Il peso delle parole

Un vecchio ebreo, giunto a tarda età con la mente e la vista appannate, non riusciva più a leggere il suo libro di preghiere e la memoria, dopo aver iniziato anche l’orazione più comune, latitava e si confondeva. Allora decise di fare così: «Reciterò ogni giorno al mattino e alla sera l’alfabeto ebraico per cinque volte e tu, Signore, che conosci tutte le nostre preghiere, metterai insieme le lettere perché compongano le orazioni che non so più ricordare e dire».
Molte volte noi mettiamo insieme le parole senza dargli un senso, oppure, il senso glielo diamo, ma forse sarebbe stato meglio per noi non aver parlato. Quante volte, a scuola, c’è chi si lamenta per le battute dei compagni, oppure chi parla e straparla, senza rendersi conto (spero) di essere fastidioso, se non indisponente.
Vi dico sempre che le parole hanno un peso, che dovremmo pensare di più a quello che diciamo. Dio, nel racconto di Genesi, crea con la sua parola (vi ricordate: “E Dio disse…”?), e visto che noi siamo creati a sua immagine, con le nostre parole possiamo creare, ma, purtroppo, anche distruggere. Certo che, se facessimo come il vecchio ebreo della storia, affidando a Dio il compito di mettere insieme le parole, dalle nostre bocche non uscirebbero più cattiverie e fesserie di vario genere.
Mediate gente, meditate

Come si riconosce ciò che è giusto?

Come si riconosce ciò che è giusto?
Bella domanda.
Leggete cosa ha detto Benedetto XVI al Parlamento federale del Reichstag di Berlino, nel primo giorno del viaggio apostolico in Germania.
“Nella storia, gli or­dinamenti giuridici sono stati quasi sempre motiva­ti in modo religioso: sulla base di un riferimento alla Divinità si decide ciò che tra gli uomini è giusto. Contraria­mente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, un ordi­namento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del di­ritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e sog­gettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio. Con ciò i teo­logi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II a.C.. Nella pri­ma metà del secondo secolo precristiano si ebbe un incon­tro tra il diritto naturale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano [Cfr W. Waldstein, Ins Herz geschrieben. Das Naturrecht als Fundament einer men­schlichen Gesellschaft (Augsburg 2010) 11ss; 31-61].
In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale, che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cul­tura giuridica dell’umanità. Da questo legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta, attraverso il Me­dioevo cristiano, allo sviluppo giuridico dell’Illuminismo fi­no alla Dichiarazione dei Diritti umani e fino alla nostra Leg­ge Fondamentale tedesca, con cui il nostro popolo, nel 1949, ha riconosciuto «gli inviolabili e inalienabili diritti dell’uomo come fondamento di ogni comunità umana, della pace e del­la giustizia nel mondo».
Le vere fonti del diritto sono quindi la Natura e la Ragione fondate nella Ragione creatrice di Dio.
In classe cercheremo di capire meglio questo concetto.

Gesù, una storia vera?

Ho ritrovato su YouTube la puntata di Voyager del 12 settembre 2011, che parlava dell’esistenza storica di Gesù. Vi propongo la prima delle nove parti in cui è stata divisa la trasmissione.
Alle altre parti potete accedere al termine del video.

La scuola e gli zombies

Ho letto che Rossella ha scritto su Facebook che è tornata da pochi giorni nella “Città dei morti”, che sarebbe la scuola. Non chiedetemi chi è Rossella, perchè non è importante saperlo. Ciò che conta è che lei non fa altro che esprimere il disagio che provano anche alcuni di voi, alunni insofferenti alla scuola.
Mi è piaciuta la lettera che le ha scritto il Preside del Liceo Statale “G. Marconi” di Pescara, il Prof. Angelo Lucio Rossi (vedi Avvenire del 20 settembre 2011).
Ve ne riporto un passo.
Per questo inizio di anno scolasti­co ti chiedo di mettere in azione la tua libertà. Ti chiedo di giocarti con il cuore. La vita è unita se ci gio­chiamo con il cuore dentro la scuola, nella la fatica dello studio, dentro i rapporti con i professori e con la classe, dentro il sacrificio quotidiano. Mettiti in gioco con il cuore in quello che fai e che sei. Il cuore come desiderio insoppri­mibile di felicità, di bene, di verità, di giustizia. Non lasciare quel de­siderio che si è acceso l’estate nei luoghi di vacanza, sui muretti del­la tua città, nel volto di un ragazzo che ti piaceva. Rischia il tuo desi­derio dentro le aule per permette­re a quella che chiami ‘Città dei morti’ di rivivere attraverso il tuo desiderio Mettici il cuore. La giovinezza del cuore genera stu­pore, curiosità e desiderio. Nelle situazioni facili e difficili, nella fa­tica dello studio come nel tempo libero“.
“Mettici il cuore”. Mi è piaciuta questa espressione.
Soltanto il cuore può rigenerarci. Non importa se ci sono difficoltà e se c’è la paura di non farcela, perchè se ci appassioniamo alle cose tutto è superabile. La vita, anche quella che trascorriamo a scuola, merita entusiasmo, ricerca di qualcosa che ci renda migliori, che ci scrolli di dosso l’apatia e il malumore.
Possiamo farcela insieme a rendere la scuola una città di vivi e non di morti.
Non ci tengo proprio ad essere lo zombie di turno. E voi?

Dissociamo la fede da guerre e violenze

Dall’intervista al Prof. Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, pubblicata su Avvenire dell’11 settembre 2011.

“Sullo sfondo delle immagini drammatiche delle Torri che crollano ci saranno uomini di tutte le religioni che torneranno ad abbracciarsi. E’ un «Incontro per la Pace» del tutto particolare quello che la Comunità di Sant’Egidio organizza a Monaco da oggi, all’incrocio di due ricorrenze, dieci anni dall’11 settembre e venticinque dall’evento di Assisi. Ne parliamo con Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che oggi accoglierà qui in Baviera esponenti religiosi e personaggi politici da tutto il mondo.

Professor Riccardi, come vive quest’intreccio di date che suscitano forti ricordi ed emozioni?
Con un senso di angoscia ma anche con una grande speranza. Vede, per me l’11 settembre ha voluto dire due cose: da un lato lo choc per l’orribile violenza del terrorismo, dall’altro il sentimento di compassione universale, una solidarietà del dolore che ci fece dire “siamo tutti americani”. Poi è seguito un decennio molto duro in cui il terrorismo ha continuato a colpire in modo micidiale e, sull’altro fronte, si è riabilitato lo strumento della guerra per risolvere conflitti e affermare diritti. Un decennio in cui è cresciuta la cultura della violenza e anche nelle società sviluppate è maturato uno spirito antagonistico, tant’è che oggi la gente si ritrova più conflittuale. Tutto questo ci ha rafforzato nell’idea che lo spirito di Assisi è più che mai necessario. Come disse Giovanni Paolo II, l’incontro di Assisi nel 1986 segnò l’inizio di un nuovo modo d’incontrarsi tra i credenti delle diverse religioni, tutti consapevoli che Dio è la fonte della pace.
Però l’impressione diffusa è che la tragedia del 2001 abbia cancellato le speranze del 1986…
Lo so, per anni il dialogo è stato ridicolizzato come fosse una scelta ingenua, una debolezza smentita dalla logica dello scontro di civiltà. E molto significativo che Giovanni Paolo II fosse tornato ad Assisi nel gennaio 2002 per ribadire che un autentico atteggiamento religioso è legato alla pace. Non dimentichiamo che allora Papa Wojtyla venne considerato un visionario e un illuso, soprattutto nei riguardi dell’islam. I problemi esistono ma si risolvono cercando una convivenza nel dialogo e nel rispetto della libertà. E il fatto che Benedetto XVI tra meno di due mesi sarà ad Assisi nella ricorrenza della prima Giornata di preghiera per la Pace con leader religiosi di tutto il mondo non è per nulla rituale. E la conferma di quella che lui stesso ha definito «la puntuale profezia del mio predecessore». Papa Ratzinger ha ripreso la tradizione, aggiungendo una nota importante sulla ragionevolezza del dialogo che risulta fondamentale.
Qualcuno ironicamente ha definito la comunità di Sant’Egidio “l’Onu delle religioni”…
Mi piace di più la definizione, ironica ma affettuosa, di “Onu di Trastevere”…
A parte gli scherzi, noi siamo lontanissimi dall’idea secondo cui tutte le religioni sono uguali. No, non sono uguali, né da un punto di vista teologico né da quello morfologico, vale a dire della loro espressione concreta. Il sincretismo è il vero nemico del dialogo: si raffigura una religione vaga e universale, il che contraddice la verità e la realtà dei credenti. Ai nostri incontri partecipano da 25 anni uomini di religione veri che rappresentano le fedi dei loro popoli, insieme con umanisti laici.
Cosa vuol dire oggi, in questo momento storico che torna a farsi drammatico, riprendere lo “spirito di Assisi”?
In un mondo in cui le distanze si sono accorciate e la gente più diversa vive nelle stesse città c’è bisogno dello spirito di Assisi per ritrovare gli stessi fondamenti della convivenza civile. Un atteggiamento pacifico tra le religioni vuol dire prendere coscienza che le diversità non fondano odio o disprezzo ma rispetto reciproco tra popoli credenti. L’intuizione di venticinque anni fa si è rivelata geniale e fruttuosa. Lo spirito di Assisi ha soffiato forte nell’89, quando si sono coniugate libertà, fede religiosa e non violenza. Non è un caso che in quei giorni tenemmo il nostro meeting internazionale a Varsavia, da dove partì la rivoluzione pacifica contro i regimi comunisti dell’Europa dell’Est. Per noi la pace è un esercizio quotidiano proprio per cercare di dissociare il nome di Dio dalla guerra e dalla violenza, come ci ha invitato a fare Benedetto XVI. Abbiamo avuto l’onore e la gioia d’incontrarlo due giorni fa e ci ha incoraggiati ad andare avanti, interessandosi alle opere di solidarietà che conduciamo in varie parti del mondo, soprattutto in Asia e in Africa.
Professor Riccardi, cosa si aspetta dall’incontro di Monaco?
Siamo nel cuore d’Europa. Un’Europa cristiana, cattolica, ma anche un’Europa spaventata per il suo futuro. Questo terribile decennio si conclude all’insegna di una frastornante crisi economica dove i Paesi europei corrono il rischio di ripiegarsi su se stessi invece che prendersi le loro responsabilità di fronte al mondo. Come cittadini d’Europa e uomini di fede possiamo fare molto perché questo non avvenga.

Perchè aver paura della religione?

Non so se ci avete fatto caso, ma la commemorazione delle vittime dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle era priva di qualunque riferimento religioso. Non è stata recitata nessuna preghiera, nè vi erano rappresentanti delle religioni. La decisione era stata presa dal Comune di New York, forse per evitare ogni possibile polemica, visto che in agosto l’associazione American Atheists aveva intrapreso un’azione legale per far rimuovere la grande croce che campeggia a Ground Zero. Sembra quasi esserci un accanimento verso tutto quello che richiama la dimensione religiosa. Ma come è possibile sopportare una tragedia enorme, come quella delle Torri Gemelle, se non riconoscendo l’esistenza di un Mistero che ci permetta di intravedere una Presenza vincitrice sulla morte e sul male?
Condivido le parole di buon senso pronunciate da John Long, direttore della Federazione dei Cappellani dei Vigili del Fuoco per il Medio Atlantico:
“Non può esistere nemmeno una commemorazione funebre senza religione. Se non ci fosse Dio e il suo disegno sull’uomo, non avrebbe neppure senso iniziare un servizio funebre”.
Perchè aver paura della religione? Certo, dirà qualcuno, è stato nel nome di Dio che si è compiuta una tragedia simile. Ma è proprio nel nome di un Dio creatore, misericordioso, clemente (Padre, per chi è cristiano), che dobbiamo aborrire ogni forma di violenza e di disprezzo della vita umana. Perchè, allora, accanirsi contro la religione?

Mi è stato donato un corpo

Mi è stato donato un corpo: che farò di questo dono unico e mio? A chi dovrò essere grato di questa sommessa gioia di respirare ed esistere? Il mio respiro si posa già sui vetri dell’eternità, sì, il caldo del mio fiato – Scola via la fanghiglia dell’istante, rimane il caro disegno del mio essere“. (Osip E. Mandel’-tam, poeta russo, nato a Varsavia nel 1891 e morto in un lager staliniano presso Vladivostok forse nel 1938)
Alla vostra età ci tenete molto al corpo. A volte vi piace, altre volte meno. L’aspetto fisico incomincia a diventare una cura quasi ossessiva. Qualcuno si convince di dover dimagrire, qualcun altro di doversi rifare il naso nuovo, oppure di essere troppo basso o troppo alto.
Il corpo è una realtà che ci illudiamo di possedere, tanto da poterne fare ciò che vogliamo. A pensarci bene, però, il corpo è un dono divino che possiamo purtroppo sciupare, fino a buttarlo via. Pensate
al volto devastato di un drogato, o di chi si è imbruttito dietro una vita di eccessi. Questo corpo, che ci ricorda il passare inesorabile del tempo, è chiamato all’eternità. Chi crede sa che in questo corpo c’è l’impronta profonda di un “disegno” divino e trascendente, che ci rende “immagine” di Dio, come dice la Bibbia. Che fare, allora, di questo dono unico?
A noi la scelta: viverlo secondo l’immagine di Dio, oppure….
Meditate, ragazzi, meditate!

Primo giorno di scuola

Ci siamo. Oggi ricomincia la scuola.
I ragazzi di prima verranno coinvolti nel Progetto Accoglienza insieme ai “veterani”. La scuola vuole presentarsi nella sua veste migliore perchè crede nei ragazzi che è chiamata ad accogliere.
La scuola della vignetta non è quella che noi insegnanti vogliamo.
A volte mi chiedo, però, se facciamo di tutto per farlo capire ai ragazzi.
Insomma, cosa dovremmo dire ai ragazzi? Cosa avrebbero bisogno di ascoltare da noi?
Prendo in prestito le parole di Alessandro d’Avenia che ho letto su Avvenire del 10 settembre:
“Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. (…)
Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.
E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete, ditemelo.
Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri. Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno. Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano.
Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate solo l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi. E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite. Per questo, un giorno, vi ricorderò”.

Nulla giustifica il terrorismo

Lettera di Benedetto XVI all’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale statunitense monsignor Timothy M. Dolan nel decennale degli attacchi contro gli Stati Uniti

Grazia a lei e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo!
In questo giorno, rivolgo i miei pensieri ai tristi eventi dell’11 settembre 2001, quando così tante vite innocenti sono andate perdute nel brutale attentato alle torri gemelle del World Trade Center e negli altri attacchi a Washington D.C. e in Pennsylvania. Mi unisco a lei nell’affidare le migliaia di vittime alla misericordia infinita di Dio Onnipotente e nel chiedere al nostro Padre celeste di continuare a confortare quanti piangono la perdita dei loro cari.
La tragedia di quel giorno è resa ancor più grave dalla rivendicazione dei suoi autori di agire in nome di Dio. Ancora una volta, bisogna affermare senza equivoci che nessuna circostanza può mai giustificare atti di terrorismo. Ogni vita umana è preziosa allo sguardo di Dio e non bisognerebbe lesinare alcuno sforzo nel tentativo di promuovere nel mondo un rispetto autentico per i diritti inalienabili e la dignità degli individui e dei popoli ovunque.
Il popolo americano deve essere lodato per il coraggio e la generosità che ha dimostrato nelle operazioni di soccorso e per la sua tenacia nell’andare avanti con speranza e fiducia. Prego con fervore affinché un fermo impegno per la giustizia e per una cultura globale di solidarietà aiuti a liberare il mondo dal rancore che così spesso scatena atti di violenza e crei le condizioni per una pace e una prosperità maggiori, offrendo un futuro più luminoso e più sicuro.
Con questi sentimenti, porgo i miei saluti più affettuosi a lei, ai suoi fratelli Vescovi e a tutti coloro che sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale e imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica quale pegno di pace e di serenità nel Signore.

Dal Vaticano, 11 settembre 2011

BENEDETTO XVI