Chiamati ad essere felici


Ritorno ancora sulla felicità per puntualizzare alcuni concetti.
La felicità è un bisogno naturale dell’uomo, e dalle società moderne è stata riconosciuta come uno dei diritti fondamentali dell’essere umano. Andate a vedervi la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America (1776) oppure la Convezione Internazionale sui Diritti dell’infanzia (1989), tanto per citare alcuni documenti.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si dice che “il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, poichè l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sè l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa“. Questo è il destino dell’uomo: trovare in Dio il fine di tutte le sue ricerche. Come diceva Sant’Agostino, “Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquiesto finchè non riposa in te” e come proclamano il Salmo 103 (“La mia gioia viene da te“) e il Salmo 15 (“Mi mostrerai la vita che porta alla vita: davanti a te pienezza di gioa, vicino a te felicità senza fine“).

Il Cielo, cioè la vita perfetta di comunione con la Trinità, la Vergine Maria, gli angeli e i beati, è – come dice sempre il Catechismo della Chiesa Cattolica – “il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva“.
La Chiesa indirizza l’uomo verso la sua ricerca di felicità, insegnando che questa non la si trova nel benessere, nelle ricchezze, nella gloria, nel potere, ma che solo in Dio, sorgente di ogni bene e di ogni gioa, la felicità è completa.
Per il cristiano, comunque, le ricchezze della Terra e le risorse umane non sono qualcosa da rifuggire, ma un mezzo di cui la Provvidenza del Creatore si serve. La Gaudium et Spes (n. 37) dice infatti che “il progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini“, ma occorre vigilare contro “lo spirito di vanità e di malizia, che stravolge in peccato l’operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell’uomo“.

Il Vangelo ci presenta Gesù che trionfa sulla tristezza e sulla paura e che conserva, nonostante le sofferenze fisiche e morali, pace e serenità.
Annunciare il Regno di Dio, la buona novella della liberazione dei poveri, dei ciechi, degli zoppi, dei prigionieri, fu la gioia della sua vita, una gioia che volle lasciare ai suoi amici. Nelle Beatititudini Gesù annuncia il segreto della vera felicità che è dolcezza, misericordia, purezza di cuore, distacco, tenerezza, fame e sete di giustizia.

Di fronte al dramma … la speranza

I paesi asiatici sono stati sconquassati in questi giorni da tremende catastrofi naturali, per non parlare di quanto è accaduto in Italia, nella provincia di Messina.
Queste tragedie sono una provocazione alla fede, perchè il male è la negazione del bene e della felicità. Il male è un mistero; come diceva sant’Agostino:
Ma chi ha disposto e seminato questo germoglio di amarezza, se sono stato creato dal mio Dio che è dolcissimo?”
Il cristiano sa che nel mondo c’è il male e lo riconosce, ma ha la speranza. Una speranza che si basa sulle promesse di Gesù, già anticipate dagli antichi profeti:
Il lupo dimorerà insieme con l’agnello (…) perchè la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare“.(Is 11, 6-9)

La speranza consiste nel credere alle parole di Gesù sulla venuta del Regno dei Cieli, sulla felicità che viene dall’amore reciproco, sulla vita eterna, sul paradiso che sarà felicità senza fine.
Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla (…)“. (Gv 16, 22-23)

Rivolgo il mio pensiero a questi nostri amici nella sofferenza lasciandovi una preghiera di Giovanni Paolo II.

Padre misericordioso, Signore della vita e della morte. Il nostro destino è nelle tue mani. Guardaci con bontà e guida la nostra esistenza con la Tua Provvidenza, piena di sapienza e di amore. Ravviva in noi, o Signore, la luce della fede affinché accettiamo il mistero di questo intenso dolore, e crediamo che il tuo amore è più forte della morte. Guarda, o Signore, con bontà l’afflizione di coloro che piangono la morte di persone care: figli, padri, fratelli, parenti, amici. Sentano essi la presenza di Cristo che consolò la vedova di Naim e le sorelle di Lazzaro, perché Egli è la risurrezione e la vita. Trovino il conforto dello Spirito, la ricchezza del tuo amore, la speranza della tua provvidenza che apre sentieri di rinnovamento spirituale e assicura a quelli chi lo amano un futuro migliore. Aiutaci a imparare da questo mistero di dolore che siamo pellegrini sulla terra, che dobbiamo essere sempre preparati, perché la morte può giungere all’improvviso. Ricordaci che dobbiamo seminare sulla terra ciò che raccoglieremo moltiplicato nella gloria, affinché viviamo guardando sempre a Te, Padre e Giudice dei vivi e dei morti, che alla fine ci giudicherai nell’amore. Ti ringraziamo, Padre, perché nella fede il dolore ci avvicina di più a Te, e in esso cresce la fratellanza e la solidarietà di tutti coloro che aprono il cuore al prossimo bisognoso. Da questo luogo che conserva i resti mortali di tanti nostri fratelli ascolta la nostra preghiera: «Dà loro, o Signore, il riposo eterno e risplenda per essi la luce perpetua. Riposino in pace. E a noi che continuiamo a vivere, pellegrini in questa valle di lacrime, dà la speranza di riunirci a te, nella tua casa paterna, dove Tuo Figlio Gesù ci ha preparato un posto e la Vergine Maria ci guida verso la comunione dei Santi. Amen.”

Custodi del creato


Troppo spesso ce ne dimentichiamo, ma la Terra è un bene che non ci appartiene, tanto da farne quello che ci pare. Il mondo, dice la Bibbia, ci è stato donato per la nostra esistenza. Nella Genesi leggiamo infatti che Dio disse ad Adamo di dare nome a tutte le cose, perchè egli era la creatura a cui ogni essere della Terra era stato destinato. Un cristiano poco attento alla Natura è una contraddizione, perchè inquinando e distruggendo il Mondo, distrugge ciò che Dio ha donato ad ognuno di noi. Dovremmo invece avere a cuore la custodia del Creato, perchè così facendo rendiamo lode al Signore e ci proteggiamo dall’autodistruzione. “Quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio“. Sono queste le parole che il Papa ha pronunciato in una delle catechesi del mercoledì, per evidenziare il nesso che c’è tra la salvaguardia della Terra e la responsabilità che ognuno di noi deve sentire verso l’intera umanità, in particolare i poveri e le generazioni future. Se non c’è giustizia, non può esserci neanche rispetto per la Natura. “Se viene meno il rapporto della creatura umana con il Creatore, la materia – sono sempre parole del Papa – è ridotta a possesso egoistico, (…) e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere un’affannata corsa a possedere il più possibile“. Per il Papa, insomma, “l’uso sconsiderato della creazione inizia laddove Dio è negato“.
L’inquinamento del cuore (vi ricordate? ne ho parlato più volte) diventa allora anche inquinamento dell’ambiente.
Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature“, così ebbe a dire San Francesco, sofferente e ormai prossimo alla morte. Da lui, che ammansì il feroce lupo di Gubbio e che parlava agli uccelli, abbiamo tanto da imparare sul giusto atteggiamento di fronte alla Natura.

La lettera a Diogneto

Il post di ieri mi ha fatto venire in mente un documento molto antico; la lettera a Diogneto. Si tratta di un breve scritto in greco, che un ignoto cristiano della prima metà del II secolo rivolge ad un amico, per spiegare e difendere la nuova fede cristiana (siamo nel periodo in cui non era consentito essere cristiani, “non licet esse vos“). Si tratta di uno dei più suggestivi documenti dell’antica letteratura cristiana che appartiene ai cosiddetti padri apostolici.
Eccovi una parte di questo documento:

I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini, né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere
di vita. La loro dottrina non fu inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano. La dottrina di un Dio è la loro filosofia.

Dimorano in città sia civili che barbare, come capita. E, pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e per ammissione di tutti incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri. Partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non mettono in pericolo i loro bambini. Amano fare comunione fra loro e sono fedeli al matrimonio. Vivono nel corpo, ma non secondo il corpo. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere sono superiori alle leggi. Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati con disprezzo e ricambiano con l’onore.

Pur facendo il bene sono puniti come malfattori e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. Gli eretici fanno loro guerra come a gente straniera e i pagani li perseguitano, ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.

In una parola, i cristiani sono nel mondo quello che è l’anima nel corpo. L’anima si trova in tutte le membra del corpo; anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L’anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo; anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. Il corpo, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all’anima perché gli impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani, pur non avendo ricevuto nessuna ingiuria da loro, solo perché si oppongono al male.

I cristiani sono fatti così

Sono rimasta colpita da una notizia che riguarda Antonio Socci, giornalista e scrittore, che non ha mai fatto mistero della sua fede. Nel suo blog ha pubblicato un appello in cui invita alla preghiera per la salute di sua figlia che si trova in coma.
Per chi ha fede, di fronte al male che sembra inattaccabile, la preghiera è l’unica speranza.
I cristiani sono fatti così: sanno che l’ultima parola spetta solo a Dio e che Egli può tutto. I cristiani si affidano a Dio e a Lui chiedono la forza per superare ogni dolore, ogni inspiegabile dolore. Non è rassegnazione, non è rinuncia a combattere, ma consapevolezza che l’uomo è perduto se non confida nel Signore. Alcuni, proprio per questo, li considerano degli illusi, dei bambini che non hanno intenzione di crescere.
Che ognuno la pensi come vuole. Io invece rimango sempre colpita dalla forza che nasce dalla preghiera.
Se date un’occhiata ai post, troverete un lavoro proprio sulla preghiera e sull’importanza che essa riveste in ogni religione. Nel cristianesimo, però, la preghiera è qualcosa di diverso, perchè non è solo espressione di un precetto, ma è entrare in un rapporto personale con un Dio che ci ama.

Il compleanno del cardinale Tonini

Il mese di luglio è per la mia famiglia un mese carico di compleanni. Facciamo gli anni io, mia cognata, mio fratello, una nipote, due cugini. Fare gli auguri di buon compleanno per me significa dire a quella persona che ci si ricorda di lei, che si è felici di averla tra noi. Festeggiare il proprio compleanno è l’occasione per stare con le persone care, ma soprattutto per ringraziare Dio della vita donata.
Proprio ieri, il 20, una grande persona ha festeggiato i suoi 95 anni. Sto parlando del cardinale Ersilio Tonini, che è stato, in anni passati, anche vescovo di Macerata. Ho ascoltato, letto le interviste che gli hanno fatto, perchè 95 anni sono una bella età, soprattutto quando sono portati con la lucidità e l’ottimismo che caratterizzano questa persona. Vi riporto alcune delle frasi che maggiormente mi hanno colpito, nella prospettiva che possano offrirci lo spunto per riflessioni, approfondimenti, ricerche per il prossimo anno scolastico.
Sono grato a Dio di questi anni, di tutte le persone che ho incontrato. Domattina (il giorno del compleanno, ndr) a Dio dirò grazie. Come d’altronde faccio da quando ero bambino, ogni giorno. “Grazie” che è la parola più semplice e fondamentale. Perchè nel dirla, sta il riconoscere di avere ricevuto un dono di cui si è grati: e chi è grato è portato, a sua volta, a donare“.
Questo mio tempo è il momento in cui più mi rendo conto di quanto ho ricevuto. E’ il tempo in cui mi sembra di conoscere di più, di saper valutare, di essere più libero. E’ come se oggi, interiormente, avessi un saggio che mi guida. La vecchiaia è un premio“.
Ho una profonda stima dell’uomo. I peccati non mi hanno mai scandalizzato. Su tutto, prevale in me la meraviglia per la coscienza donata a ciascuno di noi. Quella coscienza che è il luogo della nostra libertà, e della possibilità di scegliere, alla fine, il bene. Anche se oggi si è un po’ persa la coscienza, resto ottimista“.
Mio padre mi diceva sempre:”Quello che conta nella vita è volersi bene, un pezzo di pane e la coscienza retta“.
Conosco gli uomini. E so che, dentro, hanno una possibilità straordinaria di bene“.
Oltre la morte sarà bellissimo. Perchè vedremo finalmente la nostra storia, tutta intera. Voglio dire: vedremo la storia di ciascuno di noi, dal suo vero principio, dall’istante in cui Dio ci ha concepiti nei suoi pensieri. Perchè ciascuno è stato pensato, progettato dall’inizio del tempo. E’ una prospettiva sterminata. E’ posare gli occhi sull’orizzonte infinito per cui sono stati fatti. Sarà l’abbraccio di Cristo, una felicità ineguagliabile“.
Basterebbe, ecco, essere meno distratti. Svegliarsi al mattino, e riconoscere con stupore, il dono della vita ricevuto“.