Quel tempo infinitamente piccolo

L’universo si espande, cari ragazzi.
A scoprirlo fu Hubble, astronomo americano (1889-1953) che così dette il colpo mortale a una convinzione plurisecolare, che cioè il cosmo fosse immobile.
Se l’universo si espande, vuol dire che, se riavvolgessimo mentalmente all’indietro questa espansione, come si fa con una pellicola cinematografica rivista dalla fine all’inizio, si dovrebbe arrivare ad una contrazione. Fu più o meno questo il ragionamento che portò Georges Lemaître, prete cattolico e astrofisico belga, ad intuire che doveva esserci un punto da cui tutto era iniziato. Quel punto di inizio, che per Lemaître non poteva che essere Dio, fu chiamato da Fred Hoyle “Big Bang”. Un punto che, all’improvviso, iniziò a dilatarsi, dando vita a un’espansione che continua ancora oggi e che ci racconta che l’universo ha una storia.

La ragione che portò quel punto, che conteneva un’infinita energia, a dilatarsi, a farsi materia e a dare origine ai costituenti dell’universo, non è ancora ben chiara. La fisica suggerisce  ipotesi e tante domande: cos’è, realmente, il Big Bang? cosa c’era prima di questo “punto”? che fine farà questa espansione?
Noi sappiamo l’età di questo universo (13,7 miliardi di anni) ma non riusciamo ancora a decifrarne l’inizio. Siamo arrivati ad un attimo prima del Big Bang e sappiamo anche quando comincia quest’attimo: 10-43 secondi. Vi rendete conto? E’ un tempo infinitamente piccolo (provate a dividere un secondo per miliardesime di miliardesime di miliardesime volte!).
Questo tempo che è stato calcolato da Planck (1858-1947) è come un muro che, al momento, non riusciamo ad oltrepassare. Che successe prima? Perché un prima, per quanto sia un tempo infinitamente piccolo, esiste.
Questo tempo di Planck ci interroga, stuzzica, lascia interdetti, soprattutto chi, come me, non capisce un’acca di questa fisica “strana” (per quanto anche quella più “tradizionale” sia ormai diventata per me un ricordo nebuloso!).
Ci fa certo strano pensare che un tempo così insignificante e impercettibile sia invece così ricco di significati.
In quella frazione di tempo gli eventi sono quantistici ed il tempo non è quello che conosciamo: non è ancora distinto dallo spazio, non scorre, non prosegue inesorabile come una freccia, non è lineare come lo misuriamo coi nostri orologi. In questo tempo di cui parla Planck, in questa frazione di 10-43 secondi, può essere successo di tutto!
[Liberamente adattato da http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del-foglio/2015/06/29/news/cosi-la-fisica-spiega-linspiegabile-origine-delluniverso-85225/]

La madonna di Guadalupe

Alcune sere fa, ho accolto l’invito rivolto da un sacerdote, amico di famiglia, di assistere nella sua parrocchia ad un video-documentario sulla Madonna di Guadalupe, per vivere al meglio questo mese mariano.
Maria appare alle persone più umili e nei momenti di maggior bisogno, come nel Messico del 1531,ma soprattutto, come testimonia quell’apparizione, invita gli uomini a riscoprire la comune origine, pur nelle differenze legate alla cultura e alle tradizioni. L’immagine impressa, in modo ancora inspiegabile, nel mantello dell’indio a cui Maria apparve, è ricca infatti di simbologie che potevano essere ben comprese dalle popolazioni indie, ma anche dagli stessi spagnoli. E’ come se Maria avesse usato registri linguistici diversi, come accadde a Pentecoste (ricordate il miracolo delle lingue?) per portare un messaggio di pace e speranza comprensibile a tutti.
Siamo nel dicembre del 1531 in Messico. La Madonna appare a un umile indio, ma nessuno gli crede. Su richiesta della Vergine l’indio avvolge nella sua tilma (un mantello di ayate, un ruvido tessuto di fibre d’agave, usato dagli indios poveri per coprirsi) delle rose di Castiglia, inspiegabilmente fiorite su una desolata pietraia. Davanti al vescovo apre il telo e si scopre il miracolo: vi è impressa l’immagine della Madonna.
L’immagine è straordinariamente reale. I risultati delle analisi, a cui il telo è stato sottoposte, sconvolgenti. Negli occhi della Vergine sono impresse le 13 figure presenti nel momento del miracolo. Le stelle del manto riproducono la posizione esatta degli astri nel giorno del miracolo (12.12.1531). La tecnica pittorica usata è sconosciuta. I colori si conservano intatti, la tela è incorrotta, nonostante quel tipo di tessuto sia piuttosto fragile e inadatto a durare nel tempo.
Ma non è tutto: una straordinaria connessione rivela che il nome di Guadalupe è nato in realtà nella regione dell’Estremadura in Spagna, e le sue radici risalgono addirittura all’Evangelista San Luca.
Vi lascio il trailer del documentario che ho avuto modo di vedere per intero.

Quest’altro video vi aiuterà a saperne di più.

Vi lascio anche alcuni link, per approfondire il mistero del telo.
Cliccate qui e qui.