Educazione e Parola di Dio

E’ un po’ di tempo che la collettività di una delle cittadine in cui insegno è addolorata e sgomenta per la perdita di tanti giovani sulle strade. Più che un problema di educazione stradale, sono sempre più convinta che si tratti di un problema di educazione. Educazione al senso civico, al rispetto dell’altro, alla vita. Forse i nostri ragazzi non sono stati educati abbastanza a riconoscere la loro vita come dono, probabilmente perchè sembra che tutto sia loro dovuto, per cui non c’è nulla di cui ringraziare.
Si muore nelle strade per fatalità, ma molte altre volte perchè si corre come dei forsennati, non si rispettano nè i limiti nè le più elementari regole di sicurezza. E qualcuno muore. Troppi muoiono. Molte volte per colpa di altri.
Proprio di fronte a quei comportamenti così superficiali nei confronti della vita propria e altrui, sia che li poniamo in atto guidando, o in tante altre situazioni della nostra vita, in particolar modo quando ci facciamo “carnefici” più o meno consapevoli del debole di turno, mi viene da pensare che fine abbia fatto la nostra coscienza.
Mi affido alle pagine di un editoriale di Carlo Cardia, pubblicato da Avvenire il 13 agosto, per proseguire in questa “provocazione”:

Forse, dobbiamo interrogarci se è ancora possibile stupirci di fronte al male dopo che per tanto tempo la parola di Dio è stata considerata come un accessorio, che possiamo scegliere o respingere a piacimento, o dopo aver sostenuto a gran voce che la società non deve favorire una concezione etica della persona e della collettività, perché ciascuno può respingerla come pericolosa. A me sembra una contraddizione profonda, quasi mostruosa, che prima si scacci Dio e la legge immessa nella nostra coscienza, e poi si chieda come disorientati quale è l’origine del male, la ragione di gesti così cattivi, perversi, che uccidono l’uomo nel corpo o nello spirito. L’uomo è certamente libero, e può scegliere tra «il fuoco e l’acqua; là dove vuoi stenderai la tua mano» (Sir, 15, 16), ma la scelta è frutto di una educazione, di una formazione che non può essere rifiutata o dileggiata, perché «la morte è entrata nel mondo, e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap, 2, 24), e la morte interiore di alcuni è causa di violenza e di morte anche per altri. Si possono seminare con alterigia, o indifferenza verso la fonte del bene, i germi della superbia e della prepotenza, negando l’esistenza del peccato e del male, e coltivare in alternativa l’arbitrio personale, ma si deve sapere che poi il male si ripresenta con la sua oscenità, banalità, ripetitività, fin quasi a lasciarci storditi.
A questo punto siamo responsabili noi, non altri, il destino, o la società in astratto, se abbiamo fatto il deserto di principi morali, o se abbiamo fatto il possibile perché l’uomo scelga tra il bene e il male che stanno dentro e fuori di lui“.

Lettera ad un figlio

Ecco cosa ho ricevuto nella posta elettronica di alcuni giorni fa.

Lettera ad un figlio :::

Figlio mio,

quando ti sei svegliato questa mattina ti ho osservato ed ho sperato che tu mi rivolgessi la parola, anche solo poche parole, chiedendo la mia opinione, ringraziandomi per qualcosa di buono che era accaduto ieri…

Però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da metterti per andare a lavorare. Ho continuato ad aspettare ancora mentre correvi per la casa per vestirti e sistemarti e io sapevo che avresti avuto del tempo, anche solo qualche minuto e dirmi “ciao”…

…Però eri troppo occupato…

Per questo ho acceso per te il cielo, l’ho riempito di colori e di dolci canti di uccelli per vedere se così mi ascoltavi, però nemmeno di questo ti sei reso conto. Ti ho osservato mentre ti dirigevi al lavoro e ti ho aspettato pazientemente tutto il giorno. Con tutte le cose che avevi da fare, suppongo che tu sia stato troppo occupato per dirmi qualcosa.

Al tuo rientro ho visto la tua stanchezza e ho pensato di farti bagnare un pò perché l’acqua si portasse via il tuo stress. Pensavo di farti un piacere perché così tu avresti pensato un pò a me, ma ti sei infuriato ed hai offeso il mio nome; io desideravo tanto che tu mi parlassi, c’era ancora tanto tempo…

Dopo hai acceso il televisore, io ho aspettato pazientemente, mentre guardavi la tv, hai

cenato e ti sei dimenticato ancora di parlare con me… non mi hai rivolto il minimo pensiero…

Ho notato che eri stanco e ho compreso il tuo desiderio di silenzio e così ho oscurato lo splendore del cielo, ho acceso una candela, in verità era bellissimo ma tu non eri interessato a vederlo…

Al momento di dormire credo che tu fossi distrutto, così dopo aver dato la “Buonanotte”

alla famiglia sei caduto sul letto e quasi immediatamente ti sei addormentato…

Ho accompagnato il tuo sonno con una musica, i miei animali notturni si sono illuminati; ma non importa perché forse non ti rendi nemmeno conto che io sono sempre lì per te… Ho più pazienza di quanto non immagini…

Mi piacerebbe pure insegnarti ad avere pazienza con gli altri, Ti amo tanto che aspetto

tutti i giorni una tua preghiera…

Il paesaggio che faccio è solo per te!!!

Bene, ti stai svegliando e ancora una volta io sono qui che aspetto senza niente altro che

il mio Amore per te, sperando che almeno oggi tu possa dedicarmi un pò del tuo tempo…

Buona Giornata figliolo!

Tuo Papà… Dio

La radice dei diritti umani

È nella «dignità naturale di ogni per­sona» la radice dei diritti umani. L’ha ribadito Benedetto XVI ricevendo il bureau dell’Assemblea parlamen­tare del Consiglio d’Europa.
Provo a riassumervi i punti fondamentali del suo discorso.

Tenendo presente il contesto della società attuale, nella quale si incontrano popoli e culture differenti, è imperati­vo sviluppare sia la validità u­niversale dei diritti che riguardano la persona umana, sia la loro inviolabilità, inaliena­bilità e indivisibilità.
Il relativismo nel campo dei valori, dei diritti e dei doveri è pericoloso. Se i valori, infatti, fossero privi di un fondamento razionale oggettivo, comune a tutti i popoli, e si basasse­ro esclusivamente su culture, deci­sioni legislative o sentenze di tribu­nali particolari, come potrebbero of­frire un terreno solido e duraturo per le istituzioni sovranazionali? Come potrebbe es­serci un dialogo fecondo tra le culture senza valori comuni, diritti e princì­pi stabili, universali, intesi allo stes­so modo da tutti? Questi valori, di­ritti e doveri sono radicati nella di­gnità naturale di ogni persona, qual­cosa che è accessibile alla ragione u­mana. La fede cristiana non ostaco­la, bensì favorisce questa ricerca, ed è un invito a cercare una base so­prannaturale per questa dignità.
Sui diritti umani, insomma, non si può giocare. Non si possono infatti giustificare violazioni sulla base di una presunta diversità di cultura o di tradizioni. La dignità della persona umana ne è la radice, e non si tratta da rendere omaggio a quella o quell’altra cultura, perchè è la ragione stessa, che appartiene a tutti, che ce li fa riconoscere.

Si comincia!

Penso che questa vignetta dell’umorista Dave Granlud (vista su Avvenire di mercoledì 8 settembre) esprima bene il vostro stato d’animo.

Coraggio, domani ci si vede.
PS: in fondo la scuola non è poi così brutta come la si dipinge! Vero, ragazzi?

A proposito di valutazione

Primi collegi docenti, prime riflessioni su griglie di valutazione, criteri, percentuali, ecc.
Un pensiero mi è venuto in mente in questi giorni, anticipato in parte dall’Elogio della lentezza (su cui ho già scritto), che  l’ansia della misurazione mal si concilia con il rispetto del tempo di crescita di ciascuno.
Mi è capitato di ritrovare un pensiero di Martin Buber:
L’uomo è come un albero. Se ti metti di fronte a un albero e lo guardi incessantemente per vedere se cresce e di quanto sia cresciuto, non vedrai nulla. Ma curalo in ogni momento, liberalo dal superfluo e tienilo pulito (…) ed esso, a tempo debito, comincerà a crescere. Lo stesso vale anche per l’uomo: l’unica cosa che gli serve è superare lacci e impedimenti, e non mancherà di svilupparsi e crescere. Ma è sbagliato esaminarlo in continuazione per scoprire quanto sia cresciuto“.
Credo che il rispetto che dobbiamo ai nostri alunni e al nostro “mestiere” richieda di non lasciarsi prendere acriticamente da certi meccanismi. Valutare sì, stressare no!

Medjugorje, il mistero

Questa estate ero tra i tanti pellegrini che si recano a Medjugorje, questa piccola località della Bosnia Erzegovina dove da quasi trent’anni apparirebbe la Madonna a sei veggenti. Ho usato il condizionale perchè la Chiesa non si è ancora pronunciata ufficialmente su quegli eventi. Vi confesso che questa esperienza mi ha molto colpito e lasciato qualcosa nel profondo del mio animo. Chi mi conosce sa che non sono facile agli entusiasmi e che sono piuttosto razionale, però sento che qualcosa in me è accaduto.
Vi lascio questo filmato che parla delle apparizioni di Medjugorje.

Cercare le proprie radici

Per Benedetto XVI è “vitale” per la persona avere “delle radici, delle basi solide”, al contrario di ciò che afferma il pensiero attuale. Per questo, invita i giovani a tener conto delle radici e a cercare “punti fermi” che sostengano la loro vita.
E’ il contenuto del Messaggio che ha consegnato ai giovani che parteciperanno alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid (Spagna) nell’agosto 2011, un testo in cui il Papa parla dei suoi anni giovanili, con le loro aspirazioni e i loro dubbi.
Nel Messaggio, il Pontefice invita i giovani a resistere al pensiero attuale relativista, a non smettere di aspirare a una “vita più grande”, a cercare in definitiva Dio stesso.
“La cultura attuale, in alcune aree del mondo, soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, o a considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita sociale”, anche se “l’insieme dei valori che sono alla base della società proviene dal Vangelo”.
Il Papa constata l’esistenza di “una sorta di ‘eclissi di Dio’, una certa amnesia, se non un vero rifiuto del Cristianesimo e una negazione del tesoro della fede ricevuta, col rischio di perdere la propria identità profonda”.
Per questo, invita i giovani a tornare alle radici: “Voi siete il futuro della società e della Chiesa! Come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani della città di Colossi, è vitale avere delle radici, della basi solide! E questo è particolarmente vero oggi, quando molti non hanno punti di riferimento stabili per costruire la loro vita, diventando così profondamente insicuri”.
“Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento”, avverte.
In quest’ottica, incoraggia i giovani a reclamare “il diritto di ricevere dalle generazioni che vi precedono punti fermi per fare le vostre scelte e costruire la vostra vita, come una giovane pianta ha bisogno di un solido sostegno finché crescono le radici, per diventare, poi, un albero robusto, capace di portare frutto”.
“Quali sono le nostre radici? – si chiede -. Naturalmente i genitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità”.
Ad ogni modo, invita i giovani ad andare oltre: “Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente”.
Nel contesto attuale, afferma il Papa, “c’è una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un ‘paradiso’ senza di Lui”.
“Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un ‘inferno’: prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l’odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza”.
“Al contrario, là dove le persone e i popoli accolgono la presenza di Dio, lo adorano nella verità e ascoltano la sua voce, si costruisce concretamente la civiltà dell’amore, in cui ciascuno viene rispettato nella sua dignità, cresce la comunione, con i frutti che essa porta”.
Mette dunque in guardia i giovani: “Vi sono dei cristiani che si lasciano sedurre dal modo di pensare laicista, oppure sono attratti da correnti religiose che allontanano dalla fede in Gesù Cristo. Altri, senza aderire a questi richiami, hanno semplicemente lasciato raffreddare la loro fede, con inevitabili conseguenze negative sul piano morale”.
“Per questo anch’io, come Successore dell’apostolo Pietro, desidero confermarvi nella fede. Noi crediamo fermamente che Gesù Cristo si è offerto sulla Croce per donarci il suo amore; nella sua passione, ha portato le nostre sofferenze, ha preso su di sé i nostri peccati, ci ha ottenuto il perdono e ci ha riconciliati con Dio Padre, aprendoci la via della vita eterna”.
Il Papa conclude quindi il suo Messaggio invitando i ragazzi a testimoniare la fede nell’era della globalizzazione.
“Cristo non è un bene solo per noi stessi, è il bene più prezioso che abbiamo da condividere con gli altri. Nell’era della globalizzazione, siate testimoni della speranza cristiana nel mondo intero: sono molti coloro che desiderano ricevere questa speranza”.
FONTE: ZENIT.org

E prima del Big Bang?

Stephen Hawking ha recentemente affermato, in un libro uscito in questi giorni in Inghilterra («The Grand Design»), che la creazione dell’universo si può spiegare anche senza scomodare la presenza di Dio.
Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma il problema resta, perchè se la moderna cosmologia è in grado di raccontare minuto per minuto quello che è accaduto circa 13.7 miliardi di anni fa con il Big Bang, c’è un intervallo di tempo che va dall’istante zero a un tempo valutato in «10 alla meno 43»(che significa un decimale con 43 zeri dopo la virgola) su cui la scienza non può dire nulla. C’è quindi un buco nella ricostruzione dell’origine dell’Universo (chiamato tempo di Plank) che, per quanto piccolo, porta con sè tante domande, perchè ci porta a pensare ad un prima dell’ora X (cioè il Big Bang). Cosa è accaduto allora prima del Big Bang? Cosa c’era prima? E’ simpatica la risposta che a queste domande dette un astronomo: «Cosa stava facendo Dio prima del Big Bang? È molto semplice: stava creando l’inferno per metterci dentro chi avrebbe formulato domande di questo genere!».
A parte le batture, pur considerando che gli obiettivi e i metodi che la scienza si pone vanno tenuti ben distinti da quelli della religione, penso che avesse ragione Fred Hoyle quando diceva: «Ho sempre trovato strano che, benché la maggior parte degli scienziati dica di volerla evitare, in realtà la religione domini i loro pensieri ancora più di quelli dei preti».