Anche voi foste ospiti in terra straniera

Ricordate Dt 10,19? “Anche voi – recitava il testo – foste stranieri”. Ovviamente il brano si riferiva alla schiavitù degli ebrei in Egitto, ma stava ad indicare un dovere, ancora molto attuale, quello cioè dell’ospitalità e dell’accoglienza dello straniero.
Anche noi italiani fummo stranieri, in una terra lontana, oltre il mare. Alcuni di voi si sono trovati i loro trisavoli negli elenchi di Ellis Island, ma tanti altri si sono ricordati di parenti emigrati in Belgio, in Germania, in Lussemburgo.
Vi propongo alcune scene da un film che ha ripercorso la storia della migrazione italiana. Si tratta di “Nuovomondo” di Emanule Crialese.

La partenza

Il “test” di ingresso.

La condizione dell’emigrato non è mai facile; non dimentichiamolo.

Liberaci dal nostro male

Le maschere ci ricordano che è carnevale. Ma sento poca voglia di fare festa. Una ragazza, che per età sarebbe potuta essere una mia alunna, non c’è più. Le è stato tolto questo Carnevale, ma anche il Natale, perchè è dal 26 novembre che mancava alla sua famiglia, ai suoi amici, ai compagni di classe.
Non possiamo che stringerci ai suoi genitori e ai fratelli in un abbraccio silenzioso e rispettoso di questo grande e indicibile dolore.
Ci chiediamo tutti perchè, come, chi, in un misto di rabbia, amarezza e delusione. Ma questa brutta vicenda, come purtroppo tante altre, richiede da parte nostra un grande sforzo nel non sottovalutare mai il male, a cui a volte (quasi a non volerne fare i conti) diamo il nome di psicosi. C’è qualcosa di più in questo abisso che si apre di fronte ad una vita spezzata.
Vi lascio le parole di Marina Corradi, nell’editoriale di Avvenire del 27 febbraio.
L’ultimo mistero è questo male che abbiamo addos­so, e tanto più quanto ce ne crediamo salvi; e quan­to possa sugli uomini, e di che sia capace. Amiamo dimenticarci, del nostro originario male. Dimenti­carcene fino a non capire più che bisogno c’era di un Dio che morisse in croce per salvarci. L’abisso aper­to su un campo in questo freddo inizio di primave­ra ci ricorda quanto profondo è il male. E non ca­piamo e pretendiamo di capire, e dubitiamo di Dio davanti a una bambina uccisa. Servisse almeno, que­sto strazio, a suscitare una disarmata preghiera, pa­role umili di figli che i nostri figli non devono disim­parare: liberaci, Padre, dal nostro male“.