«Vado in Europa perché voglio studiare e lavorare», ha detto a se stesso prima che agli altri, ma cos’era questa Europa nemmeno lo sapeva. Come un Eldorado o l’America dei nostri nonni, l’Europa di Khalif doveva essere la fine di ogni tribolazione, il luogo in cui si mangia tutti i giorni, la gente non si uccide per strada, i piccoli vanno a scuola e non a fare il soldato, se stai male ti curano. «Studiare e lavorare». È questa la benzina che lo ha fatto marciare per un anno, tra gli stenti, il lavoro forzato per pagarsi il viaggio, le botte, i ricatti, la prigione. Gli ultimi mesi li ha passati in Libia, l’inferno sulla terra, finché una notte ha avuto il suo angolino su un gommone e ha affrontato il mare nero…
A salvarlo è stata la ‘Mare Jonio’, ormai nota come ‘la nave dei bambini’, tanti ne portava a bordo. «Quando sarò in Europa potrò mandare soldi ai miei genitori », ha spiegato sei giorni fa al giornalista di Avvenire, Nello Scavo, a bordo della Mare Jonio, prima di essere sbarcato dai soccorritori della Guardia Costiera sulla spiaggia di Lampedusa.
Hai qualcuno ad aspettarti in Italia o in altri Paesi? « Non ho nessuno. Farò tutto da solo». Che paura può fare un continente intero, pur sconosciuto e poco accogliente, quando a nove anni si è già traversato il Sahara e si ha vinto la sfida con il mare?
Adattato da Avvenire del 4 settembre 2019
A chi lo ha intervistato non voleva raccontare quello che ha dovuto affrontare: gli insulti degli aguzzini libici; i capricci sporchi dei guardiani della prigione; i piedi che ti fanno male per quante volte ti hanno picchiato perché ti mettessi in riga e chiedessi altri soldi.
Voleva che si sapesse il perché del suo viaggio: «Vado in Europa perché voglio studiare e lavorare»