Un Centro per educare ai mass media

Ho scoperto che a Bellaria Igea Marina esiste un Centro pubblico per educare ai media. Zaffiria, questo è il nome, è Polo specialistico della Provincia di Rimini, agenzia culturale del CET (Centro Educativo Territoriale dei Comuni di Bellaria, Santarcangelo, Verucchio, Poggio Berni e Torriana), è una banca dati nazionale nell’ambito dell’educazione ai mass media, gestisce l’archivio del maestro Alberto Manzi (il “mitico” maestro – me lo ricordo – che dagli schermi della televisione insegnava a leggere e a scrivere). E’ necessario che i nostri giovani si approccino ai mezzi di comunicazione di massa nel modo corretto, per questo Zaffira fa proposte laboratoriali e offre nel suo sito anche contenuti e strumenti utili per chi volesse lavorare sull’educazione ai media.
Cliccando qui potete entrare nel sito di Zaffiria e non mancate di scaricare il simpatico gioco dell’oca, che trovate qui.

L’augurio dell’Arcivescovo per il nuovo anno scolastico

Ormai sono stata in tutte le classi e ho conosciuto tutti i miei nuovi alunni.
A questo punto mi fa molto piacere condividere con tutti voi, sia nuovi che “vecchi”, le parole dell’Arcivescovo della nostra Diocesi, Mons. Francesco Giovanni Brugnaro.
C’è un pensiero per tutti. In primo luogo per voi ragazzi, perchè i protagonisti siete soprattutto voi, ma anche per gli insegnanti, i genitori, e tutti gli adulti, perchè l’educazione è una cosa seria.

Inizia la scuola. Carissimi scolari, studenti, maestri e professori, genitori, dirigenti e personale della scuola tutta, mi fa piacere mandare a tutti l’augurio di un buon inizio d’anno 2010/2011.Comprendo i ragazzi che magari sono anche contenti di riprendere con i compagni la vita della scuola, ma so di tanti che vorrebbero che le vacanze non finiscano mai! Questo succede perché l’impegno di andare a scuola non è sempre facile, ed è successo a molti.
Invito, però, gli uni e gli altri, tutti a stimare gli studi e quanto si vive durante l’anno scolastico e nell’ambiente così importante per l’istruzione, la formazione e l’educazione dei nostri giovani.Stiamo accanto ai piccoli che per la prima volta entrano nelle aule delle nostre scuole, aiutiamoli a mantenere lo stupore del conoscere cose nuove. Alimentiamo nei più grandicelli il bisogno di porre domande e di elaborare risposte di verità e di senso, imparando a stare insieme in amicizia e con rispetto per tutti. Impegniamo gli studenti delle scuole superiori non solo nel conoscere e studiare le discipline proprie di ogni curricolo, ma coinvolgiamoli nella maturazione e formazione della loro persona.
Raccomando di non far mancare a nessuno l’educazione a una sensibilità genuinamente religiosa che, rispettosa delle nostre tradizioni culturali, fatte di segni e di festività, è capace di aprirsi e di comprendere fedi di etnie e spiritualità diverse. Secondo le opzioni dei genitori e la cultura del nostro Paese è doveroso che i nostri ragazzi non vengano esclusi dalla ricerca del grande senso della vita. Essa trova in Dio il fondamento ultimo della verità e del bene, che fa della persona il valore più importante della storia umana e del suo progresso, che vede nella scienza e nella tecnologia strumenti utilissimi dell’intelligenza che debbono giovare alla crescita etica e spirituale dell’umanità intera.
Genitori, insegnanti – segnatamente anche quelli di religione cattolica -, agenzie sportive, oratori, comunità parrocchiali, attività del tempo libero, tutto e tutti debbono collaborare insieme per rispondere alla sfida ed urgenza educativa che anche il nostro territorio sta vivendo. Occupiamoci tutti e costantemente della buona educazione dei nostri giovani. Guai a trascurare i nostri doveri verso di loro! Dovremo rendere conto a Dio e potremo vedere tristemente vite sprecate e una società non degna della vita che speriamo. Per questo, accanto alla dimensione culturale, sociale, ricreativa specifica della scuola preoccupiamoci della formazione morale della coscienza dei ragazzi e abbiamo il coraggio di presentare la fede cristiana della tradizione cattolica come beni essenziali per il presente e il futuro del nostro Paese.
Questa grande solidarietà educativa attorno ai nostri scolari e ai nostri studenti ci aiuterà anche a far superare le difficoltà che la scuola sta vivendo. Il Signore Risorto e l’intercessione della Vergine Santissima che sta peregrinando per le nostre contrade delle Marche ci diano forza, coraggio, fedeltà e pace per non venir meno nel servire la vita nei nostri figli.
Con affetto,+Francesco Giovanni,arcivescovo
(Dal Sito: http://www.arcidiocesicamerino.it/)

La droga è la calamità più grossa

“La droga è la calamità più grossa”.

Queste sono le parole di Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo Muccioli, il fondatore della comunità di San Patrignano, di cui in questi giorni sono stati ricordati i 15 anni dalla morte.
Vi riporto alcuni passi dell’intervista di Massimo Pandolfi che ho letto su “Il Resto del Carlino” di lunedì 20 settembre.

(…)
“La droga è la calamità più grossa di tutte le nostre calamità. Ma intendiamoci bene sul significato della parola droga: anche il balconing, la moda di quest’estate per cui i ragazzi si gettano dalla finestra e magari ci lasciano le penne, è una droga. Non siamo più capaci di avere e gustarci relazioni e sentimenti veri e allora ci droghiamo. L’uomo muore dentro di noi e viviamo emozioni in maniera sempre più frenetica e adrenalinica’. (…)

Qual è la droga più pericolosa di oggi?

‘Cannabis e marijuana, perché sono ritenute innocue e tollerabili anche da troppi insegnanti ed educatori. Poi la cocaina, che va tanto di moda. Non dimentichiamoci l’alcol. E sta ritornando in grande stile l’eroina. Ma il vero problema non è la sostanza’.

E cos’è allora?

‘E’ il vuoto che c’è dentro le persone che fanno uso di questa sostanza’.
(…)
‘Il tossicodipendente non è un malato. Noi dobbiamo aiutare queste persone a cambiare. Crescere vuol dire cambiare. Cambiare vuol dire anche soffrire. I giovani vanno educati al cambiamento’.

Ci mette sempre in mezzo la parola educazione….

‘Sì, perché è questa la vera emergenza. Le famiglie sono sempre più spesso luoghi vuoti, dove non c’è rapporto, non c’è comunicazione, non c’è nulla. (…)

Il quadro che ci presenta è drammatico: cosa si può fare per uscire dal tunnel? .

‘Il mondo dell’educazione va completamente ripensato e costruito. Va rifondata un’alleanza educativa tra istituzioni, scuola e famiglia. Altre scorciatoie sono inutili’.

E allora, ragazzi, facciamo nostro questo slogan:

Educazione e Parola di Dio

E’ un po’ di tempo che la collettività di una delle cittadine in cui insegno è addolorata e sgomenta per la perdita di tanti giovani sulle strade. Più che un problema di educazione stradale, sono sempre più convinta che si tratti di un problema di educazione. Educazione al senso civico, al rispetto dell’altro, alla vita. Forse i nostri ragazzi non sono stati educati abbastanza a riconoscere la loro vita come dono, probabilmente perchè sembra che tutto sia loro dovuto, per cui non c’è nulla di cui ringraziare.
Si muore nelle strade per fatalità, ma molte altre volte perchè si corre come dei forsennati, non si rispettano nè i limiti nè le più elementari regole di sicurezza. E qualcuno muore. Troppi muoiono. Molte volte per colpa di altri.
Proprio di fronte a quei comportamenti così superficiali nei confronti della vita propria e altrui, sia che li poniamo in atto guidando, o in tante altre situazioni della nostra vita, in particolar modo quando ci facciamo “carnefici” più o meno consapevoli del debole di turno, mi viene da pensare che fine abbia fatto la nostra coscienza.
Mi affido alle pagine di un editoriale di Carlo Cardia, pubblicato da Avvenire il 13 agosto, per proseguire in questa “provocazione”:

Forse, dobbiamo interrogarci se è ancora possibile stupirci di fronte al male dopo che per tanto tempo la parola di Dio è stata considerata come un accessorio, che possiamo scegliere o respingere a piacimento, o dopo aver sostenuto a gran voce che la società non deve favorire una concezione etica della persona e della collettività, perché ciascuno può respingerla come pericolosa. A me sembra una contraddizione profonda, quasi mostruosa, che prima si scacci Dio e la legge immessa nella nostra coscienza, e poi si chieda come disorientati quale è l’origine del male, la ragione di gesti così cattivi, perversi, che uccidono l’uomo nel corpo o nello spirito. L’uomo è certamente libero, e può scegliere tra «il fuoco e l’acqua; là dove vuoi stenderai la tua mano» (Sir, 15, 16), ma la scelta è frutto di una educazione, di una formazione che non può essere rifiutata o dileggiata, perché «la morte è entrata nel mondo, e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap, 2, 24), e la morte interiore di alcuni è causa di violenza e di morte anche per altri. Si possono seminare con alterigia, o indifferenza verso la fonte del bene, i germi della superbia e della prepotenza, negando l’esistenza del peccato e del male, e coltivare in alternativa l’arbitrio personale, ma si deve sapere che poi il male si ripresenta con la sua oscenità, banalità, ripetitività, fin quasi a lasciarci storditi.
A questo punto siamo responsabili noi, non altri, il destino, o la società in astratto, se abbiamo fatto il deserto di principi morali, o se abbiamo fatto il possibile perché l’uomo scelga tra il bene e il male che stanno dentro e fuori di lui“.

Educare all’affettività

Co­sa spinge un ragazzo come tanti a dare addosso a una coetanea, cosa lo induce a non fermarsi davanti al suo no, a pensare di potersi prendere quel che lei gli sta negando? E cosa induce una ragazza a esporsi al perico­lo, cosa le impedisce di ve­dere che piega stanno pren­dendo le cose? Colpa del­l’alcol, hanno detto in tanti, erano tutti ubria­chi. «Con l’alcol in corpo, o con la droga, si dà il peggio di sé. Quel peggio che già sonnecchia dentro»: Roberta Vinerba è una suora france­scana che sa parlare ai giovani – e non solo – di sessualità, i suoi corsi per fidanzati sono di­ventati un cult, a Perugia. Sui ragazzi – su certi ragazzi – esprime giudizi per nulla teneri: «Be­re troppo è solo l’esito finale di una serie di com­portamenti, l’alcol è il partner inseparabile – spiega suor Vinerba – di un certo genere di idee. Anzi, della mancanza di idee, di quel niente che tanti giovani si portano dentro e che li spinge a provare tutto». Ma per vincere la monotonia che una vita senza limiti produce, i ragazzi han­no bisogno di emozioni e se le procurano con la droga, l’alcol, la violenza. Con i primi due fi­niscono per far male solo a se stessi ma quan­do la voglia di novità diventa aggressiva le cose cambiano parecchio: «Sono costantemente e­rosi i confini tra il corpo proprio e quello altrui, i ragazzi faticano a capire dove finiscono loro e cominciano gli altri. È sotto gli occhi di tutti – spiega suor Roberta – come gli adolescenti non siano capaci di tenere le distanze. Le effusioni, i baci e le carezze sono condivisi con tutto il gruppo, persino con gli amici dello stesso ses­so, e non riservati al fidanzato. Sono esibiti in­vece di essere confinati alla sfera dell’intimità».
FONTE: dall’articolo di Nicoletta Martinelli su Avvenire del 10 agosto 2010

Educare all’obbedienza

Obbedire è una virtù? Non sempre. Ci sono situazioni, e la Storia lo insegna, in cui l’obbedienza ha comportato l’oppressione del debole, la persecuzione, la minaccia alla dignità umana.
Disobbedire per partito preso è però altrettanto pericoloso.
La riflessione sull’obbedienza è nata da una frase pronunciata dal cardinale Montini, il futuro Paolo VI.
Ve la propongo:
Noi dobbiamo educare i giovani all’esercizio del dovere liberamente compiuto. Obbedire per amore, servire per amore, essere forti per amore; questo ha da essere lo stato d’animo che vogliamo creare nella gioventù d’oggi. Se vogliamo una democrazia vera, dobbiamo volerla eminentemente morale“.
Queste parole venivano pronunciate nel lontano 1955. Più di 50 anni sono passati, eppure mi sembrano ancora molto attuali.
L’obbedienza è una virtù quando è espressione di un servizio al bene di tutti, quando è impegno verso ciò che è giusto e buono. Se si perde di vista la dignità umana, il rispetto per l’altro, per se stessi, per l’ambiente, tutto diventa prevaricazione, egoismo, arbitrio. Allora anche la democrazia è vuota, apparente. Educare al senso del dovere vuol dire educare al rispetto per l’altro, ad uscire dal proprio tornaconto, a vivere la propria vita con senso di responsabilità. Allora sì che saremo veramente liberi, che l’obbedienza sarà critica e costruttiva, che il senso di responsabilità ci aiuterà a costruire una società più giusta, dove “i furbetti di quartiere” si troveranno sempre più fuori posto.

Il Decalogo della Tata

Mi capita a volte di vedere SOS Tata: bambini pestiferi, genitori disorientati…chi più ne ha, più ne metta.
Le Tate, dopo un po’ di osservazione, propongono alla famiglia le regole, poche, presentate in modo coinvolgente, molto semplici, e ci si chiede come mai non ci si era pensato prima.
Credo che nell’educazione sia importante ritornare alla semplicità e al buon senso (e le Tate del programma questo lo fanno), perchè educare non è complicato, ma richiede responsabilità, chiarezza dei valori che si vogliono insegnare, buon esempio, pazienza. Come dice Tata Lucia, il più delle volte non sono i bambini a dover essere educati, ma i genitori.
Da Avvenire, che proprio ieri ha pubblicato un servizio sul fiorire di libri di “bon ton” per i bambini, vi propongo il Decalogo della Tata (e di ogni buon genitore ed educatore)

1)Stabilire le regole e farle rispettare (troppa libertà non sempre è felicità)

2) Rispettarsi reciprocamente (senza rispetto è tutto un dispetto)

3)Programmare i tempi della giornata (essere in orario è straordinario)

4) Rispettare i propri spazi e quelli di casa  (A ciascuno il suo e un po’ per tutti)

5) Urlare non serve mai (Anche l’orecchio vuole la sua parte)

6) Comunicare con sincerità (Le bugie hanno le gambe corte e i musi lunghi)

7) Essere complici nell’educare i figli (È il vostro bellissimo progetto di vita)

8) Non alzare le mani: servono per milioni di altre magnifiche cose (Gioco di mani, gioco da villani)

9) Mangiare è sempre un rito importante (Intorno al tavolo in compagnia, è il segreto dell’allegria)

10) Trovare ogni giorno almeno dieci minuti di tempo di qualità per stare con ogni
bambino (Fai venir fuori il bambino che c’è in te… E il gioco è fatto!)