Dalla parabola dei Talenti alle Beatitudini

Agli studenti ho proposto una lettura un po’ insolita della parabola dei talenti arrivando ad associarla al Discorso della Montagna.
Solitamente noi interpretiamo il talento come le capacità che abbiamo (saper cantare bene, giocare a calcio come un campione, essere un asso nella matematica, ecc….), ma la parabola ci dice che quell’uomo,  «partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì» (Mt 25, 14-15). La capacità è quindi la condizione che fa sì che ognuno di loro riceva un numero diverso di talenti. La diversità del numero non deve però essere intesa come una sorta di preferenza che quel signore ha per uno piuttosto che per l’altro, ma come una grande sensibilità che lo porta a non dare a nessuno di loro un compito che va oltre le proprie capacità personali. Insomma, questo signore è un uomo giusto, perché, come diceva don Milani, “Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali”.
La parabola è un genere letterario che sollecita il paragone: il signore è Dio, i servitori siamo noi. E il talento? sicuramente è un dono di Dio che siamo chiamati a mettere a frutto. Quale dono? mi viene da pensare alla possibilità di bene che Dio ha dato ad ognuno di noi e che ciascuno è chiamato a realizzare con le capacità che ha. 
Il tempo che stiamo vivendo ci interpella a non fare come il terzo servo della parabola: il mondo ha bisogno di persone che testimonino che il Bene (quello con la B maiuscola perché è quello vero, quello che rispetta la dignità di ogni essere umano) è possibile, anche in mezzo a tanto male. 
Proprio per sottolineare che il Bene è la scelta che va fatta se vogliamo essere felici, Gesù ha stilato un elenco di Beatitudini, cioè di scelte che ci portano alla felicità, proprio perché sono scelte concrete di Bene. Se prendete la versione di Matteo (capitolo 5)  potete arrivare a contare 10 Beatitudini (rallegratevi ed esultate sono le ultime due). Il numero 10 richiama il Decalogo e come per il Decalogo  anche questo elenco è per la felicità dell’uomo (vedi Dt 5, 32). Una felicità che non ha nulla a che fare con il potere, la prepotenza, l’indifferenza, il rancore, ecc…. , ma che si realizza operando con umiltà, impegnandosi per la pace e la giustizia, non cercando la vendetta, non rimanendo indifferenti alla sofferenza dell’altro….
In sintesi, la strada da seguire è quella che rende concreta la possibilità di Bene. Ognuno è chiamato a farlo con le capacità che ha, ma guai a chi per pigrizia, per tornaconto personale, per insensibilità, per indifferenza, ecc… non avrà operato per il Bene, perché di questo Bene mancato dovrà rendere conto. Avete mai sentito parlare dei peccati di omissione? Per vigliaccheria, distrazione, quieto vivere, chiudiamo gli occhi o voltiamo la testa dall’altra parte e non facciamo quel Bene che avremmo potuto.  Essere cristiani secondo il Vangelo, significa essere presenti nel mondo e nella storia. «Dio non ci chiederà – ha detto  papa Francesco nell’omelia di una delle giornate mondiali dei poveri – se avremo avuto giusto sdegno ma se avremo fatto del bene».
Nell’immagine che segue sono contenuti tanti nomi. Alcuni conosciuti, altri meno, ma si tratta di uomini e donne che hanno vissuto pienamente la propria vita perché hanno cercato di costruire il Bene. Credo che ognuno di loro ci conferma che vivere le Beatitudini è possibile, se si permette a Dio di starci accanto.