Aprire i quotidiani, oggi, significa imbattersi in vicende così assurde, in cui dire ‘vero’ a ciò che è verità, sembra sacrilego e, dire ‘male’ a ciò che è peccato, blasfemo.[…]
M’impressiona l’opera di Afifa Aleiby, una donna irachena passata dentro la storia drammatica del suo Paese. Una pittrice che ha vissuto a Mosca, poi a Firenze poi in Olanda. Una donna la cui arte, dai tratti statuari e dolci, sa essere a volte un manifesto contro i ritardi dell’uomo contemporaneo. È il caso di questo strano atelier in cui ella ci introduce, dove il pittore, l’artista, sembra assopito dalle ubriachezze serali e dorme sopra un tamburo.
Sì, questo atelier mi sembra il panorama del nostro tempo.
La Bellezza c’è, percorre le nostre strade, si veste ora della voce del Santo Padre, ora della voce di mille uomini di buona volontà (anche dell’agnostica Afifa Aleiby), eppure nessuno se ne cura. L’emanazione della sua verità rimane morta come la pietra romana e muta come il pittore addormentato.
Preferiamo le nostre scontate misure, come quelle del mascherone antico, piuttosto che sostenere lo sguardo di quella donna che vestita solo del lenzuolo attende che tu possa interpretare con intelligenza la sua bellezza. Forse tocca a tutti noi fare uno sforzo e svegliarci da questo sonno, per imparare di nuovo a guardare, per imparare ad accorgersi che la bellezza, come la modella di Afifa, sta guardando noi, proprio ora. La bellezza della verità non può avere molti volti e molti risvolti, ma possiede solo lo sguardo assoluto dell’oggettiva semplicità.
Maria Gloria Riva in Avvenire dell’11/07/2013