Il lavoro che fa per te

Come funzione strumentale per l’Orientamento sto organizzando un evento da proporvi, cari alunni di terza, una volta tornati dalle vacanze di Natale.
Mentre stavo cercando del materiale nel web, mi sono imbattuta in un test che vi propongo. Vi chiedo solo di lasciarvi pro-vocare, perchè come tutti i test non può e non deve essere predittivo, ma può offrire spunti per la riflessione personale e per l’eventuale condivisione con chi può consigliarvi, come i vostri insegnanti, i genitori, un counselour. A questo proposito, vi ricordo che lo Sportello di Ascolto è utile anche per confrontarsi sulla scelta della scuola superiore.
Ritornando al test, troverete che alcune situazioni vi pensano già usciti dalla scuola; adattatele a voi. Non dimenticate di dare  un’occhiata anche al sito in cui si trova il test. E’ molto interessante.
Cliccate sull’immagine e provate a scoprire qual è il lavoro che fa per voi.

Tra poco è Natale

Tra poco è Natale, e l’aria di festa è un po’ forzata. La difficile situazione che stiamo vivendo ci rende seri, meno disponibili alla spensieratezza. Speriamo che non ci renda più diffidenti gli uni con gli altri.
Mi ha colpito la storia letta su Avvenire del 7 dicembre. Vorrei condiverla con voi.
«Ha all’incirca quarant’anni. È una bella donna dal volto sciupato e il sorriso spento.
Ben vestita, discreta, entra nella libreria cattolica dove mi trovo per comprare un libro. Nel negozio siamo solamente in tre: due sacerdoti e la commessa. La signora saluta sommessamente. Non è venuta per acquistare un Bambinello, ma per vendere qualcosa. Tira fuori dalla borsa, infatti, con estrema timidezza, una decina di accendini e chiede ai presenti la cortesia di prenderne qualcuno. Nessuno dei tre fuma, sicché l’invito cade nel vuoto. Di venditori di piccole cose inutili, a Napoli e dintorni, ce ne sono sempre stati tanti. In questi mesi di vacche scheletrite, logicamente, costoro sono più che triplicati. Tra di essi, tanti fratelli e sorelle dell’Europa dell’Est o dell’Africa nera, giunti in mezzo a noi ricolmi di speranze e costretti, poi, a mendicare o delinquere per non morire.
La signora, però, non è straniera, ma italiana, dall’accento napoletano appena percettibile. Si capisce da lontano che con quel ‘lavoro’ non ha dimestichezza alcuna. Quanto a noi, siamo già tornati a scrutare tra gli scaffali alla ricerca di ciò che ci interessa. La povera donna, però, non si arrende. Con la voce tremula e lo sguardo basso, farfuglia ancora qualcosa. Poi si fa coraggio, mette da parte gli accendini, e, chiamando a raccolta tutta la disperazione che la invade, implora: «Vi prego, fate la carità… fatela in suffragio dei vostri morti…».
L’improvvisata venditrice ambulante si è trasformata presto in una mendicante. Ma mendicare non è così facile come si crede. Occorre fare i conti con la vergogna, con il rossore che all’improvviso t’infiamma il volto, con la propria dignità che si ribella. Con il terrore di essere riconosciuti, e additati come pezzenti. A quelle parole avverto come un pugno nello stomaco. Un attimo. Solamente un attimo e già la mente corre al Vangelo della prima domenica di questo Avvento nuovo che ha già il sapore del Natale. Ricordo il monito di Gesù: «State attenti…». Attenti a chi? Attenti perché?
Mi sovviene il brano di una domenica precedente: Gesù accoglie nel suo regno i propri amici, felice di ricambiare la premurosa attenzione che, a suo tempo, hanno avuto per lui quando, malato, carcerato, solo, ha sofferto la fame, la sete, il freddo.
Anche oggi Gesù passa per le strade delle nostre città, delle nostre contrade. E si fa mendicante. E ci interpella. E ci sfida. Lo fa nascondendosi nei panni di questa donna dignitosa e povera. Una sorella venuta da chissà dove, che intercetta i miei passi e mi illumina il cammino. Non ho forse tante volte predicato: «I poveri? Saranno loro a salvare il mondo dalla noia e dal non senso. Loro che sanno conservare lo stupore per i mille miracoli che la vita mette sotto gli occhi nostri. I poveri? Ci sono così preziosi e necessari che occorrerebbe andarli a cercare e supplicarli in ginocchio di accettare il nostro aiuto…». Non ho forse chiesto, uscendo di casa stamattina: «Parla, Signore, che il tuo servo ascolta. Manda, ti prego, un angelo sul mio cammino»? Il Signore ha parlato con la voce imbarazzata di una sorella sconosciuta. Anch’io – ma lei non lo saprà mai – muoio dalla vergogna mentre le lascio scivolare qualcosa tra le mani, rammaricandomi di non aver capito prima.
«L’accendino, signora…». Lo voglio. Per non mortificarla. Mi sorride. Mi ritrovo in chiesa con l’accendino in mano e i pensieri che galoppano in libertà. Ho deciso. Sarà con l’accendino della signora sconosciuta che darò luce alle lampade che brillano davanti alla mangiatoia la notte di Natale, per ricordare al Dio Bambino tutti coloro che non riescono più a tenere il passo con questo mondo che corre tanto in fretta da dare l’impressione di essere impazzito».
Maurizio Patriciello


C’è sempre un frammento di gioia pura, anche nell’incubo più nero

Una parabola buddhista:
«Un uomo s’imbatté in una tigre. Si mise a correre sempre tallonato dalla belva. Giunto davanti a un precipizio, si lasciò penzolare aggrappandosi a una vite selvatica posta sull’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto.Tremando, l’uomo vide che due topi avevano cominciato a rosicchiare piano piano la vite. In quel momento, però, egli scorse davanti a sé una stupenda fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola: com’era dolce!».
Ecco il commento di monsignor Ravasi, da Avvenire del 4 dicembre:
Anche nel pericolo più atroce e nel dolore più disperato, c’è sempre un frammento di gioia pura; anche nell’incubo più nero, si può accendere una scintilla di luce. È importante afferrarla: la paura e la sofferenza muteranno, senza per questo scomparire.
Meditiamo gente, meditiamo!

Cosa è meglio per noi?

Quando in classe si parla di libertà vi si illuminano gli occhi. Eh sì, cari ragazzi, ognuno di voi già si immagina cosa farebbe se fosse veramente libero: niente più orari da rispettare, niente più doveri…”finalmente si fa come dico io!”. Passata l’euforia iniziale, ecco che la fronte comincia a corrucciarsi (a qualcuno prima degli altri): “ma sarei proprio così bravo da non mettermi nei guai?!!”. Eh sì, mica è facile essere liberi. Ecco che allora qualcuno, timidamente, incomincia a tirar fuori un’altra parolina: responsabilità. Va bene essere liberi, ma con responsabilità, perchè mica si può fare tutto ciò che si vuole. In che mondo vivremmo? Prevarrebbe la legge del più forte, e questo non piace a nessuno. La libertà ci chiede di scegliere ciò che è meglio per noi. Ma cos’è meglio?
Vi invito a cliccare qui. Vi si aprirà una pagina da leggere: si tratta delle riflessioni di alcuni ragazzi sul tema della responsabilità e di quello che è meglio per voi. Ci offrirà senz’altro una spunto per discuterne a scuola. A presto!