La Bibbia e la voce delle donne: il Libro di Rut (e Noemi)

Prof la Bibbia racconta la storia di Dio? Ni 
Prof, conosciamo Abramo, Giacobbe, Mosè…….e le donne, a parte la mamma di Gesù? 
Proprio per questo vi ho presentato, vero ragazzi?, la storia di Lia e Rachele. Oggi aggiungo un’altra storia ed una riflessione. Mi faccio aiutare da L. Bruni che su Avvenire del 28 marzo propone un percorso di conoscenza di un libro che racconta la storia di una donna, anzi deu, Rut e Noemi. 

«Il piccolo libro di Rut è tra i libri più belli della Bibbia, se non il più bello dal punto di vista narrativo. Contiene molti messaggi etici, sociali, economici e religiosi, ma prima e soprattutto è una storia meravigliosa, una stupenda novella. È una storia familiare, nuziale, è un brano della storia di Israele; ma prima ancora è una storia di donne, la storia di due donne co-protagoniste, tanto che potremmo anche chiamarlo Libro di Rut e Noemi. Perché se Rut emerge come una donna semplicemente splendida, non meno grande e affascinante è la figura di sua suocera Noemi, e il rapporto tra di loro. La storia di due donne sole, donne straniere, donne migranti, donne in cammino, donne amiche (una etimologia del nome ebraico Rut è ‘la compagna’). Una storia che si svolge lungo la strada, nei campi, nell’aia di casa, quasi interamente all’aria aperta. 
Non è storia di palazzo né di tempio. Tutto ruota attorno a quel rapporto speciale, tenace e unico con la vita che è tipico delle donne. Un libro che non solo parla di donne, ma è attraversato da uno sguardo tutto femminile. Ci sono espressioni, scene, dettagli grammaticali che sembrano provenire direttamente dal repertorio linguistico e intimo delle donne. Tanto che qualche autore e autrice ha azzardato (l’improbabile) ipotesi che l’autore del libro sia una donna: «Se c’è un libro della Bibbia per il quale possiamo assumere che è stato scritto da una donna, questo è il libro di Rut» (Irmtraud Fisher, Il libro di Rut come letteratura esegetica). 
In realtà della storia di questo libro – come di tutti i libri biblici – sappiamo molto poco. Di certo chi l’ha scritto era un maestro delle tradizioni spirituali (e non solo ebraica) e della lingua che usa in tutte le sue potenzialità e sfumature, un conoscitore dell’animo umano, in particolare dell’anima delle donne. Sebbene sia ambientato in una fase arcaica della storia di Israele (attorno al XIXII secolo a.C., al tempo dei giudici, un tempo tremendo), oggi sappiamo che con ogni probabilità il libro risale al V secolo a.C., anche se non si può escludere che alcune tradizioni orali su Rut e Noemi (forse distinte in origine) circolassero già prima e durante l’esilio babilonese. […] 
Nella Bibbia greca dei Settanta il libro di Rut occupa un posto importante. Lo troviamo incastonato tra i Giudici e i libri di Samuele. Nella tradizione ebraica (testo masoretico) Rut è invece una delle Cinque Megillot o rotoli, un libro liturgico. Lo si legge nella ‘festa delle settimane’ ( shavuot), in greco Pentecoste, in origine una festa delle messi, celebrata sette settimane dopo l’offerta del primo covone di orzo nel giorno dopo Pasqua. […] 
Dove sta Dio in questo libro? In Rut, Dio si fa da parte per lasciar parlare l’uomo e soprattutto per dare spazio alle donne, alle loro parole, ai loro gesti, alla loro anima. È questo, forse, il messaggio teologico più importante del libro: quando la Bibbia incontra le parole umane più grandi fa tacere Dio e fa parlare gli uomini e, qualche volta, le donne. Rut è un libro fatto di parole di donne e di uomini – su 85 versi totali, 55 sono dialoghi –, alle quali è affidata la rivelazione di alcune dimensioni essenziali del Dio biblico: amore ( hesed),fedeltà, giustizia, riscatto dei poveri. 
Perché se è vero che la Bibbia contiene una rivelazione di Dio, a dirci chi è il suo Dio sono soprattutto gli esseri umani. E non lo fanno soltanto quando pregano nei salmi, né soltanto nelle parole della Legge e dei profeti; gli uomini e le donne bibliche ci dicono chi è Dio anche quando ci parlano semplicemente di azioni umane. 
Sta anche qui la natura reciproca dell’«immagine e somiglianza di Dio» (Gn 1,27): se noi gli somigliamo, anche Dio somiglia a noi. Se quindi vuoi conoscere il Dio biblico, non cercarlo soltanto nel creato, nei profeti e nel roveto ardente; cercalo anche nelle parole e nei gesti di Noemi, Rut e Boaz. Sta anche qui l’infinita, meravigliosa laicità vera della Bibbia, che è una grande epifania di Dio tramite epifanie di uomini e di donne, che nell’esercizio ordinario della loro umanità ci hanno detto qualcosa di importante su Dio – e continuano a dircelo ancora». 

Capite allora il mio Ni alla domanda iniziale? E’ riduttivo dire che la Bibbia racconta la storia di Dio, perché la Bibbia racconta di uomini e donne che, nelle loro azioni umane (nel senso di bella umanità) ci rivelano l’immagine di Dio (concetto che abbiamo spiegato in tantissimi modi, vero?). 
Riprendiamo le parole del nostro esperto. 

«C ’è, infine, nel libro di Rut una nota tutta umana che spicca sulle altre. La Bibbia è piena di voci, di vocazioni, di uomini che ricevono una chiamata, che dialogano con Dio e poi quasi sempre partono per eseguire il compito ricevuto. Potremmo anche raccontare la Bibbia come il susseguirsi e l’intreccio di queste voci e questi dialoghi. Nel Libro di Rut, invece, queste voci divine non ci sono. Non ci sono gli angeli né Elohim a chiamare le sue protagoniste, non ci sono manifestazioni di Dio, non c’è quasi neanche il suo nome. Noemi e Rut si ‘alzano’ e si mettono in cammino non come risposta a una voce esterna. La voce che le chiama, le fa alzare, camminare e tornare è tutta interna, e quindi noi lettori non la udiamo, ne vediamo solo gli effetti. 
Forse perché le voci che muovono le donne sono sussurri incarnati, sono gemiti di vita, sono segni scritti nell’invincibile vocazione alla vita. Noemi e Rut cercano e inseguono la vita, e così vivono la loro vocazione. Il Dio della vita vede queste azioni tutte umane, le riconosce come sue, vi appone il suo crisma. E poi ci dice: ‘Vuoi capire chi sono? Guarda Rut e Noemi’. 
Gli uomini biblici per muoversi sembra abbiamo bisogno di udire la voce di Dio che li chiama per nome. Le donne bibliche, quasi sempre, partono e basta, quasi sempre partono sole, in una solitudine tutta loro anche quando è ricoperta di compagnia e sororità – partono per vivere, per far vivere altri. Rut e le sue sorelle – Abigail, Anna, Rispa, Elisabetta, Maria. E in questo c’è, forse, qualcosa del modo femminile di vivere le vocazioni – provo sempre un profondo imbarazzo quando si deve parlare dell’anima delle donne. 
Quando le donne raccontano le loro storie vocazionali dicono, spesso, storie diverse. La chiamata, l’incontro solenne e chiaro con la voce divina, non ci sono sempre; per mettersi in cammino con la loro tipica tenacia e fedeltà sono importanti le voci umane e gli incontri diversi con persone in carne e ossa, magari con il guardiano di un sepolcro vuoto. Hanno la rara capacità di intercettare il carattere divino dentro le voci umane, sanno, per un misterioso istinto spirituale, trovare l’infinito nel dettaglio, sanno riconoscere l’eterno in un bambino. Portano in sé la vita per donarla, e il Dio della vita ha fatto loro il dono di sentirlo e toccarlo dentro la vita – le religioni e i dogmi sarebbero stati molto diversi se li avessero raccontati le donne». 

Interessante questo passaggio. Non ne abbiate a male, giovanotti delle “mie” classi, ma il maschile e il femminile hanno un modo diverso, tutto loro, di rapportarsi al Mistero.

Abigail, l’accoglienza che costruisce la pace

Se pensiamo ai personaggi della Bibbia possono venirci in mente alcuni nomi. Difficilmente saranno di donne. Peccato che la Storia in generale racconti tanto di uomini e poco di donne. Le donne sono sempre rimaste in ombra, oppure, nella storia scritta dagli uomini, hanno rivestito ruoli ambigui o poco edificanti.
La Bibbia sembrerebbe in linea con questa posizione, ma solo per chi ne avesse una conoscenza scarsa o frammentaria.
Leggiamo cosa ha scritto in proposito Matteo Liut in Popotus del 17 ottobre 2019.
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Nelle Scritture le donne hanno un posto rilevante e molto spesso sono loro, attraverso le scelte che fanno, a permettere al progetto di Dio di realizzarsi. L’elenco dei personaggi femminili nei racconti biblici è molto lungo e contiene circa 150 nomi (senza contare le numerose donne che vengono citate solo nel loro ruolo, per esempio, di mogli) e tra di esse alcune sono protagoniste di storie affascinanti, che ancora oggi hanno molto da insegnare sulla bellezza e sulla complessità del genere umano, di quell’umanità che Dio, che è un padre saggio, ama infinitamente come solo una madre sa fare. Se pensiamo alle donne della Bibbia, ci vengono subito in mente Maria, Eva, le donne che appartenevano al gruppo dei discepoli di Gesù, oppure alle antiche progenitrici del popolo di Israele come Sara. In realtà esistono numerose storie meno conosciute, ma altrettanto preziose, come quella di Abigail, donna saggia e delicata, che evitò al futuro re di Israele, Davide, di compiere un atto violento in cui avrebbero perso la vita molti uomini.
Abigail era la moglie di Nabal, un uomo molto ricco grazie soprattutto alle sue greggi, ma che era un presuntuoso a cui piaceva ubriacarsi troppo spesso. Mentre si trovava nel deserto, in difficoltà a causa dello scontro aperto con il re Saul, Davide mandò alcuni suoi servi da Nabal, che in passato aveva ricevuto aiuto e protezione dal futuro re, per chiedergli delle provviste. L’uomo, però, li cacciò via in malo modo e quindi Davide, offeso dall’inatteso rifiuto, decise di andare da Nabal con 400 uomini e uccidere tutti i maschi della sua famiglia.
Per fortuna, però, uno dei servi avvisò Abigail, che comprese subito l’enorme pericolo e, senza indugio, decise di agire per il bene dell’intero gruppo familiare.
Aiutata dai domestici, caricò su degli asini molto pane, due otri di vino, cinque pecore e poi ancora grano, uva, fichi secchi e andò incontro a Davide. Quando lo raggiunse gli disse più o meno: «Ti prego di perdonare mio marito, che è inaffidabile, io non sapevo che c’erano i tuoi uomini altrimenti li avrei accolti come si deve». Davide rimase colpito a tal punto che decise di non attaccare Nabal e, quando Abigail poco dopo rimase vedova, la sposò: aveva riconosciuto in lei la capacità di costruire la pace curando l’accoglienza.