BILANCIARE IL MALE CON IL DONO DI SE’

A scuola, in questi giorni, non si riesce ad ignorare quello che sta accadendo. I ragazzi fanno domande, esprimono dubbi e paure, prendono posizione. Su una cosa sono un po’ tutti d’accordo, che rispondere al male con il male è una strada che può rivelarsi pericolosa. Ma cosa si può fare? Le catene del male sono sconfitte dai segni di pace che ognuno di noi può realizzare. 
Riporto un servizio pubblicato su Avvenire di ieri che traduce in fatti concreti quanto vado dicendo da giorni agli studenti. 

È primo pomeriggio: nell’atrio dell’Arsenale della Pace del Sermig di Torino è un continuo arrivare di aiuti che partiranno per l’Ucraina: c’è chi raccoglie, chi divide, chi inscatola… 
Centinaia di giovani proseguiranno fino a sera, senza sosta, ed è così da giorni. Tra loro Vanessa, 16 anni, frequenta la terza liceo classico. «Vengo qui al Sermig a fare servizio ogni sabato, ma vista la situazione di emergenza, ora sono qui quasi tutti i giorni». La pace? «Per me è questo: fare qualcosa per gli altri, qualunque aiuto è un gesto di pace, anche riempire degli scatoloni…». Un’idea maturata a poco a poco: «Fino a qualche anno fa quando sentivo persone che dicevano che ‘fare del bene ti torna indietro’ pensavo fosse una frase fatta, poi sono venuta qui un’estate e ho capito che è davvero così, nel senso che il fare il bene è come piantare un seme di pace, di giustizia: tutti poi godranno di quello che cresce, anche tu stesso ». Un esempio? «Qualche giorno fa sono arrivati due ragazzi che litigavano, sono stati accolti, si sono messi anche loro a inscatolare e a poco a poco, facendo per gli altri il loro astio si è dissolto. Credere e costruire la pace è spostare lo sguardo sugli altri, ciascuno con le proprie capacità, attitudini… Parlando in questi giorni con i miei coetanei nessuno di noi si sarebbe aspettato di venire qui per una guerra, siamo sconvolti da quello che sta accadendo in Europa, ma non per questo ci scoraggiamo: continuiamo a impegnarci con il nostro servizio per la pace, e non per la pace di un popolo, ma di tutti. Credere nella pace significa volere che tutti ne possano godere». 
Accanto a Vanessa Marta, 27 anni, da 7 mesi volontaria al Sermig: «Pace è il frutto del mettersi in gioco, del donarsi. Tutti abbiamola possibilità di contribuire alla giustizia e alla pace perché tutti abbiamo la possibilità di donare qualcosa e qui lo vedi spesso. Arrivano le persone a portare aiuti e chiedono di dare una mano a loro volta. Questo è un grande segno di speranza per noi giovani, un invito a continuare su questa strada. Pace per me è soprattutto relazione di accoglienza verso chi si incontra: anche un sorriso è uno strumento di pace». 
Mattia fa parte della Fraternità, con un megafono richiama l’attenzione su come procedere a inscatolare, poi anche lui si ferma un attimo: «Pace? È restituzione, è ridare a tutti la dignità di cui hanno diritto. Qui siamo a migliaia a cercare di non subire passivamente la guerra, bilanciando il tanto male con il bene del dono di sé e della condivisione». (articolo di Federica Bello)