La piccola grande storia di Andrea


Andrea era nato con una disabilità totale ed è morto il 13 luglio a sedici anni.
Ho letto di lui su Avvenire, in una lettera inviata da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Perchè ve ne parlo? Perchè la sua storia non fa notizia sui giornali, o meglio, di lui se ne sarebbe parlato se avesse rivendicato il diritto di mettere fine alla sua vita. Allora sì che sui giornali avremmo letto la sua storia. Ma Andrea sulla vita aveva le idee molto chiare. Grazie alla comunicazione facilitata con un computer, l’unico sistema tramite il quale poteva esprimersi, scriveva: “Io penso: chiunque mi sta a chiedere come mi sento, io, difettoso nel corpo ma non nella mente e nel cuore, io rispondo: chi può dirlo fra noi chi è più felice?“. Scriveva ancora: “Decisamente benedetta la mia nascita. Non un giorno solo ho pensato che sarebbe stato meglio non essere nato… Grato sono alla vita e voglio che si sappia“. Andrea non era un folle, ed era consapevole delle proprie sofferenze e di quelle della sua famiglia. Ma la mamma Gabriella dice: “Mi sono sentita uno strumento per lui, attraverso il quale è passato Dio senza che ne avessi la piena consapevolezza“.
Bella storia questa di Andrea e meravigliosa la sua famiglia. Loro sì che ci fanno capire che la vera disabilità è l’incapacità di amare e di sentirsi amati, il rimanere intrappolati in quelle gabbie mentali che ci fanno pensare alla vita solo in termini di efficienza. Oggi si sta diffondendo una cultura che ha perso il senso della indisponibilità e sacralità della vita, e abbiate pazienza se penso che non è un gran bel progredire.
Di fronte a questo modo di vivere l’amore mi inchino e rendo grazie a Chi ci rende capaci di tanto.

Il compleanno del cardinale Tonini

Il mese di luglio è per la mia famiglia un mese carico di compleanni. Facciamo gli anni io, mia cognata, mio fratello, una nipote, due cugini. Fare gli auguri di buon compleanno per me significa dire a quella persona che ci si ricorda di lei, che si è felici di averla tra noi. Festeggiare il proprio compleanno è l’occasione per stare con le persone care, ma soprattutto per ringraziare Dio della vita donata.
Proprio ieri, il 20, una grande persona ha festeggiato i suoi 95 anni. Sto parlando del cardinale Ersilio Tonini, che è stato, in anni passati, anche vescovo di Macerata. Ho ascoltato, letto le interviste che gli hanno fatto, perchè 95 anni sono una bella età, soprattutto quando sono portati con la lucidità e l’ottimismo che caratterizzano questa persona. Vi riporto alcune delle frasi che maggiormente mi hanno colpito, nella prospettiva che possano offrirci lo spunto per riflessioni, approfondimenti, ricerche per il prossimo anno scolastico.
Sono grato a Dio di questi anni, di tutte le persone che ho incontrato. Domattina (il giorno del compleanno, ndr) a Dio dirò grazie. Come d’altronde faccio da quando ero bambino, ogni giorno. “Grazie” che è la parola più semplice e fondamentale. Perchè nel dirla, sta il riconoscere di avere ricevuto un dono di cui si è grati: e chi è grato è portato, a sua volta, a donare“.
Questo mio tempo è il momento in cui più mi rendo conto di quanto ho ricevuto. E’ il tempo in cui mi sembra di conoscere di più, di saper valutare, di essere più libero. E’ come se oggi, interiormente, avessi un saggio che mi guida. La vecchiaia è un premio“.
Ho una profonda stima dell’uomo. I peccati non mi hanno mai scandalizzato. Su tutto, prevale in me la meraviglia per la coscienza donata a ciascuno di noi. Quella coscienza che è il luogo della nostra libertà, e della possibilità di scegliere, alla fine, il bene. Anche se oggi si è un po’ persa la coscienza, resto ottimista“.
Mio padre mi diceva sempre:”Quello che conta nella vita è volersi bene, un pezzo di pane e la coscienza retta“.
Conosco gli uomini. E so che, dentro, hanno una possibilità straordinaria di bene“.
Oltre la morte sarà bellissimo. Perchè vedremo finalmente la nostra storia, tutta intera. Voglio dire: vedremo la storia di ciascuno di noi, dal suo vero principio, dall’istante in cui Dio ci ha concepiti nei suoi pensieri. Perchè ciascuno è stato pensato, progettato dall’inizio del tempo. E’ una prospettiva sterminata. E’ posare gli occhi sull’orizzonte infinito per cui sono stati fatti. Sarà l’abbraccio di Cristo, una felicità ineguagliabile“.
Basterebbe, ecco, essere meno distratti. Svegliarsi al mattino, e riconoscere con stupore, il dono della vita ricevuto“.

Ricordando il giudice Borsellino

Voi non eravate ancora nati quando, 17 anni fa, il giudice Borsellino veniva fatto saltare in aria, insieme alla sua scorta. Siamo a Palermo, in via D’Amelio, e sono passati due mesi dalla barbara uccisione di Falcone, della moglie e, ancora una volta, di chi faceva parte della scorta.
I nomi di Falcone e Borsellino dovrebbero esservi noti, come, immagino, sappiate che questi due giudici furono fatti fuori dalla mafia.
Quest’anno a scuola, con le classi seconde, abbiamo visto alcuni momenti del film “Alla luce del sole” che racconta di un prete, don Pino Puglisi, che non si lasciò intimorire dalla mafia e per questo venne assassinato. La mafia in quegli anni mostrò tutta la sua ferocia e, sinceramente, non si può non provare rabbia di fronte a fatti del genere.
Ma la rabbia, dice il cristianesimo, deve far posto al perdono. Sembra impossibile, ma, leggendo quanto riportato su Avvenire di sabato 18 luglio da Maurizio Patriciello, c’è chi ci riesce. Il giornalista, infatti, ci ricorda le parole di Agnese Borsellino, vedova di Paolo:
Se mi dicono perchè l’hanno fatto, se confessano, se collaborano con la giustizia, se consentono di arrivare a una verità vera, io li perdono … devono dirmi con coraggio quello che sanno, con lo stesso coraggio con cui mio marito è morto. Di fronte al coraggio io mi inchino… Sono sicura che nella vita gli uomini si redimono, non tutti, ma alcuni. Mio marito mi ha insegnato che si possono redimere“.
Il perdono richiede coraggio, grande forza d’animo, fiducia nell’uomo, nella possibilità che possa cambiare. Quanta vigliaccheria, invece, in chi, figlio delle tenebre, persiste nell’errore, o meglio nell’errare in una strada senza sbocco e speranza.
Si può cambiare, ci si può liberare dei fardelli che appesantiscono la nostra vita. Si può. Perchè, fosse anche il caso che io non avessi fiducia di farcela, Qualcuno continuerebbe ad investire in questa mia capacità di cambiamento. Vi ricordate Gesù con l’adultera? “Va e non peccare più“. Quelle parole pronunciate nei confronti di quella donna che tutti erano pronti a colpire, ci dicono che l’amore di Dio è grande, come la fiducia che Egli ripone nell’uomo.
Tutti possiamo cambiare, perchè, come esseri umani, siamo dotati della capacità di prendere coscienza dei nostri sbagli, e il Signore ci dà la forza di cambiare strada. In questo credono i cristiani ed è per questo che il giudice Borsellino, ed oggi sua moglie, ci dicono che è possibile perdonare, perchè ogni persona, se vuole, può imparare a fare il bene.

Gesto di solidarietà dei bambini del Kosovo ai terremotati abruzzesi

Ho letto su Popotus, l’inserto bisettimanale del giornale Avvenire rivolto ai bambini, che i piccoli orfani ospitati in una casa-famiglia del Kosovo centrale (nella penisola Balcanica, al di là dell’Adriatico) hanno deciso di rinunciare per un po’ agli aiuti che arrivano dall’Italia per dirottarli sui coetanei abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile. Accanto all’impegno dei leader dei Paesi più potenti del mondo per la ricostruzione dei monumenti e dei paesi abruzzesi, il gesto di questi bambini è poca cosa, ma solo se ci fermiamo all’aspetto materiale. Se riusciamo ad andare oltre, infatti, ci renderemo conto che è un grande esempio di solidarietà. Gli orfani del Kosovo vogliono infatti restituire un po’ di quello che hanno ricevuto, perchè la vera solidarietà non è nei numeri, più o meno grandi (pensate ai 20 miliardi di dollari che sono stati stanziati dal G8 per la lotta contro la fame del mondo), ma nell’impegno a fare ciò che è giusto, a rinunciare al di più, perchè non ci sia nessuno che abbia di meno.

La religione è un fatto scomodo?


Confesso, e non me ne vogliate, di non amare molto il calcio. Non ho seguito quindi la finale della Confederation Cup tra Brasile e Usa, ma ho visto al telegiornale le immagini dei calciatori brasiliani in preghiera, dopo la vittoria. Mi sono persa invece le canottiere di Kakà e Lucio, che a vittoria ottenuta sono state fatte vedere sollevando la maglia gialla della tenuta ufficiale. Cosa c’era scritto in quelle canottiere? non parolacce o bestemmie, ma “I belong to Jesus” (“io appartengo a Gesù”) in quella di Kakà e “I love (dove il love era un cuore rosso) Jesus” in quella di Lucio.
Ho letto che la Federcalcio danese ha chiesto alla Fifa di comminare punizioni esemplari perchè il fatto non torni a ripetersi, che cioè non sia più permesso nei campi di calcio, anche a partita terminata, di dare spazio a manifestazioni religiose.
Ma la religione deve essere solo un fatto da relegare alla sfera privata?
La questione è complessa, e a quanto pare, come vedrete nella vignetta che allego, con Linus e Lucy protagonisti, noi, poveri mortali, non riusciamo a parlare di religione con animo sereno e troppe volte siamo prevenuti di fronte al fatto religioso.
Varrà la pena ragionarci su?!!!

Sulla coscienza

Per riflettere sulla coscienza, i comandamenti e le beatitudini, ho proposto ai ragazzi di terza media la visione di alcune scene dal film “La rosa bianca”, che si ispira a fatti realmente accaduti durante la Seconda Guerra mondiale. Nonostante sia un film “statico”, psicologico, non certo d’azione, gli alunni hanno seguito con molta attenzione e partecipazione. Sono rimasti particolarmente colpiti da alcuni dialoghi, come quello in cui Sophie Scholl, l’unica ragazza del gruppo della Rosa Bianca, risponde a Mohr, l’ispettore che la sta interrogando, che “le leggi cambiano, la coscienza resta”, oppure quando ancora, di fronte al tribunale, lei e il fratello difendono la bontà e la dignità della loro scelta. I ragazzi sono rimasti impressionati dal coraggio di Sophie e dalla sua fiducia in Dio. Sophie si presenta come una ragazza dalla mente libera, non ottenebrata dall’incapacità di riconoscere ciò che è bene e male, che parla di decenza, in un mondo che continuamente andava calpestando la dignità dei deboli e degli indifesi, e di Dio, che le grandi ideologie di quel tempo (nazismo e comunismo) volevano morto.

Gli alunni stanno raccogliendo le loro riflessioni sul film e sugli approfondimenti proposti; a breve inserirò nel blog quelle più significative.