Alcune idee sul presepe

Spero che quest’anno ci possa essere risparmiata ogni polemica sul presepe a scuola.
Se si ha paura di parlare con i bambini ed i ragazzi di Gesù che nasce, mi dite cosa si può cogliere del Natale? Rischiamo di farne solo una festa consumistica. Perchè poi Babbo Natale sì e Gesù bambino no? Se ci pensate bene, anche Santa Klaus altri non sarebbe che San Nicola. Insomma, comunque la si metta, per giustificare le vacanze scolastiche e l’atmosfera di festa, o ricorriamo alle feste religiose dell’antica Roma, quelle per intenderci legate al Sol Invictus e ai Saturnali, oppure dobbiamo ricordarci della nascita di Gesù.
Sottolineo che i musulmani, come più volte hanno ribadito attraverso loro rappresentanti, non si sentono offesi dal presepe, in quanto l’Islam venera Maria e considera Gesù l’ultimo profeta prima di Maometto.
La presenza del presepe, d’altronde, non costringe ad un atto di fede, ma è espressione di una tradizione ancora radicata nel nostro Paese (pensate a quanti presepi viventi vengono allestiti per tutta l’Italia, o alle statuine che si trovano nei mercatini del Trentino o di Napoli). In ogni caso, anche l’albero di Natale non è un simbolo così neutrale, come erroneamente si crede. Infatti, secondo la tradizione, fu San Bonifacio a fare dell’abete, albero sempreverde, un simbolo di Cristo, come albero della vita.
Nel sito del collega César (www.auladereli.es) ho trovato questo link da dove è possibile scaricare immagini per costruire un presepio di carta o, per i più esperti e intraprendenti, su compensato.
Vorrei ricordarvi che Loreto da oggi è diventata la città dei Presepi. Ci sono mostre dedicate ai simboli della natività e un mercatino di artigianato artistico dove, in questi ultimi fine settimana di novembre, è possibile trovare anche le caratteristiche statuette del presepe, opera di artigiani provenienti da tutte le province delle Marche e dalle principali regioni italiane, espressione di lunghe tradizioni nell’arte del presepe come Sicilia, Puglia, Campania, Trentino.

Vampiro e galantuomo

Confesso di non amare i vampiri. Che volete, sono di un’altra generazione, quella che conosceva come unico vampiro Dracula, che non era certo un esempio edificante.
Eppure la saga della Meyer, che racconta dell’amore tra un vampiro ed una comune mortale, offre degli spunti interessanti. Ecco quanto riportato dal quotidiano Avvenire di qualche giorno fa.

E se la twilightmania, fenomeno planetario del momento, impensierisce alcuni genitori ed educatori, resta il fatto che la saga della Meyer, arrivata sul finire di quella del maghetto della Rowling, ha intercettato i gusti di un’ampia fascia di pubblico. conquistata non tanto dagli aspetti vampireschi e sanguinolenti della storia quanto dal melodramma di cui sono protagonisti due giovani il cui amore è costretto a superare mille ostacoli. Con buona pace di Federico Moccia e delle sue precoci quattordicenni, il sesso è ancora lontano dall’orizzonte dei diciottenni di New Moon e la castità resta un ‘ valore’ reso sullo schermo con molte metafore, tra cui naturalmente quella del vampiro che resiste alla tentazione di addentare la donna amata, per non dannarle la vita“.

Che ne dite di questa capacità di attesa e di rinuncia per il bene dell’altro? Ha un sapore antico, ma vero.
Meditate gente, meditate!

Giornata mondiale dei Diritti dei Bambini

Il 20 novembre 1989 è una data di grande importanza per i bambini di tutto il mondo: quel giorno l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha approvato, dopo vari anni di lavoro, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
In realtà una carta dei diritti dei bambini non è cosa nuova: nel 1924 la Società delle Nazioni aveva diramato una «Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo»; poi, nel 1942 usciva a Londra una «Carta dell’Infanzia»; nel dopoguerra, l’Unione internazionale per la protezione dell’infanzia pubblicava una sua «Dichiarazione dei diritti» (1948) e, infine, l’ONU promulgava il 20 novembre 1959 la «Dichiarazione dei diritti del fanciullo», articolata in dieci «principi», la quale ha costituito l’immediato precedente dell’attuale Convenzione, non a caso approvata esattamente trent’anni dopo.

“Dici: è faticoso frequentare i bambini.
Hai ragione.
Aggiungi: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, scendere, piegarsi, farsi piccoli.
Ti sbagli.
Non è questo l’aspetto più faticoso.
E’ piuttosto il fatto di essere costretti ad elevarsi, fino all’altezza dei loro sentimenti.
Di stiracchiarsi, allungarsi, sollevarsi sulle punte dei piedi.
Per non ferirli”
di Janusz Korczac

L’Europa, l’Africa, i Paesi del Terzo mondo: diamo un po’ di numeri

  • In Europa, oltre la metà della popolazione adulta è in sovrappeso. Nel mondo oltre un miliardo di persone vive con meno di un dollaro al giorno. Ogni giorno i morti per fame sono 24.000.
  • Un cittadino americano consuma circa 1700 metri cubi di acqua all’anno; un italiano 1200; un africano, in media, 250. Un miliardo e quattrocento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile.
  • Nei paesi sviluppati sotto i 5 anni muore un bambino ogni 200. In alcuni stati africani uno ogni 5. Da noi tutti i parti sono assistiti; nell’Asia Meridionale solo il 40%.
  • In Italia l’obbligo scolastico (diritto/dovere) è previsto per tutti fino a 18 anni; nei paesi meno sviluppati una bambina su due non frequenta la scuola elementare; oltre 150 milioni di ragazzi lavorano in condizioni rischiose, alcune decine di milioni vivono per strada, 8 milioni sono costretti alla schiavitù, un milione è detenuto, 250.000 sono arruolati come soldati….
  • In Europa nel 2007 sono morte di AIDS 12.000 persone; nel resto del mondo più di 2 milioni. Dodici milioni di ragazzi africani sono orfani a causa di questa epidemia. (Fonte: dossiercatechista, rivista della ELLEDICI)

Certamente questi numeri non possono lasciarci indifferenti. Crescere significa anche riconoscere che possiamo fare qualcosa per migliorare le condizioni degli altri. Abbiamo mai pensato a quello che possiamo fare? Mai sentito parlare di adozione a distanza, di volontariato, di Commercio equo e solidale, di Banco Alimentare?

Inizia il mese del pellegrinaggio

Oggi inizia per i musulmani il mese del pellegrinaggio alla Mecca.

Nel Corano è scritto:
Il Pellegrinaggio alla Casa per amore di Allah è un dovere di ogni uomo che ne abbia la possibilità.”
Eseguite il hajj e la ‘umrah per amore di Allah.”
Il pellegrinaggio è quindi uno dei 5 precetti dell’Islam. Ci sono due tipi di pellegrinaggi: il pellegrinaggio maggiore (hajj) e il pellegrinaggio minore (‘umràh).

Ho raccolto alcune informazioni sul pellegrinaggio nell’Islam e ve le propongo.

Il Pellegrinaggio minore si può eseguire in ogni periodo dell’anno e quando si esegue nel mese di Ramadan ha lo stesso valore del pellegrinaggio maggiore. La Mecca è all’interno di un territorio sacro in cui ci sono alcuni luoghi, indicati dallo stesso Profeta, dove i pellegrini devono mettersi in stato di consacrazione.

Il pellegrinaggio maggiore si svolge invece in un periodo ben definito dell’anno. Questo periodo inizia l’ottavo giorno di Zu-l-hìggia, dodicesimo mese dell’anno lunare e termina il giorno tredici dello stesso mese. Il fedele giunto nel suo miqàt (posti dove i pellegrini cambiano i propri vestiti e indossano quelli tipici del pellegrino) si mette in stato di consacrazione ed esprime l’intenzione di effettuare l’hajj.
Tra i vari riti che si compiono durante il pellegrinaggio si può ricordare la “lapidazione di Satana”
(vengono raccolti sette sassi da lanciare contro un pilastro detto giàmratu-l-‘aqabah), il sacrificio yàumu-n-nàr di un montone, che avviene il dieci di Zu-l-hìggia (quest’anno sarà il 27 di questo mese), in ricordo della obbedienza incondizionata ed assoluta del profeta Abramo. Aid al Adha, così è il nome di questa ricorrenza, è la seconda tra le principali ricorrenze islamiche.

Eseguito il sacrificio il pellegrino si rade i capelli o ne taglia qualche ciocca mentre le donne accorciano i capelli della lunghezza della punta di un dito.

Successivamente il pellegrino si reca da Mina alla Mecca per eseguire la circumambulazione della Kaaba. Quindi il pellegrino sale a Safa ed esegue il sà’y (una marcia rituale ripetuta sette volte tra i colli di Safā e Marwa).
Nei tre giorni successivi,(undici, dodici e tredici, detti ayyàmu-t-tash/rìq), il pellegrino soggiorna a Mina, dove ogni giorno, nel pomeriggio, esegue la “lapidazione di Satana” ai tre pilastri, incominciando dal più piccolo e finendo con il più grande.
Prima di riprendere la via del ritorno il pellegrino passa alla Mecca dove compie la circumambulazione della Ka’ba per il commiato.

La pace, il peccato, il racconto di Genesi 3

Il tema della pace, su cui stanno lavorando le classi terze, ci ha portato ad approfondire il discorso sul peccato. Quanti conflitti, quanta ingiustizia, quanta prepotenza! Perchè il mondo non conosce la pace? perchè è così difficile vivere in armonia con noi stessi e gli altri? Il male è sicuramente una provocazione alla fede, ma è anche una realtà con la quale a fatica facciamo i conti. Il senso del peccato oggi sembra essersi affievolito; se una volta, quando ero piccola io, tante cose erano peccato, oggi sembra invece che il peccato non esista più (della serie, “sono solo ragazzate”). Eppure non viviamo in pace, come ci dice anche la vignetta di Linus.

Mentre ci stiamo avvicinando al Natale, una seria riflessione sul mistero della venuta del Figlio di Dio sulla Terra è necessaria. Natale è più che una festa del “vogliamoci bene“; il mistero dell’incarnazione porta i cristiani a riflettere sull’immenso amore che Dio ha per ogni uomo, ma anche sulla tragedia del peccato. Dio si è fatto uomo perchè Cielo e Terra potessero incontrarsi di nuovo, perchè al “no” di Adamo si sostituisse il “sì” di Gesù, e attraverso di lui ognuno di noi potesse dire “sì” a Dio.
Gesù risorto saluta gli apostoli con la parola “Shalom”, che vuol dire pace. Il saluto ebraico shalom aleheim significa “la pace sia sopra di voi”, a ricordare che la pace è un traguardo che sta sopra di noi, in Dio.
La pace portata da Gesù è vicinanza con Dio e per avere la sua pace è necessario lottare contro le nostre cattive inclinazioni e abitudini. Ma i cristiani sanno che di fronte a questo impegno non siamo soli, perchè Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi.
Inserisco in questo post la scheda da me predisposta per facilitare negli alunni la lettura e l’analisi del racconto del peccato originale.
 

Adozioni a distanza

Da oggi, per quattro settimane, le classi della Tacchi Venturi sono coinvolte nella raccolta per le Adozioni a Distanza. Sono ben 8 i bambini a cui da diversi anni la nostra scuola provvede, grazie alla generosità degli alunni e delle loro famiglie. Si tratta di bambini, per lo più orfani, che vivono in India e in Brasile.
La raccolta cominciò nel lontano 1997, e da allora sono stati tanti i ragazzi e le ragazze che hanno avuto modo di andare a scuola, imparare un lavoro, costruirsi un avvenire. Quello che facciamo è poca cosa, ma è un contributo grandissimo che offriamo non solo agli altri, ma anche a noi stessi. La generosità ci rende grandi, fa di noi delle persone migliori, ci educa al rispetto per l’altro, a dare il giusto valore alle cose.
Vi propongo un videoclip costruito con le immagini del sito del Sermit, l’associazione con cui siamo in contatto per le adozioni.

La bandiera europea ha radici cristiane

Dopo il crocifisso, che secondo la Corte Europea andrebbe tolto dalle pareti delle scuole e degli uffici pubblici, forse bisognerebbe ripensare anche alla bandiera europea, perchè la genesi di questo simbolo ha a che fare con il cristianesimo, precisamente con la Medaglia Miracolosa.
Di che si tratta?
A Parigi, al numero civico 140 di Rue Du Bac, c’è un Santuario, nel quale si trova la Cappella della Medaglia miracolosa: non è molto distante dal Louvre ed è comodamente raggiungibile mediante la metropolitana che ha una delle sue fermate proprio a Rue Du Bac.
Il mistero di Rue du Bac nacque 174 anni fa dalle apparizioni della S. Vergine a una giovane novizia delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’Paoli, Caterina Labourè, a cui la Madonna affidò la realizzazione di una medaglia cosiddetta “miracolosa” che, da quasi due secoli ormai, ha conquistato con le sue innumerevoli grazie e prodigi il mondo intero.
A quella medaglietta, che portava al collo, si ispirò, da buon cattolico, Arsène Heitz, quando decise di partecipare al concorso indetto per disegnare la bandiera europea. E la sua proposta fu scelta tra più di cento.
La scelta della commissione giudicatrice non fu inconsapevole; stando alla testimonianza del figlio di Leon Marchal, che era il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, il numero 12 delle stelle fu accolto pensando proprio alla figura di Maria nel dodicesimo capitolo dell’Apocalisse, quello che si legge nella festa dell’Assunta (che purtroppo molti di voi conoscono solo come Ferragosto!): “Un gran segno apparve nel cielo, una donna con il sole per manto, la luna sotto i piedi e sulla testa una corona di dodici stelle“.  Ebbe un ruolo decisivo nella scelta Paul Lévy, presidente della commissione giudicatrice, che era di origini ebraiche e quindi  assai sensibile al simbolismo biblico del numero 12.
Il giornalista Antonio Socci, che in uno dei suoi libri mi ha fatto conoscere questa storia, sottolinea alcune singolari coincidenze: Paul Michel Gabriel Lévy, l’uomo decisivo nella scelta, era nato il 27 novembre, giorno della festa di Nostra Signora della Medaglia miracolosa. Grande intellettuale ebreo, chiuso dai nazisti nel lager di Braendonk, fuggì, nel 1942 divenne cattolico, arrivò in Inghilterra ed ebbe un ruolo fondamentale per liberare i prigionieri dai campi di sterminio (fu lui che portò gli americani a Dachau). Sembra che  Lévy abbia presieduto anche la commissione per la vetrata dell’Europa, nel fondo della cattedrale di Strasburgo. Questa vetrata rappresenta la Vergine che allontana le mani per separare i popoli che si sono sempre battuti sul Reno. Nella parte superiore della vetrata sono presenti ancora le dodici stelle della medaglia miracolosa e dell’Apocalisse.
L’altra “strana” coincidenza è che l’approvazione della bandiera avvenne “casualmente” l’8 dicembre 1955. Ma l’8 dicembre per la Chiesa cattolica è la festa dell’Immacolata Concezione, coincidenza che ci riporta di nuovo alle apparizioni della Medaglia miracolosa (Parigi 1830). Infatti a Caterina Labouré la Vergine apparve con un Serpente sotto ai piedi. La Madre di Cristo incaricò Caterina di coniare e diffondere la Medaglia dove fossero rappresentate le dodici stelle dell’Apocalisse e la scritta: «Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a te». Per la Chiesa l’Immacolata che schiaccia il Serpente rappresenta anche la missione  di Maria che libera l’umanità da Satana.
L’altra coincidenza è che i Trattati di Roma, che segnarono l’atto di nascita dell’Europa unita, furono firmati il 25 marzo 1957, festa dell’Annunciazione a Maria e dell’Incarnazione del Verbo divino.
Qualcuno potrà dire che sono tutte sciocchezze. Ma chissà?!!!

Ecco come il telegiornale di RaiDue ha riportato la notizia.

Una fiaba buddhista per imparare la pace

I ciechi e l’elefante
rielaborata da Roberto Carvelli


Successe in India. Tanto tempo fa. Una volta nel parco di Anatapindika, nella città di Jetavana presso Savatthi, religiosi, dotti e scienziati litigavano furiosamente, si accapigliavano, si offendevano. Ognuno pensava di dire ciò che era giusto e ciò che era sbagliato e ognuno aveva l’idea che era giusto ciò che diceva lui e sbagliato quello che diceva un altro. Ognuno era così convinto di essere dalla parte della ragione che neanche ascoltava quello che l’altro aveva da dire e appena si accorgeva che voleva dire qualcosa di diverso lo offendeva dicendo: «È giusto come la penso io, la tua idea è sbagliata». E l’altro lo stesso: «Ma che dici? La mia è l’idea giusta, è la tua che è sbagliata». E litigavano ancora. Per lo più litigavano per un fatto: che uno diceva che l’universo è grande grande grande, così grande che praticamente non ha né una fine e né un inizio. Praticamente: l’universo è infinito. Ma l’altro non era d’accordo perché diceva che invece il mondo è finito e faceva un disegno del villaggio in cui vivevano per dimostrarlo. Ma non litigavano solo per questo. C’era chi diceva che gli animali hanno un’anima e chi diceva di no. Uno che il tempo non ha né un inizio e né una fine – come quell’altro aveva detto dell’universo – e l’altro santone si stropicciava la barba e iniziava a contare «uno due tre… mille… vedi che si può contare il tempo? Quindi se si può contare con i numeri a un certo punto finirà!» Nonostante fossero tutte persone molto colte e istruite ognuno però usava la sua sapienza per offendere con le parole l’altro. Uno diceva: «Sei uno stupido. La terra gira, altro che ferma». E l’altro: «Se gira allora tutto dovrebbe cambiare sempre». Poi si davano dello sciocco perché per uno la terra era rotonda e per un altro piatta. Insomma in questa città, che si chiamava Savatthi, regnava una grande confusione. Ma per fortuna tra tutti i saggi ce n’era uno di gran lunga più saggio.

Tanto saggio da non cadere nei facili tranelli delle discussioni, da vivere in disparte e con modestia ma sempre disposto ad accettare l’idea espressa da un’altra persona. Questa sua serenità lo rendeva ancora più saggio ed era da tutti riconosciuto come un saggio dei saggi. Anzi diciamo pure il saggio per eccellenza. Ma il nostro dotto amico, saputo di quello strano conflitto, si era molto contrariato perché pensava che era buffo che persone così intelligenti e profonde non riuscissero a trovare un accordo sulla loro ricerca di verità e che fossero convinte che la loro verità fosse così giusta da offendere quella dell’altro. Avrebbe potuto intervenire anche lui cercando di capire cosa diceva uno e cosa l’altro, ma rendendosi conto che non sarebbe servito a nulla entrare nella discussione decise di raccontare una storia che li aiutasse a capire. La storia che gli raccontò era quella di un gruppo di ciechi e di un elefante. E la storia diceva così.
Cari monaci, un re in un tempo molto antico, in questa stessa città mandò a chiamare tutti coloro che erano nati ciechi. Dopo che questi si furono raccolti in una piazza mandò a chiamare il proprietario di un elefante a cui fece portare in piazza l’animale. Poi chiamando a uno a uno i ciechi diceva loro: questo è un elefante, secondo te a cosa somiglia? E uno diceva una caldaia, un altro un mantice a seconda della parte dell’animale che gli era stata fatta toccare. Un altro toccava la proboscide e diceva il ramo di un albero. Per uno le zanne erano un aratro. Per un altro il ventre era un granaio. Chi aveva toccato le zampe le aveva scambiate per le colonne di un tempio, chi aveva toccato la coda aveva detto la fune di una barca, chi aveva messo la mano sull’orecchio aveva detto un tappeto. Quando ognuno incontrò l’altro dicendo quello a cui secondo lui somigliava l’animale discutevano animatamente perché ognuno era convinto assolutamente di quello che aveva toccato. Perciò se gli chiedevano a cosa somigliasse un elefante diceva l’oggetto che gli era sembrato di toccare. Naturalmente se uno diceva un mantice e l’altro una caldaia volavano gli insulti perché nessuno metteva in dubbio quello che aveva sentito toccando la parte del corpo dell’elefante. Il re vedendoli così convinti della loro sicurezza e litigiosi si divertiva un mondo. Ma alla fine decise di aiutarli a capire, e a due a due li invitava a toccare quello che aveva toccato l’altro e a chiedergli a cosa somigliasse. Così tutti dicevano quello che sosteneva l’altro e si invertivano i ruoli. Come se fosse stato un gioco li invitò a parlare tra di loro e alla fine tutti si formarono l’idea di come in realtà l’elefante fosse. Tutti furono d’accordo che era un mantice con un ramo di un albero nel mezzo e a lato un aratro con due tappeti sopra un granaio sostenuto da colonne e tirato da una fune di barca.
Dopo che il saggio Maestro ebbe finito di raccontare questa storia disse: «Miei saggi discepoli voi fate la stessa cosa. Non sapete ciò che è giusto e ciò che è sbagliato né ciò che è bene e ciò che è male e per questo litigate, vi accapigliate e vi insultate. Se ognuno di voi parlasse e ascoltasse l’altro contemporaneamente la verità vi apparirebbe come una anche se ha molte forme».

Questa parabola è tratta dagli Udana.