Vignetta tratta dal sito del simpaticissimo don Giovanni Berti (http://www.gioba.it) |
Torna sui social dopo il racconto del medico legale Cristina Cattaneo, in un’intervista pubblicata da Il Foglio, e la vignetta di Makkox su Twitter, una storia che risale al naufragio nel Mediterraneo del 18 aprile 2015.
Per ricordarla riporto alcuni passaggi tratti da un articolo di Daniela Amenta in www.globalist.it.
[…] Il cadavere del naufrago ha età apparente 14 anni, provenienza Mali. Indossa una giacchetta. All’interno della tasca una pagella cucita con cura. Ha ottimi voti. Questo ragazzino di cui non sappiamo, non sapremo il nome, aveva sperato in un lasciapassare per un mondo più libero e più giusto, un mondo più accogliente, con la sua pagella da “perla rara”. L’illustratore Makkox gli ha dedicato una struggente vignetta. Dolorosa. Di sale, come le lacrime. Di sale, che brucia.
C’è sempre un prima e un dopo nelle storie dei migranti, così simili a quelle dei terremotati, di chi a un certo punto si trova costretto a lasciare, a fuggire, ad andare via di corsa dalla sua casa e porta con sé, un particolare che fa la storia. Una foto, una ciocca di capelli, un documento, uno scritto, un biberon, una maglietta. Sono le ferite loro e le cicatrici nostre. Sono storie negate che galleggiano. Una pagella per dire al mondo: prendetemi con voi, studio e sono bravo.
Non è arrivato in tempo per dircelo. Chissà che ingegnere abbiamo perso, che meccanico, che fisico, che matematico o che poeta.
Età apparente 14 anni. Com’è profondo il mare. Come sono buie, buie come un pozzo, le coscienze di chi non alza un dito davanti a questa strage.
Da Popotus del 13 dicembre 2018
Piccolo o grandissimo, artistico o casalingo, il presepe riassume lo spirito del Natale. Ed è bellissimo prepararlo insieme, lavorare la carta stagnola per il cielo e il laghetto, decidere in che ordine mettere le pecore, trovare il posto giusto, magari un po’ nascosto, per il pastore addormentato. Di fronte alla grotta di Gesù Bambino anche chi non è lo più torna piccolo. Riscopre l’importanza della famiglia, prepara il cuore alla festa, sente il desiderio di dividere quel che possiede con chi ha meno. Perché il presepe ci dice proprio questo: che abbassarsi rende grandi, che tutti sono invitati alla festa del Signore, che gli ultimi, i più soli, sono i primi agli occhi del Padre.
La Natività ci rivela l’amore folle di un Dio che si fa bambino, che pur di starci accanto accetta il freddo e la povertà, che agli applausi dei vip, degli uomini importanti, preferisce l’allegria semplice, un po’ grossolana, di chi ha le mani sporche di fatica.
Per questo stupisce e fa male vedere il presepe impugnato come un bastone, diventare “segno” che divide, sentir dire che è un obbligo farlo, che chi non lo accetta va considerato straniero e non ha posto tra noi. Ma sbagliato sarebbe anche modificare la realtà delle cose, presentare Giuseppe e Maria come naufraghi, cosa non vera, in nome di una battaglia politica contro misure, ingiuste, a danno dei poveri. Non serve, non ce n’è bisogno.
Il messaggio del presepe è semplice, per capirlo basta avvicinarsi. Guardando la povertà della mangiatoia, la grotta fredda dove nasce il Dio Bambino, diventa facile volere bene ai piccoli, si sente il bisogno di essere più accoglienti, viene spontaneo ringraziare. No, il presepe non è un muro di separazione ma una lezione di ospitalità, il coraggio dei miti opposto all’arroganza dei forti, l’abbraccio che si stringe al petto chi non ha voce. I poveri, gli stranieri, gli ultimi, gli scartati.
In questi giorni ho proposto agli alunni di seconda media una seria riflessione sui rischi della condivisione via social. Condividere, stavamo vedendo con riferimento alla nuova proposta didattica, è un bel verbo che rischia però di diventare qualcosa di poco piacevole e intelligente quando lo mettiamo in atto in modo poco critico, come spesso accade sui social.
Con riferimento ai fatti accaduti a pochi chilometri da noi, e senza demonizzare nessuno, ci siamo resi conto come visualizzazioni e condivisioni in Rete creano fenomeni mediatici di dubbio gusto e dubbio talento. Certo, basta “acchiappare” quello che il pubblico vuole (e già questo, di per sé è alquanto triste e avvilente) o creare un personaggio che incuriosisca, stimoli inconfessati desideri o pulsioni, e lasciare che sia proprio questo pubblico a scatenarsi nella condivisione. Il gioco è fatto. E’ nato il fenomeno del momento. Anche le fake news trovano spazio in questo impulso acritico alla condivisione. Domande:
Tutto, ma proprio tutto, va condiviso?
Siamo consapevoli che con i nostri click e i nostri like anche noi finiamo per diventare complici della circolazione di tutta la “spazzatura” che si trova nel web?
MIUR e “Generazioni Connesse” nel 2015 hanno varato una campagna di consapevolezza sull’uso di Internet. Sette personaggi, alle prese con situazioni legate al web, aiutano i ragazzi a rendersi conto dei comportamenti rischiosi o sbagliati nella Rete.
Cliccando sull’immagine potrete accedere alla pagina che vi permetterà di conoscere i personaggi della serie e di vedere il promo di tutti i cartoni animati realizzati per la vostra navigazione in Internet più sicura e intelligente.
Per riconoscere i contributi scientifici dell’astronomo belga Georges Lemaître alla teoria scientifica dell’espansione dell’universo (quella che parla del Big Bang, per intenderci), la International Astronomical Union (IAU) ha deciso di raccomandare che la legge di Hubble venga rinominata legge di Hubble-Lemaître.
Padre Lemaître pubblicò le sue idee due anni prima che Hubble descrivesse le sue osservazioni in base alle quali le galassie più lontane dalla Via Lattea si allontanano più velocemente.
La IAU ha affermato che la risoluzione per suggerire di rinominare la legge di Hubble è stata presentata e discussa nella sua Assemblea Generale a Vienna (Austria) ad agosto. La votazione elettronica, aperta a più di 11.000 membri, si è conclusa il 26 ottobre. Oltre 4.000 membri hanno votato, e il 78% si espresso favorevolmente.
Nel 1927 Lemaître aveva calcolato una soluzione alle equazioni della relatività generale di Albert Einstein che indicava come l’universo non potesse essere statico, ma fosse in espansione. Questa affermazione fu sostenuta con una serie limitata di misure previamente pubblicate delle distanze delle galassie e della loro velocità, calcolate in base all’effetto Doppler. I risultati a cui giunse furono pubblicati in francese su una rivista belga poco nota. Per questo passarono praticamente inosservati.
Due anni dopo, nel 1929, Hubble pubblicava le proprie osservazioni mostrando un rapporto lineare tra la velocità e la distanza per le galassie che si allontanavano. Questa legge divenne nota come legge di Hubble.
(notizia tratta da it.aleteia.org, 31 ottobre 2018)
Ho scoperto una parola nuova: hater.
Così è chiamato chi esprime odio nei confronti di un determinato soggetto in spazi di discussione pubblica, in particolare in quelli presenti nel World Wide Web, come i forum e siti come YouTube.
Purtroppo, se questo è il significato, devo dire di essermi imbattuta in qualche hater: a volte persone insospettabili che scatenano i loro istinti più biechi proprio nei social diffamando, o sputando veleno, a destra e a manca.
Quella che una volta era la pessima abitudine al pettegolezzo, alla maldicenza o all’insulto, è dal web elevata all’ennesima potenza, con effetti collaterali deprecabilissimi, come la traccia che rimane nella rete praticamente per sempre e la vastità del pubblico raggiunto. E’ chiaro che quando il web diventa un luogo dove seminare odio verso qualcuno, ci può stare qualche – perdonate l’espressione – altro imbecille (perché il primo è l’hater), che potrebbe sentirsi chiamato a compiere chissà quali azioni ai danni del soggetto preso di mira.
La scoperta di questa nuova parola è legata ad una notizia di qualche giorno fa: Bebe Vio è stata insultata e minacciata su Facebook. Vi rendete conto? Una campionessa paralimpica, testimone di coraggio e di tenacia, viene presa di mira e minacciata in una pagina creata appositamente per questo!
Ma cosa c’è nel cervello di queste persone? O meglio, cosa non c’è?!!!
In modo spiritoso e intelligente, ce lo dice proprio Bebe con Alessandro Cattelan.
Tema Seamless Keith, sviluppato da Altervista
Apri un sito e guadagna con Altervista - Disclaimer - Segnala abuso