Da Avvenire del 20/12/09, articolo di Giorgio Paolucci
«La “roba” è stata la punta di iceberg del mio malessere. Sotto quell’immagine di tossico che mi ero creato c’erano sofferenza, solitudine, rabbia verso tutti, ma soprattutto verso la mia storia. Non riuscivo a guardare negli occhi nessuno, tale era la vergogna che provavo. E quando sono arrivato in comunità ho alzato il muro: “Con me è tempo perso, non ci provate neanche, io resterò sempre così”. Ma guardando gli altri ragazzi intorno a me, il loro cambiamento, e sentendomi amato dagli educatori che si curavano di me come di un fratello, il muro che avevo costruito attorno a me ha cominciato a incrinarsi. Grazie a loro ho ritrovato la stima di me. Ho capito che, qualsiasi cosa accada, il cuore non mente mai, e se lo ascolti la vita può ricominciare ». Parole scandite con decisione da Massimiliano, un veronese di 21 anni che, dopo un percorso di recupero durato due anni e mezzo, ha celebrato la sua ‘festa delle dimissioni’ assieme ad altri undici giovani ospiti della comunità ‘L’Imprevisto’ di Pesaro. Ad ascoltarlo ieri mattina, in un silenzio carico di commozione, trecento persone che gremivano il Teatro sperimentale della città marchigiana: le famiglie dei dimessi, altri giovani che stanno facendo lo stesso percorso, il vescovo della città, monsignor Piero Coccia, e le autorità civili.
Gioventù bruciata, riscattata dall’errore e rilanciata nella società con un’energia prima sconosciuta e spesso insospettabile. Come quella di Emidio di Ascoli Piceno, ospitato dall’Imprevisto per un periodo di ‘messa alla prova’ (la sospensione della pena decisa dal giudice per i minori che hanno commesso reati)durante il quale ha riacquistato fiducia in se stesso e ha ritrovato uno sguardo positivo sull’esistenza. «Sono stati due anni di incomprensioni, scontri verbali anche duri con gli operatori della comunità – ha raccontato Emidio –. Ma oggi riconosco che grazie a loro la mia vita ha cominciato a cambiare. Ho ripreso a studiare, a luglio ho preso la maturità di geometra, da settembre sto facendo volontariato alla Croce verde e ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Scienze infermieristiche: è un modo per diventare protagonista positivo e per ripagare la società degli errori commessi».Silvio Cattarina, sociologo, psicologo, pioniere e leader dell’Imprevisto, ma soprattutto grande padre dei giovani che da vent’anni vengono ospitati nell’edificio che spalanca le sue finestre sul mare, riassume così l’attività di recupero: «Non si può lottare, non si può vincere senza ripartire dall’umano. La crisi più acuta è la mancanza di speranza verso il cuore dell’uomo. L’Imprevisto costruisce giorno per giorno per sostenere questa speranza. Chinandosi sulle ferite dell’uomo, come ha fatto e continua a fare Gesù».
Lo sballo e la ‘ripartenza’ nel racconto degli ospiti di una comunità di recupero di Pesaro che ieri hanno celebrato la festa delle loro dimissioni al termine del percorso di recupero.