Inferno e Paradiso

Un Sant’uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: «Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno».
Dio condusse il sant’uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno.
C’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato. Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano accostare il cibo alla bocca.
Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: “Hai appena visto l’Inferno”.
Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l’acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant’uomo disse a Dio : «Non capisco!»
E’ semplice, – rispose Dio, – essi hanno imparato che il manico del cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire se’ stessi….ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri! Quelli dell’altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi…


Ogni spazio ha il suo perché

La torre pendente a Pisa. Quella tutta in ferro progettata da Eiffel a Parigi. La Statua della Libertà a New York. Un edificio (per le sue proporzioni anche la scultura alle porte di Manhattan lo è) può diventare il simbolo di una città, al punto che la nostra fantasia identifica quel luogo con quella costruzione. 

A volte però gli edifici sono talmente forti da disegnare attorno a sé la città, preesistente, presente e futura, e gettare la loro luce tutta attorno.
Sono più di un simbolo, di un’immagine. Sono corpo di una storia ancora in corso.
Se su Google Maps osservate la piantina di Milano, noterete che è fatta da una serie di strade come anelli concentrici che si allargano da un punto particolare: il Duomo. Ma non basta dire che la Cattedrale è fisicamente il cuore della metropoli. Questa chiesa, grande, bellissima, incarna come niente altro lo spirito e l’ambizione di questa città.
Noi oggi fatichiamo a immaginarlo, abituati a costruzioni realizzate con materiali di ogni tipo, ma quando incominciò a salire e a prendere forma, questo Duomo doveva apparire come un Ufo atterrato nel mezzo della pianura padana. Osservate bene di cosa è costruito e guardatevi attorno.
Marmo (rosa per la precisione). Ma lì in giro per chilometri e chilometri non c’è una montagna, non una cava. E infatti il materiale per eccellenza dell’architettura di pianura è il “cotto”, ossia il mattone, fabbricato con l’argilla. Di pietra, costosissima, si ricoprivano facciate, non certo edifici interi, e di questa dimensione!
La costruzione del Duomo di Milano è dunque una sfida, la dimostrazione della capacità di una città di superare i propri limiti. Per far questo furono costruite vie d’acqua (i famosi “navigli”) che dal Lago Maggiore consentissero il trasporto del marmo fino al cantiere: canali che per secoli hanno caratterizzato la forma e il funzionamento della città. Non stupisce che ci siano voluti più di cinquecento anni per terminare questa cattedrale. Ancora oggi i milanesi quando una faccenda è tanto lunga che pare non finire mai, dicono che «la par la fàbrica del Dòmm»…
Il Duomo di Milano è stato concepito per suscitare ammirazione e meraviglia. Così alto, aguzzo e bianco, doveva sembrare una montagna spuntata al centro della pianura. I viaggiatori del passato raccontano come dava il meglio di sé nelle notti di luna piena, quando la superficie del marmo diventava d’argento e brillava come un’apparizione da un’altra dimensione.
Oggi l’illuminazione artificiale ci ha tolto la possibilità di rivivere quell’emozione.
Ma la meraviglia e lo stupore restano intatti.

Quell’Ufo nel centro mette in moto Milano, da Popotus del 4 settembre 2014

Presente, proff!!!

Vi propongo un bella riflessione di un collega di religione. Nella sua storia mi ci ritrovo anch’io.

Ogni giorno, verso le otto del mattino, io mi aggiro per i corridoi per raggiungere la classe che mi aspetta, e do e ricevo i saluti degli oltre ottocento studenti del liceo romano in cui insegno religione cattolica. Di questi, più della metà sono miei studenti. Un professore di religione ha una sola ora a settimana per poter insegnare qualcosa su Dio, brevi cenni sull’universo e il senso della sua esistenza, una bella impresa non c’è che dire, un colpo solo come dice De Niro nel Cacciatore.
Un’ora sola vuol dire anche avere diciotto classi, una cifra impressionante comparata con quella degli altri docenti: il collega di educazione fisica, che subito dopo di me ne ha più di tutti gli altri, con due ore settimanali, ne ha solo la metà, nove. Diciotto classi vuol dire circa cinquecento studenti; gli altri colleghi io non li vedo proprio, un po’ come Juventus-Albino Leffe.
Alla fine, per varie applicazioni della proprietà transitiva, i ragazzi del liceo Albertelli io li conosco tutti; è il privilegio e l’onere della mia professione. Per la legge dei grandi numeri lo sforzo maggiore di un professore di religione è quello di memorizzare volti e nomi di questa tribù migrante, ragazzi che entrano piccoli ed escono grandi, trasformati sicuramente nel fisico e, si spera, anche nello spirito.
Il momento fondamentale è allora quello dell’appello. Io lo faccio sempre, non solo alla prima ora per segnare gli assenti. È per me un modo per fissare i nomi e i volti, e poi è un’occasione per spiegare ai ragazzi del primo anno che non si tratta di una mera procedura burocratica ma qualcosa di molto significativo: qualcuno li chiama, fa il loro nome, e loro rispondono ‘presente!’. Non è poco.
C’è un mondo intero in questi pochi secondi. C’è il nome e c’è il volto, due cose che rimarranno, per sempre. E c’è la vocazione, e la sequela.
Cito Benedetto XVI: «La vita comincia con una chiamata perché tutta la vita è una risposta ad una chiamata». E poi abbasso il livello (non si può sempre stare a vette troppo elevate) e cito la battuta più famosa del cartone animato Kung-Fu Panda: «Ieri è storia, domani è mistero, oggi è un dono, per questo si chiama presente». Mi tocca citarla anche perché, scopro, sgomento, che c’è un’altra parola che si è perduta, una parola preziosissima: presente.
Non sanno più, questi ragazzi, che in italiano (ma anche in inglese) presente vuol dire proprio ‘dono’. Devo intervenire, urgentemente: «Ecco che con quella parolina non state solo dicendo che non siete assenti, ma state rivelando, anche a voi stessi, la vostra più profonda verità: voi siete un dono, ogni uomo lo è. In fondo di questo parleremo per i prossimi cinque anni».
L’oneroso privilegio ora può cominciare.

L’appello e la risposta ‘presente’: dono dimenticato, di Andrea Monda in Avvenire del 1 ottobre 2014

Questa è la bellezza!!!

Due minuti per riflettere su tante cose:
– la poesia siamo noi
– la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere
– fate soffiare in faccia alla gente la felicità
– per trasmettere la felicità e il dolore bisogna essere felici
– non abbiate paura a soffrire
– è da distesi che si vede il cielo
– fatevi obbedire dalle parole
Sono proprio sibillina oggi….
Per capirci qualcosa cliccate  qui.

Le religioni sono una risposta

Il sentimento religioso nasce dalle domande che riguardano il senso ultimo, definitivo della propria vita, della storia di tutti gli uomini, dell’intero universo.
Le religioni, anche se in modo diverso, aiutano l’uomo nella ricerca di un significato per la propria vita, formulando ipotesi di risposta ai grandi interrogativi esistenziali:

  • sulla natura dell’uomo;
  • sul senso e il fine della vita;
  • sul bene e sul male;
  • sul peccato;
  • sull’origine e lo scopo del dolore;
  • sulla via per raggiungere la felicità;
  • sulla morte;
  • sull’aldilà.

Vi lascio alcuni link per introdurci al percorso di ricerca di alcuni personaggi.
Si tratta di uomini che si sono lasciati interrogare dalla loro vita, che non si sono accontentati di risposte preconfezionate.

A questi link aggiungo alcune parti di un documento del Concilio Vaticano II, la Nostra Aetate, in cui la Chiesa ci dice qualcosa proprio sulla ricerca di senso che accompagna gli esseri umani e sulle religioni.

Abramo 
Buddha
Agostino
SanFrancesco  

 

Religione e cultura

In una delle pagine del nostro libro di testo è riportata una frase di Plutarco ( biografo, scrittore e filosofo greco vissuto nel I secolo d.C.):

«Voi potete trovare una città senza mura, senza leggi, senza scuole, senza uso di monete. Ma nessuno ha mai visto un popolo senza dio, senza templi senza riti religiosi».

Indubbiamente gli edifici, i costumi, le tradizioni di un paese ci raccontano anche la religione delle persone che vi hanno abitato o che vi vivono.

Proviamo a immaginare un viaggio nella nostra città o in altri luoghi non tanto distanti da noi.

Se cliccate sull’immagine si apriranno alcune schede che vi porteranno a scoprire quanto di religioso è intorno a noi.

Se volete approfondire il legame tra religione e linguaggio vi invito a cliccare qui.

Un buon incontro ti cambia la vita … in meglio

Ne abbiamo parlato a scuola. Le relazioni sono molto importanti per la nostra vita.
Ci siamo detti che nessuno si fa da solo e che siamo il risultato anche degli incontri che facciamo.
Siamo veramente fortunati (o saggi e intelligenti, perché non tutto è frutto del caso) quando incontriamo persone che contribuiscono in modo positivo alla nostra crescita.
Crescere in umanità è una sfida grande alla quale siamo chiamati, e non si cresce in umanità se rimaniamo ingabbiati nel nostro egoismo, nei capricci e nella superficialità che ci impediscono di capire cosa fa veramente bene alla nostra vita.

Il video che vi propongo è il trailer di un documentario che racconta la storia di alcune persone la cui vita è stata trasformata in modo positivo da un incontro.

Per approfondire andate qui.

Prendere appunti da un testo scritto

Imparare a studiare è apprendere un metodo (fatto di tante strategie) che rende più sicuro, spedito, adeguato il percorso scolastico.

Penso che la maggior parte di chi di voi mi dice che non gli piace studiare, è perché non è capace di farlo.
Come non si impara ad andare in bicicletta non provandoci, così non si può imparare a studiare non studiando.
Capisco che sia faticoso stare sui libri ma, ve lo garantisco, vale la pena provarci.
Quante sbucciature sulle mie ginocchia! Ma alla fine ho imparato ad andare in bicicletta!
Come contributo per uno studio più efficace e alla fine meno faticoso (immaginatevi quando barcollavate sulla bici e quanto invece adesso andate spediti e sicuri), vi lascio una scheda che vi aiuta a capire i vari passaggi da fare per prendere appunti da un testo scritto.
Cliccate sull’immagine della bicicletta e incominciate a “pedalare” (studiare).