Papa Francesco spiega il matrimonio ai giovani

C’è una cosa nella Bibbia che a me colpisce tanto: alla fine della Creazione del mondo, dice che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, e dice: “Li creò maschio e femmina, tutti e due a sua immagine e somiglianza”. Questo è l’amore. Quando tu vedi un matrimonio, una coppia di un uomo e una donna che vanno avanti nella vita dell’amore, lì c’è l’immagine e la somiglianza di Dio. Come è Dio? Come quel matrimonio. Questa è l’immagine e somiglianza di Dio. Non dice che l’uomo è immagine e somiglianza di Dio, la donna è immagine e somiglianza di Dio. No: tutti e due, insieme, sono immagine e somiglianza di Dio. E poi continua, nel Nuovo Testamento: “Per questo, l’uomo lascerà suo padre e sua madre, per diventare con sua moglie una sola carne”. Questo è l’amore. E qual è il compito, dell’uomo nell’amore? Rendere più donna la moglie, o la fidanzata. E qual è il compito della donna nel matrimonio? Rendere più uomo il marito, o il fidanzato. E’ un lavoro a due, che crescono insieme; ma l’uomo non può crescere da solo, nel matrimonio, se non lo fa crescere sua moglie e la donna non può crescere nel matrimonio se non la fa crescere suo marito.
E questa è l’unità, e questo vuol dire “una sola carne”: diventano “uno”, perché uno fa crescere l’altro. Questo è l’ideale dell’amore e del matrimonio.
Papa Francesco ai giovani italiani, Circo Massimo, Sabato, 11 agosto 2018

Incontrare la Vita dove regna la morte

Non tutti i “perché” hanno una risposta. Perché soffrono i bambini, per esempio? Chi mi può spiegare questo? Non abbiamo la risposta. Soltanto, troveremo qualcosa guardando Cristo crocifisso e sua Madre: lì troveremo una strada per sentire nel cuore qualcosa che sia una risposta.
[…] Cari giovani, è possibile incontrare la Vita nei luoghi dove regna la morte? Sì, è possibile. Verrebbe da rispondere di no, che è meglio stare alla larga, allontanarsi. Eppure questa è la novità rivoluzionaria del Vangelo: il sepolcro vuoto di Cristo diventa l’ultimo segno in cui risplende la vittoria definitiva della Vita. E allora non abbiamo paura! Non stiamo alla larga dai luoghi di sofferenza, di sconfitta, di morte. Dio ci ha dato una potenza più grande di tutte le ingiustizie e le fragilità della storia, più grande del nostro peccato: Gesù ha vinto la morte dando la sua vita per noi. E ci manda ad annunciare ai nostri fratelli che Lui è il Risorto, è il Signore, e ci dona il suo Spirito per seminare con Lui il Regno di Dio. Quella mattina della domenica di Pasqua è cambiata la storia: abbiamo coraggio!

Quanti sepolcri – per così dire – oggi attendono la nostra visita! Quante persone ferite, anche giovani, hanno sigillato la loro sofferenza “mettendoci – come si dice – una pietra sopra”. Con la forza dello Spirito e la Parola di Gesù possiamo spostare quei macigni e far entrare raggi di luce in quegli anfratti di tenebre.
Papa Francesco ai giovani italiani, Circo Massimo, Sabato, 11 agosto 2018

Papa Francesco e i sogni

I sogni sono importanti. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza in ogni azione quotidiana. E i sogni dei giovani sono i più importanti di tutti.
Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato; non potrà capire la vita, la forza della vita. I sogni ti svegliano, di portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità. Ecco, voi avete nel cuore queste stelle brillanti che sono i vostri sogni: sono la vostra responsabilità e il vostro tesoro. Fate che siano anche il vostro futuro! E questo è il lavoro che voi dovete fare: trasformare i sogni di oggi nella realtà del futuro, e per questo ci vuole coraggio….
Certo, i sogni vanno fatti crescere, vanno purificati, messi alla prova e vanno anche condivisi. Ma vi siete mai chiesti da dove vengono i vostri sogni? I miei sogni, da dove vengono? Sono nati guardando la televisione? Ascoltando un amico? Sognando ad occhi aperti? Sono sogni grandi oppure sogni piccoli, miseri, che si accontentano del meno possibile? I sogni della comodità, i sogni del solo benessere: “No, no, io sto bene così, non vado più avanti”. Ma questi sogni ti faranno morire, nella vita! Faranno che la tua vita non sia una cosa grande! I sogni della tranquillità, i sogni che addormentano i giovani e che fanno di un giovane coraggioso un giovane da divano.
E’ triste vedere i giovani sul divano, guardando come passa la vita davanti a loro. I giovani – l’ho detto altre volte – senza sogni, che vanno in pensione a 20, 22 anni: ma che cosa brutta, un giovane in pensione! Invece, il giovane che sogna cose grandi va avanti, non va in pensione presto…
E la Bibbia ci dice che i sogni grandi sono quelli capaci di essere fecondi: i sogni grandi sono quelli che danno fecondità, sono capaci di seminare pace, di seminare fraternità, di seminare gioia, come oggi; ecco, questi sono sogni grandi perché pensano a tutti con il NOI.
Una volta, un sacerdote mi ha fatto una domanda: “Mi dica, qual è il contrario di ‘io’?”. E io, ingenuo, sono scivolato nel tranello e ho detto: “Il contrario di io è ‘tu’” – “No, Padre: questo è il seme della guerra. Il contrario di ‘io’ è ‘noi’”. Se io dico: il contrario sei tu, faccio la guerra; se io dico che il contrario dell’egoismo è ‘noi’, faccio la pace, faccio la comunità, porto avanti i sogni dell’amicizia, della pace.
Pensate: i veri sogni sono i sogni del ‘noi’. I sogni grandi includono, coinvolgono, sono estroversi, condividono, generano nuova vita. E i sogni grandi, per restare tali, hanno bisogno di una sorgente inesauribile di speranza, di un Infinito che soffia dentro e li dilata. I sogni grandi hanno bisogno di Dio per non diventare miraggi o delirio di onnipotenza. Tu puoi sognare le cose grandi, ma da solo è pericoloso, perché potrai cadere nel delirio di onnipotenza. Ma con Dio non aver paura: vai avanti. Sogna in grande….

[…] Ma voi non lasciatevi rubare i vostri sogni. C’è un ragazzo, qui in Italia, ventenne, ventiduenne, che incominciò a sognare e a sognare alla grande. E il suo papà, un grande uomo d’affari, cercò di convincerlo e lui: “No, io voglio sognare. Sogno questo che sento dentro”. E alla fine, se n’è andato, per sognare. E il papà lo ha seguito. E quel giovane si è rifugiato nel vescovado, si è spogliato delle vesti e le ha date al padre: “Lasciami andare per il mio cammino”. Questo giovane, un italiano del XIII secolo, si chiamava Francesco e ha cambiato la storia dell’Italia. Francesco ha rischiato per sognare in grande; non conosceva le frontiere e sognando ha finito la vita. Pensiamo: era un giovane come noi. Ma come sognava! Dicevano che era pazzo perché sognava così. E ha fatto tanto bene e continua a farlo.
[…] “E come faccio, Padre, per non farmi rubare i sogni?”. Cercate maestri buoni capaci di aiutarvi a comprenderli e a renderli concreti nella gradualità e nella serenità. Siate a vostra volta maestri buoni, maestri di speranza e di fiducia verso le nuove generazioni che vi incalzano.
“Ma come, io posso diventare maestro?”. Sì, un giovane che è capace di sognare, diventa maestro, con la testimonianza. Perché è una testimonianza che scuote, che fa muovere i cuori e fa vedere degli ideali che la vita corrente copre. Non smettete di sognare e siate maestri nel sogno. Il sogno è di una grande forza. “Padre, e dove posso comprare le pastiglie che mi faranno sognare?”. No, quelle no! Quelle non ti fanno sognare: quelle di addormentano il cuore! Quelle ti bruciano i neuroni. Quelle ti rovinano la vita.
“E dove posso comprare i sogni?”. Non si comprano, i sogni. I sogni sono un dono, un dono di Dio, un dono che Dio semina nei vostri cuori. I sogni ci sono dati gratuitamente, ma perché noi li diamo anche gratuitamente agli altri.
Offrite i vostri sogni: nessuno, prendendoli, vi farà impoverire. Offriteli agli altri gratuitamente.

Papa Francesco ai giovani italiani, Circo Massimo, Sabato, 11 agosto 2018

Stare dalla parte di Dio

Sono sempre stati molti i credenti che hanno usato Dio per dare un crisma sacrale alle proprie vittorie e ricchezze.
La Bibbia ha avuto bisogno di geni teologici e di molto tempo per riuscire a comprendere che stare dalla parte di Dio non significa stare dalla parte dei vincitori, e che il Dio nostro, quello dei nostri amici e quello dei nemici, è lo stesso Dio – perché se non fosse lo stesso Dio, anche YHWH, il Dio vero e diversissimo, sarebbe un idolo. E se il Dio dei perdenti è lo stesso Dio dei vincenti, se il Dio dei poveri è lo stesso Dio dei ricchi, se il Dio dei sani è lo stesso Dio dei malati, se il Dio dei forti è lo stesso Dio dei deboli, allora un messaggio che ci arriva dalla Bibbia (e dalle religioni non idolatriche) è la laicità di Dio. Perché Dio va lasciato fuori dai nostri affari e dalle nostre guerre, dalla nostra salute e dalle malattie nostre e degli altri, dalle nostre Borse e dalle speculazioni finanziarie. Possiamo trovarlo ovunque, in tutto e in tutti, ma non è il Dio biblico se lo troviamo soltanto dalla nostra parte.

Tratto da Avvenire del 12 agosto 2018, Non è solo il Dio dei forti di L. Bruni

Gli idoli, rovina dell’uomo

Pensiamo che l’idolatria abbia a che fare con gli uomini primitivi e che il primo comandamento “Non avrai altro Dio fuori di me” sia qualcosa di anacronistico. Niente di più falso!
Ce lo ha ricordato papa Francesco durante l’udienza di mercoledì 2 agosto.
Aiutandomi con le sue parole, proverò a spiegarvi perché l’idolatria riguarda anche noi e, soprattutto, perché ci faccia tanto male.
Il papa sottolinea come tutto può diventare idolo, perché è una tendenza umana che non risparmia sia i credenti che gli atei.
Dio, sul piano esistenziale, è ciò che sta al centro della propria vita e da cui dipende quello che si fa e si pensa, ma nell’uomo c’è la tentazione a mettere al centro qualcosa di più immediato, più terra terra, manipolabile, con l’idea che ci permetta di ottenere quello che vogliamo. Il mondo offre – come l’ha definito il papa – il “ supermarket” degli idoli, che possono essere oggetti, immagini, idee, ruoli.
Come si sviluppa un’idolatria? Il papa individua tre fasi a partire dalla lettura del comandamento nella sua interezza. Ecco le sue parole.

«Il comandamento descrive delle fasi: «Non ti farai idolo né immagine […]. / Non ti prostrerai davanti a loro / e non li servirai » ( Es 20,4-5).

La parola “ idolo” in greco deriva dal verbo “ vedere”. Un idolo è una “visione” che tende a diventare una fissazione, un’ossessione. L’idolo è in realtà una proiezione di sé stessi negli oggetti o nei progetti. Di questa dinamica si serve, ad esempio, la pubblicità: non vedo l’oggetto in sé ma percepisco quell’automobile, quello smartphone, quel ruolo – o altre cose – come un mezzo per realizzarmi e rispondere ai miei bisogni essenziali. E lo cerco, parlo di quello, penso a quello; l’idea di possedere quell’oggetto o realizzare quel progetto, raggiungere quella posizione, sembra una via meravigliosa per la felicità, una torre per raggiungere il cielo (cfr

Gen 11,1-9), e tutto diventa funzionale a quella meta.
Allora si entra nella seconda fase: «Non ti prostrerai davanti a loro» . Gli idoli esigono un culto, dei rituali; ad essi ci si prostra e si sacrifica tutto. In antichità si facevano sacrifici umani agli idoli, ma anche oggi: per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o semplicemente non generandoli; la bellezza chiede sacrifici umani. Quante ore davanti allo specchio! Certe persone, certe donne quanto spendono per truccarsi?! Anche questa è un’idolatria. Non è cattivo truccarsi; ma in modo normale, non per diventare una dea. La bellezza chiede sacrifici umani. La fama chiede l’immolazione di sé stessi, della propria innocenza e autenticità. Gli idoli chiedono sangue. Il denaro ruba la vita e il piacere porta alla solitudine. Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori. Pensiamo a tanta gente senza lavoro. Perché? Perché a volte capita che gli imprenditori di quell’impresa, di quella ditta, hanno deciso di congedare gente, per guadagnare più soldi. L’idolo dei soldi. Si vive nell’ipocrisia, facendo e dicendo quel che gli altri si aspettano, perché il dio della propria affermazione lo impone. E si rovinano vite, si distruggono famiglie e si abbandonano giovani in mano a modelli distruttivi, pur di aumentare il profitto. Anche la droga è un idolo. Quanti giovani rovinano la salute, persino la vita, adorando quest’idolo della droga.
Qui arriva il terzo e più tragico stadio:

«…e non li servirai» , dice. Gli idoli schiavizzano. Promettono felicità ma non la danno; e ci si ritrova a vivere per quella cosa o per quella visione, presi in un vortice auto-distruttivo, in attesa di un risultato che non arriva mai.
Cari fratelli e sorelle, gli idoli promettono vita, ma in realtà la tolgono.
Il Dio vero non chiede la vita ma la dona, la regala.
Il Dio vero non offre una proiezione del nostro successo, ma insegna ad amare.
Il Dio vero non chiede figli, ma dona suo Figlio per noi.
Gli idoli proiettano ipotesi future e fanno disprezzare il presente; il Dio vero insegna a vivere nella realtà di ogni giorno, nel concreto, non con illusioni sul futuro: oggi e domani e dopodomani camminando verso il futuro.
La concretezza del Dio vero contro la liquidità degli idoli. Io vi invito a pensare oggi: quanto idoli ho o qual è il mio idolo preferito? Perché riconoscere le proprie idolatrie è un inizio di grazia, e mette sulla strada dell’amore. Infatti, l’amore è incompatibile con l’idolatria: se un qualcosa diventa assoluto e intoccabile, allora è più importante di un coniuge, di un figlio, o di un’amicizia. L’attaccamento a un oggetto o a un’idea rende ciechi all’amore. E così per andare dietro agli idoli, a un idolo, possiamo persino rinnegare il padre, la madre, i figli, la moglie, lo sposo, la famiglia … le cose più care. L’attaccamento a un oggetto o a un’idea rende ciechi all’amore.
Portate questo nel cuore: gli idoli ci rubano l’amore, gli idoli ci rendono ciechi all’amore e per amare davvero bisogna esseri liberi da ogni idolo dagli idoli.

Qual è il mio idolo? Toglilo e buttalo dalla finestra!».