemi nascono quando si tenta di farli andare sullo stesso binario.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg, assieme alla teoria dei quanti, ha davvero sconvolto le basi della scienza intesa come strumento per arrivare a capire tutto, prima o poi?
È vero che il principio di indeterminazione di Heisenberg pone dei limiti fisici a ciò che si può conoscere, soprattutto se applicato all’origine dell’universo, tuttavia non credo che Dio sia da ricercare dove la scienza non arriva. Perché il suo operato dovrebbe esserci nascosto per forza? La scienza è un modo per squarciare il velo e scoprire come Dio “lavora”. Tutto l’universo intorno a noi è un miracolo straordinario, il modo in cui tutto si muove e interagisce è già di per sé miracoloso, non dobbiamo immaginare Dio come un mago che opera per forza in maniera antiscientifica e inspiegabile.
Il professor Zichichi mi disse nel corso di un’intervista che il mondo è retto da una logica, e che se c’è una logica deve esserci un creatore…
Come ho detto, il modo in cui tutto interagisce è tutto già un miracolo di per sé. Non serve un telescopio per trovare Dio, lui non è in cielo, ma intorno a noi. In una serie tv che ho visto tempo fa un cardinale diceva: «Guardate lassù… Lo vedete il cielo? Lo vedete Dio? No? Non lo vedete? Non fa niente… Adesso guardate colui che è al vostro fianco… Guardatelo con gli occhi della gioia e ricordatevi di quando Sant’Agostino ha detto: “Se vuoi vedere Dio hai a disposizione l’idea giusta: Dio è amore”.
Avere a che fare ogni giorno con le strutture alla base dell’universo stimola anche un senso di ammirazione per la bellezza del creato?
Sicuramente sì, l’universo attorno a noi è davvero straordinario. Spesso osserviamo galassie distanti miliardi di anni luce da noi e pensare che quella luce è partita quando ancora il nostro sistema solare doveva formarsi è davvero disarmante. A volte però il famoso disincanto di cui parlava Nietzsche salta fuori: corriamo il rischio di limitarci a maneggiare numeri e codici al computer. Per questo ogni buon ricercatore ha bisogno di fare divulgazione scientifica e riavvicinare l’occhio a un telescopio, per non scordare la grandezza e l’immensità di ciò che sta studiando.
C’è qualcosa in particolare che le fa pensare che davvero ci sia un disegno finalistico alla base dell’esistenza del tutto?
Se ribaltiamo un tappeto e ne osserviamo la parte sotto, vediamo un ammasso di fili che sembrano messi un po’ a caso e di cui non riusciamo a comprendere il senso. Soltanto guardando il tappeto dalla parte giusta ne scorgiamo il disegno e i ricami. Io ritengo che ci troviamo dal lato sbagliato del tappeto, tutto ci sembra insensato, casuale, assurdo, ma proprio per questo dobbiamo avere fede, proprio per questo dobbiamo continuare a fidarci. Il disegno c’è ed è bellissimo.
[intervista con Matteo Benedetto di Marco Testi in segnoweb 3 del 2019]


No a facce da funerale. Parola di Papa Francesco

Si sa, le barzellette che si raccontano i preti sulle “cose di Chiesa” sono tra le più divertenti. E le più autoironiche.
Fede, preghiera, cibo, ritiri spirituali, c’è chi perfino riesce a fare la voce perfetta del proprio vescovo: e infatti i parrocchiani di “ogni dove” le tramandano di padre in figlio, di catechista in catechista. Umorismo per fortuna sdoganato da papa Francesco che fin dall’inizio del suo pontificato ha messo in guardia il fedele dall’essere troppo triste e dall’avere «facce sfiduciate, da funerale».
In un’omelia a Santa Marta riservata a un gruppo di dipendenti dei Servizi economici del Vaticano e alcuni collaboratori delle Guardie svizzere, Francesco, ad esempio, ha ricordato l’insegnamento di Paolo VI e ha parlato della gioia cristiana che nasce anche «perdendo tempo a lodare Dio».
«Tante volte i cristiani – disse a braccio il papa nell’omelia con quel suo slang un po’ latinoamericano – hanno la faccia di andare più a un corteo funebre che di andare a lodare Dio. Noi cristiani non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria». E talvolta «ci piacciono di più le lamentele».
Ma non dovrebbe essere così perché «lo Spirito Santo che ci guida è l’autore della gioia, il Creatore della gioia e senza gioia noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze». [Tratto da segnoweb)

Vignetta tratta dal sito del simpaticissimo don Giovanni Berti (http://www.gioba.it)