Se non si vuole rinunciare ad Halloween…..

Sapete già come la penso su Halloween, quindi non mi ripeto. Dico solo una cosa: se capissimo veramente il senso di quello che facciamo e riscoprissimo la bellezza di quello a cui rinunciamo, all’orrido e alle zucche preferiremmo altro.
Se pensate che non si può proprio rinunciare ad Halloween, ecco il mio suggerimento (trovato su FB).

Io non ero come il mio assassino

In questi giorni abbiamo ricordato, anche a scuola, la promulgazione delle leggi razziali in Italia e il rastrellamento del Ghetto di Roma. Che pagine tristi della nostra storia! Abbiamo il dovere di ricordare, perché quelle tragedie non si ripetano. Abbiamo il dovere di ascoltare perché nessuno abbia mai più da soffrire per la barbarie degli uomini.
Liliana Segre è stata testimone della crudeltà che si è abbattuta su uomini, donne e bambini senza colpa. Perché non può essere una colpa l’appartenenza ad una religione o ad una tradizione diversa. Gli esseri umani sono capaci di grandi cose, ma anche di coltivare il seme dell’odio e del disprezzo della vita di altri. Liliana Segre, che l’odio e il disprezzo l’aveva vissuto sulla sua pelle, ha avuto la forza e il coraggio di rimanere fedele a quell’umanità che le era stata negata ma che le appartiene. Ascoltate con attenzione le sue parole.

 

I bambini ci insegnano la solidarietà

La vera solidarietà nasce dalla comprensione del dolore e del bisogno dell’altro. Solo così possiamo anche essere giusti, perché siamo veramente capaci di fare agli altri ciò che vorremmo che gli altri facessero a noi. Questa “regola” è alla base del vivere nella pace e nella giustizia perché ci allontana da ogni prepotenza e mancanza di rispetto per gli altri. Quanto è difficile, però, accorgersi dei bisogni altrui! Sempre pronti a rivendicare i nostri diritti, molte volte ci scordiamo dei diritti degli altri e dei nostri doveri. Eppure è più facile di quello che pensiamo. Certo che, se il nostro sguardo non è attento …..

Guardate questo video. Ancora una volta sono proprio i bambini ad insegnarci come dovrebbe “funzionare” la vita.

E se la riservatezza non fosse solo un diritto ma anche un dovere?

Già dalla scuola primaria i nostri studenti postano immagini che li riguardano. So che amano tantissimo creare storie in Instagram. Gli alunni mi dicono che durano 24 ore per poi sparire. Ma spariscono veramente?
Credo che, contrariamente a tutta questa affannosa ricerca di celebrità che i ragazzi, e non solo, cercano attraverso i social, sia necessario riscoprire quella che considero una virtù: la riservatezza. «Essere riservati – trovo in un articolo di Popotus del 25 settembre -, infatti, non significa avere qualcosa da nascondere. Molto più semplicemente, significa preferire il silenzio agli schiamazzi, significa non mettersi in mostra, significa conservare nel proprio cuore quello che abbiamo di più caro anziché parlarne con il primo che capita»
In un suo bellissimo testo, Dove gli angeli esitano, Gregory Bateson  fece l’elogio del sacro, che identificava con il silenzio, la riservatezza, il rispetto per quelle zone della vita dove, riprendendo un verso di Alexander Pope, gli angeli esitano a posare il piede e dove gli stolti si precipitano vociferanti. Penso che oggi, aiutati (?!) anche dalla tecnologia, di vociferanti stolti se ne trovino parecchi.
Abbiamo veramente bisogno di recuperare la dimensione “sacrale” della nostra vita, evitando di sbandierare ai quattro venti tutto quello che ci riguarda.
Gli amici non sono quelli di Instagram o di Facebook, ma quelle care e rare (non si possono avere 5000 amici) persone con cui è possibile aprire il cuore.
Se la privacy (oggi ci piace usare questo termine) è un diritto, io penso che debba anche essere un dovere da insegnare ai bambini. Non sto certamente “istigando” all’omertà, ma a quel senso del limite che ci permette di difendere noi stessi dall’indiscrezione altrui.
La riservatezza sarà anche fuori moda, ma rimane l’unico strumento che ci permette di non sprecare niente della nostra vita.