Una cosa più grande

A conclusione di questo anno scolastico, spero di avervi lasciato l’idea, cari studenti, che ci sono domande di senso che accompagnano la nostra vita e che c’è qualcosa di più grande che ci riguarda. Come ogni anno siamo partiti dalla realtà in cui viviamo (e che viviamo) per provare ad avere uno sguardo più ampio che ci aprisse alla ricerca umana di senso e al confronto con il mondo della religione. Certo, il focus era puntato sulla religione cattolica ma il grandangolo 😉 ci ha permesso di conoscere e confrontarci con altri sistemi di significato. Vi saluto tutti, cari ragazzi, con questa canzone, che può essere letta con quello sguardo che ci fa intravvedere un oltre a cui, in quanto umani, tendiamo.

 

Raccontare la dislessia con una canzone

Lorenzo Baglioni – L’arome Secco Sè (Official Music Video w/Lyrics)

“L’arome Secco Sè” è il mio nuovo singolo, in collaborazione con AID (Associazione Italiana Dislessia). Tutto il ricavato della vendita della canzone verrà destinato ai progetto di AID a favore dei ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento per cui fatevi sotto! (Testo sotto/English Translation below) Spotify (L’arome secco sè) ▶ https://open.spotify.com/album/1gARpz9T7vaeeBuNnu4AkO?si=aCwh2VBPTCSU_0aueLig5g iTunes (L’arome secco sè) ▶ https://itunes.apple.com/it/album/larome-secco-s%C3%A8/1453201565?i=1453201567 Iscrivetevi al canale!

Io sono l’altro

Vorrei cominciare il nuovo anno scolastico con questa canzone.
Il confronto con l’altro ci appartiene, nel bene e nel male. A questo confronto dobbiamo essere pronti per fare un “giro con i vestiti dell’altro”, perché solo così possiamo aprirci, guardare il mondo senza preconcetti, assumerci le nostre responsabilità. Tante delle situazioni raccontate nella canzone fanno parte del quotidiano, anche di quello che viviamo a scuola.
Il mio augurio è di sentirci pronti a questo “rispecchiamento”, disponibili ad accogliere e a comprendere, per fare “un giro” che ci permetta di crescere. Mente, Cuore e Spirito.

 

Ecco il testo.

Io sono l’altro
sono quello che spaventa
sono quello che ti dorme nella stanza accanto
Io sono l’altro
puoi trovarmi nello specchio
la tua immagine riflessa
il contrario di te stesso
Io sono l’altro
sono l’ombra del tuo corpo
sono l’ombra del tuo mondo
quello che fa il lavoro sporco
al tuo posto

Sono quello che ti anticipa al parcheggio
e ti ritarda la partenza
il marito della donna di cui ti sei innamorato
sono quello che hanno assunto
quando ti hanno licenziato
quello che dorme sui cartoni alla stazione
sono il nero sul barcone
sono quello che ti sembra più sereno
perché è nato fortunato o solo perché ha
vent’anni di meno
Quelli che vedi
sono solo i miei vestiti
adesso facci un giro
e poi
mi dici
e poi

Io sono il velo
che copre il viso delle donne
ogni scelta o posizione che non si comprende
Io sono l’altro
quello che il tuo stesso mare
lo vede dalla riva opposta
Io sono tuo fratello
quello bello

Sono il chirurgo che ti opera domani
quello che guida mentre dormi
quello che urla come un pazzo e ti sta seduto accanto
il donatore che aspettavi per il tuo trapianto
sono il padre del bambino handicappato che sta in classe con tuo figlio
il direttore della banca dove hai domandato un fido
quello che è stato condannato il Presidente del consiglio
Quelli che vedi
sono solo i miei vestiti
adesso vacci a fare un giro
e poi
mi dici
e poi
mi dici….

Ho bisogno di credere

Fabrizio Moro commenta così il suo nuovo singolo: «Credo nelle buche dove sono inciampato, e credo nei giorni in cui ho sbagliato perché ogni mio errore, nel bene e nel male, mi ha reso quello che sono oggi… un essere umano con tanti limiti ma, consapevole che nella vita, oltre alla libertà, va ricercata la fede… qualsiasi essa sia, la fede ti dà la forza di continuare a camminare anche se le tue ginocchia sono ormai rotte. “Ho bisogno di credere” racconta questo, racconta ogni passo fatto con la speranza che le scarpe di “ferro pesante” che portiamo, un giorno possano diventare più leggere in un percorso di totale scetticismo.»

Anime viaggianti

Eccoci. Inizia un nuovo anno scolastico.
Come ogni settembre, da trenta anni a questa parte, incontrerò classi nuove e rivedrò “vecchi” alunni. Come ad inizio di ogni anno, mi troverò a ricordare agli studenti il perché staremo insieme e cercherò di far percepire quanto ognuno di loro sia importante, perché questo nostro incontrarci non è a caso e dovrebbe diventare occasione di crescita umana per tutti noi.
Crescere umanamente: questo è il compito che abbiamo, ed il mondo oggi come ieri ha bisogno di uomini e donne che siano espressione di un’umanità bella e vera.
Siamo, come dice una canzone, anime viaggianti in cerca di ideali, perché, come scriveva Dante, siamo nati per la virtù e la conoscenza.
Certamente questo viaggio verso la riuscita umana è faticoso perché (ricordo ancora i versi di questa canzone) i nostri cuori non sono pienamente liberi, ma prigionieri. Di che? Qui la canzone rimane sul vago, ma posso immaginare, come lo immaginate senz’altro anche voi, quali siano le catene che ci imprigionano, che ci portano a non essere liberi veramente ma ad assumere comportamenti spesso ridicoli e disarmanti.
Un altro mondo è possibile, sentiamo dire in questa misteriosa canzone. E di questo mondo “altro” noi tutti sentiamo il desiderio. Pensate: niente più guerre, odio, povertà.
Siamo anime viaggianti perché sentiamo che la vita è un cammino verso una pienezza che ancora non ci appartiene ma che può diventare nostra. Per questo dobbiamo interrogarci ed evitare di incamminarci in avventure che non portano da nessuna parte.
Questo viaggio alla ricerca di noi stessi e del senso da dare alla vita lo faremo anche attraverso tante testimonianze di coloro che, prendendo spunto da un libro che ho letto questa estate, definirei “avventurieri dell’eterno”.
Un altro mondo possibile c’è e lo sto cercando insieme a te, anzi insieme a voi.
Buon principio a tutti noi.
 Ah, dimenticavo. Se volete ascoltare la canzone a cui ho fatto riferimento, cliccate sull’immagine.


Le lingue dei nomadi

Vi siete mai chiesti che lingua parlano i nomadi?
Ho trovato un’interessante articolo su Popotus dell’8 marzo 2018 che ci aiuta a capire quanto sia complesso e affascinante il mondo di coloro che chiamiamo, in tono sbrigativo e spesso sprezzante, zingari.
«Difficile dare una risposta, perché si tratta di popolazioni che da secoli non risiedono in un luogo fisso, ma sono sparse in varie parti d’Europa e d’Italia e perfino negli Stati Uniti.
Intanto cerchiamo di conoscere e interpretare in modo corretto i nomi degli appartenenti ai vari gruppi di nomadi (chiamati genericamente zingari, parola di origine greca): si distinguono in rom (che nella loro lingua significa “uomo, essere umano”), sinti (parola che deriva da Sindh, regione del Pakistan dalla quale provengono), o camminanti (e in questo caso è facile capire perché si chiamano così).
In Italia le popolazioni nomadi arrivarono nel Quattrocento: oggi i nomadi sono circa 140.000, ma molti di loro hanno preso da tempo la cittadinanza italiana. La loro lingua si chiama romanì o romanés, e comprende tante varietà diverse, a seconda delle lingue con le quali questi gruppi sono venuti in contatto durante i loro viaggi.
La lingua romanì o romanés discende dai dialetti parlati anticamente nell’India settentrionale, da dove quelle popolazioni partirono. Molte parole di questa lingua derivano dal persiano, dal curdo, dall’armeno, dal greco, e stanno a testimoniare il lungo percorso fatto tra l’VIII e il XII secolo d.C. dalle popolazioni nomadi dall’India fino all’Europa. In Italia le comunità rom e sinti si stanziarono anticamente in Piemonte, Lombardia ed Emilia, poi nella prima metà del Novecento arrivarono i rom provenienti dalla Slovenia, dalla Croazia, dall’Istria, dalla Bosnia.
I nazisti perseguitarono i rom e i sinti, che furono deportati nei campi di concentramento: circa 500.000 di loro furono uccisi nei campi di sterminio.

Oggi le minoranze rom in Italia parlano una lingua mescolata con l’italiano, o influenzata dal rumeno e dalle lingue parlate nei Balcani. Se volete avere un’idea di questa lingua, basta ascoltare la canzone Khorakhané dedicata dal grande cantautore Fabrizio De André al popolo khorakhané (che significa “lettori del Corano”), rom musulmani originari del Kosovo che durante la guerra nella ex Jugoslavia si rifugiarono nella zona di Brescia.
I nomadi chiamati “camminanti” (o “siciliani erranti”), invece, sono diffusi in Sicilia, ma anche a Napoli, Roma, Milano, città nelle quali si spostano su roulotte e camper. Non si conosce la loro origine, e qualche studioso pensa che siano i discendenti dei sopravvissuti al terremoto del 1693 che colpì la Val di Noto in Sicilia. I camminanti parlano una lingua diversa, il baccagghiu, molto simile al dialetto siciliano.
Vi lascio il video della canzone di De André: la parte finale della canzone è cantata nella lingua dei
khorakhané.