La sinagoga

L’immagine, che potete vedere ingrandita cliccandoci sopra con il tasto destro, è tratta dal libro: Religione Perchè?, EDB

Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 D.C., la sinagoga divenne il centro della vita comunitaria degli ebrei.
Sinagoga è termine ebraico per “assemblea, luogo di riunione”, col tempo passato a definire il luogo di culto della religione ebraica, essendo la parola stessa la traduzione in greco del termine ebraico בית כנסת (Beit Kenneset, appunto casa di riunione). In yiddish il termine è šul (שול), il quale corrisponde all’usanza ebraico-italiana di riferire alla sinagoga come “scola”, dal quale, ad esempio, la Piazza delle Cinque Scole nel vecchio ghetto di Roma.
Nella sinagoga, come potete vedere nell’immagine che apre questo post, troviamo l’ arca-armadio (aròn hakkodeš — אָרוֹן הַקֹּדֶשׁ) contenente i rotoli delle Sacre Scritture (Torah), che è incastrata nella parete orientale, che guarda verso Gerusalemme, mentre il pulpito del lettore ( ammùd — עַמּוּד ), gli sta di fronte, al centro della sala o al capo opposto, sopra una piattaforma leggermente alzata ( bimàh — בִּימָה ). Sopra l’aron è posta una luce sempre accesa — il ner tamìd (נֵר תָּמִיד), ossia la “lampada eterna” — che ricorda la menorah del Tempio a Gerusalemme, la quale è rimasta miracolosamente accesa per otto giorni, nonostante la sconsacrazione dei saccheggiatori Seleucidi.
Nelle sinagoghe ortodosse uomini e donne siedono separatamente.
(Fonte: Wikipedia)
Tradizionalmente al centro o in fondo, ma nelle nuove monumentali sinagoghe italiane vicino all’Aron, c’è la tevà, o altare comunemente detto, da dove il chazan (cantore) officia la funzione religiosa.
Dentro una sinagoga si può fare una lezione, un dibattito, o persino svolgere un congresso di un movimento giovanile tanto quanto celebrare un matrimonio, ballare con il sefer in mano o festeggiare un compleanno! Inoltre la sinagoga in quanto tale non è necessaria per lo svolgimento delle preghiere, basta una qualsiasi stanza abbastanza grande da contenere almeno 10 uomini (questo sì che è necessario per fare una preghiera collettiva), e un sefer torà perché un luogo qualsiasi si trasformi in una Sinagoga.

In Italia, ci sono numerose sinagoghe a testimonianza di una presenza ebraica che risale all’epoca romana. Tuttavia solo con l’emancipazione, le sinagoghe assumono di regola un aspetto monumentale, perché le leggi restrittive che regolavano la presenza dei luoghi di culto ebraici nei paesi cristiani non permettevano agli ebrei la costruzione di tali edifici. Caratteristica che si accentuò con l’istituzione dei ghetti a partire dal XVI secolo, con l’obbligo di locazione della sinagoga all’interno del ghetto stesso. Per contrasto, gli interni erano riccamente decorati secondo gli stili architettonici dell’epoca. Con l’emancipazione, a partire dal 1848 fu possibile la costruzione di maestosi e grandiosi edifici. A volte le sinagoghe si dotarono di facciate monumentali, in altri casi se ne costruirono di nuovi e imponenti, come a Roma, Torino o Firenze. Emblematico rimane, ad esempio il caso della Mole Antonelliana a Torino che progettata inizialmente come nuova sinagoga, fu poi ceduta per l’impossibilità di sostenere i costi di costruzione.
(tratto da Paola Abbina in Shalom, mensile ebraico di’informazione e cultura)

La Beata Camilla Battista da Varano

La nostra diocesi si prepara a celebrare un evento importante: molto presto, una donna della sua terra sarà dichiarata santa. Di chi si tratta? Mi riferisco alla Beata Camilla Battista da Varano.
Dobbiamo andare indietro nel tempo ed arrivare al 1458, l’anno in cui nacque a Camerino da Giulio Cesare Varano, signore della città, e da Cecchina di Mastro Giacomo.
Il Vescovo di Camerino, Monsignor Brugnaro, ha sottolineato come ella abbia anticipato, nella modernità della mistica, tempi e modalità che erano impensabili nella cultura della sua epoca. E’ una donna che merita di essere conosciuta e che, come purtroppo a volte accade, è più nota al di fuori dei confini della sua regione.
Per questo ho pensato di proporvi questa figura in cui si manifesta la grandezza dell’amore di Dio.
Camilla non era destinata alla vita del convento, e anzi dovette lottare contro la volontà di suo padre, che l’aveva destinata a tutt’altro e contro se stessa, che si sentiva attratta dalla vita mondana. Ma l’amore per Gesù le permise di vincere ogni ostacolo. Di lei abbiamo numerose opere, da scritti storici autobiografici, a testi poetici, trattati, preghiere. Il suo corpo è sepolto nella Chiesa delle Clarisse di Camerino
Se ne volete sapere di più, vi invito a visitare proprio il sito delle Clarisse a questo indirizzo: www.clarissecamerino.it

Miep Gies: la donna che scoprì il Diario di Anna Frank

A quasi cento anni è morta, alcuni giorni fa, Miep Gies, la donna che aiutò la famiglia Frank nel suo nascondiglio e che custodì i diari di Anna, fino al ritorno del padre, unico superstite degli occupanti del nascondiglio segreto.Nel corso degli anni, tempo in cui Miep continuò ad essere riconosciuta come una sorta di ambasciatrice alla memoria di Anna Frank, ella seguitò a ripetere: “Non sono un’eroina… Ho solo fatto ciò che potevo per aiutare”.
Da Ansa.it (12 gennaio 2010)

La donna che scoprì i diari di Anna Frank, la ragazzina ebrea diventata uno dei simboli della Shoah, é morta in una casa di riposo in Olanda all’età di 100 anni in seguito a una caduta accidentale nel periodo natalizio. Miep Gies era l’ultima superstite del gruppo che tra il luglio 1942 e l’agosto 1944, aiutò a nascondere Anna Frank, i genitori, la sorella e altre quattro persone nella famosa casa sul Prinsengracht, ad Amsterdam, poi diventata un museo.
Nata a Vienna nel 1909, si era trasferita a Leida nel 1920. Nel febbraio 2009, quando aveva festeggiato il suo centesimo compleanno, lucida e modesta come sempre aveva ripetuto di non sentirsi affatto un’eroina ed aveva detto anzi che altri avevano fatto molto più di lei per cercare di proteggere gli ebrei dalle persecuzioni naziste. Nel 1922 ad Amsterdam incontrò Otto Frank, il padre di Anna, che l’assunse nella sua azienda, la Opekta, che produceva preparati per marmellate. Divenne una stretta amica di famiglia e assieme al marito fu ospite regolare di casa Frank. Con il marito e alcuni colleghi, dopo l’invasione nazista dell’Olanda aiutò a nascondere Edith e Otto Frank, le loro figlie Margot e Anne e altri ebrei che temevano di essere deportati nell’Achterhuis, un appartamentino segreto posto sopra gli uffici dell’Opekta, nella parte ovest di Amsterdam.

Il nascondiglio venne scoperto la mattina del 4 agosto 1944 in seguito alla soffiata di un anonimo informatore della Gestapo. Gli occupanti furono tutti arrestati. Miep Gies fu lasciata andare perché l’ufficiale addetto alla perquisizione era austriaco come lei. Nell’appartamento rimasto vuoto Miep Gies trovò poi il diario di Anna e lo nascose in uno scrittoio pensando che la ragazzina sarebbe ritornata. Al termine della guerra, quando venne a sapere che era morta di tifo nel campo di Bergen-Belsen, consegnò l’insieme di fogli e taccuini all’unico superstite della famiglia, il padre di Anna, che li organizzò in un diario e li pubblicò nel 1947.
Assieme al marito Jan, Miep diventò una sorta di ambasciatrice alla memoria di Anna e del suo diario, una delle testimonianze più toccanti degli orrori dell’Olocausto. Si adoperò molto anche contro i cosiddetti negazionisti e contro quanti sostenevano che quello scritto era un falso.

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Comincia oggi e terminerà il 24 la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il tema di quest’anno è: “Voi sarete testimoni di tutto ciò”, una citazione del capitolo 24 del vangelo di Luca, che costituisce il nodo centrale di questa preghiera.
Il tema è stato proposto dalle chiese cristiane in Scozia in occasione del centenario della Conferenza missionaria internazionale di Edimburgo che, come è generalmente riconosciuto, ha segnato l’inizio ufficiale del Movimento ecumenico moderno.
Infatti, è proprio l’impegno missionario che deve andare mano nella mano con l’impegno ecumenico. Divisioni tra i discepoli di Cristo offuscano la credibilità della Chiesa e della sua predicazione. Era proprio la reciprocità fra evangelizzazione ed ecumenismo che i pionieri del Movimento ecumenico sottolinearono con grande fede, forza e chiarezza.
FONTE: http://www.unigre.it (Sito della Pontificia Università Gregoriana)

Nel momento del dolore, Signore dammi il coraggio dell’amore

L’apocalisse si è scatenata ad Haiti. Così si è letto nei giornali, così si è visto negli occhi di quella gente smarrita, impaurita,già tanto provata da condizioni di vita che, indipendentemente dal terremoto, non erano già facili. In questo povero paese. si è aggiunta un’ulteriore tragedia alle tragedie quotidiane. Lo so, il male ci provoca, interpella un Dio che sembra non dare risposte. Un Dio che comunque, per chi è cristiano, da quel male si è fatto travolgere, nudo, solo, su quella croce, oggetto di insulti e dileggi. Non riusciamo a capire.

Eppure, in questi momenti, abbiamo veramente bisogno di Dio, perchè senza di Lui c’è solo disperazione. Arrabbiamoci pure, ma interpelliamoLo, chiediamoGli di darci la forza di accettare il male che non capiamo, ma non supinamente, con rassegnazione. ChiediamoGli di darci la forza di fare del nostro meglio per alleviare la sofferenza altrui.Chiediamo a Lui il coraggio dell’amore, che ci fa vedere la luce oltre il buio, la speranza nella disperazione, che ci fa essere portatori di vita.

Vi propongo questa bella preghiera di Khalil Gibran

“Dammi il supremo coraggio dell’amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare,
di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose, o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi, onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.
Dammi la suprema certezza nell’amore, e dell’amore,
questa è la mia preghiera,
la certezza che appartiene alla vita
nella morte, alla vittoria nella sconfitta,
alla potenza nascosta nella più fragile bellezza,
a quella dignità nel dolore, che accetta l’offesa, ma disdegna di ripagarla
con l’offesa.
Dammi la forza di Amare sempre e ad ogni costo.”

Matteo Ricci: i video

Ho avuto già modo di parlarvi della figura di Matteo Ricci. Mentre ci stiamo avvicinando al centenario della sua morte, che avvenne nel 1610, la diocesi di Macerata, ma anche le altre diocesi marchigiane, si preparano a ricordare questo grande missionario, uomo di cultura e di scienza.
Girando nella rete ho trovato tre filmati tratti dal documentario realizzato su di lui.
Ve li propongo.

La sinagoga di Roma

Vi propongo, quasi per intero, l’articolo di Anna Foa pubblicato da Avvenire di qualche giorno fa.
Come ho avuto già modo di ricordarvi, Benedetto XVI si recherà nella sinagoga di Roma il 17 gennaio. Speriamo che questo incontro possa testimoniare la vicinanza della Chiesa al popolo ebreo. I rapporti tra cristiani ed ebrei non sono stati sempre improntati al rispetto e all’accoglienza, ma sui passi di Giovanni Paolo II (ricordate quando nel Muro del Pianto, a Gerusalemme, chiese perdono per tutte le sofferenze inflitte agli ebrei)il cammino di fraternità deve proseguire.
Ecco a voi l’articolo che ricostruisce la storia della sinagoga di Roma, che si erge sul Lungotevere, proprio di fronte all’isola Tiberina, in vista della cupola di San Pietro.

“La sinagoga, o meglio, come fu chiamata, il Tempio maggiore, fu costruita fra il 1901 e il 1904 nello spazio del vecchio ghetto.
La demolizione del ghetto, in attuazione del piano regolatore di Roma Capitale del 1873, iniziò nel 1885 e durò un anno. Il quartiere, così come lo vediamo oggi nei suoi tre isolati di stile umbertino (uno di palazzine liberty su via Catalana, e due su via Portico d’Ottavia), fu finito di ricostruire nel 1911. Contemporaneamente, la costruzione dei muraglioni sul Tevere consentiva la bonifica della zona e metteva termine alle terribili inondazioni della città. La demolizione del ghetto obbediva a ragioni concrete, quali l’estremo degrado del vecchio ghetto e la politica urbanistica del nuovo Stato, ma anche a precise ragioni politico­ideologiche: ciò che si abbatteva era il simbolo della subordinazione e della discriminazione degli ebrei. Essa ebbe tuttavia pesanti costi umani, a causa della necessità di spostare gli abitanti verso altre zone: Trastevere e Monteverde per i più poveri, l’Esquilino, dove nel 1914 sarà inaugurato il tempio di via Balbo, per i più benestanti.

L’edificio che riuniva le antiche sinagoghe, le Cinque Scole, pur semidistrutto da un incendio nel 1893, continuò a essere utilizzato durante la costruzione della nuova grande sinagoga, per essere poi, inspiegabilmente, demolito nel 1908.
Il progetto della sinagoga era degli architetti Costa e Armanni, lo stile quello eclettico greco-assiro-babilonese, vicino a quello più moresco che aveva già ispirato la costruzione delle sinagoghe di Torino e Firenze. Lo spirito, quello di innalzare un edificio di culto che simboleggiasse la raggiunta uguaglianza e libertà, dopo le limitazioni pesantissime che, fin dai tempi del codice teodosiano, del V secolo e poi ancor più nel 1555 con la costruzione del ghetto, avevano limitato il numero delle sinagoghe, la loro altezza e ancor più la loro visibilità.
L’inaugurazione, nel 1904, fu solenne. Il 2 luglio il re Vittorio Emanuele III vi si recò in visita, il 27 luglio ci fu una solenne cerimonia religiosa di consacrazione, il giorno successivo l’inaugurazione civile, alla presenza delle autorità. Gli ebrei romani avevano ormai il loro pubblico edificio di culto, ben visibile nella città.
Nel 1943 è negli uffici comunitari adiacenti al tempio che fu raccolto e pesato l’oro portato dai romani, ebrei e non ebrei, da consegnare ai nazisti. Scrive nel suo 16 ottobre 1943 Giacomo Debenedetti: «Guardinghi, come temendo un rifiuto, come intimiditi di venire ad offrire dell’oro ai ricchi ebrei, alcuni ‘ariani’ si presentarono.Entravano impacciati in quel locale adiacente alla sinagoga, non sapendo se dovessero togliersi il cappello o tenere il capo coperto, come notoriamente vuole l’uso rituale degli ebrei. Quasi umilmente domandavano se potevano anche loro… se sarebbe stato gradito…». Pochi giorni dopo l’episodio dell’oro, gli edifici del tempio e della comunità furono perquisiti, la biblioteca ricca di manoscritti antichi impacchettata e inviata in Germania. Il 16 ottobre del 1943, gli ebrei razziati nella zona del vecchio ghetto furono radunati a fianco della sinagoga, sotto il Portico d’Ottavia, in quello che è ora largo 16 ottobre e dove una lapide ne ricorda la deportazione e lo sterminio. Dopo la razzia il tempio fu chiuso, mentre gli ebrei sopravvissuti vivevano dispersi e clandestini. Il giorno dopo la liberazione di Roma, il 5 giugno 1944, il tempio fu riaperto solennemente e il 10 riprese a celebrarsi il culto.
Più recentemente, il 9 ottobre 1982, la sinagoga fu oggetto di un gravissimo attentato terroristico palestinese, a colpi di mitra e granate. Morirono due persone, tra cui un bambino di due anni, Stefano Taché, e molti rimasero feriti. Da allora la presenza di blindati della polizia è diventata usuale accanto alla Sinagoga, il simbolo primo dell’emancipazione e della libertà degli ebrei romani.

Il Papa nella Sinagoga

In occasione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che cade il 17 Gennaio, Benedetto XVI visiterà la Sinagoga di Roma.

Ho ancora nella memoria la visita compiuta da Giovanni Paolo II. Era la prima volta, nella storia della Chiesa Cattolica, che un Papa faceva il suo ingresso nel luogo di preghiera degli ebrei.
In quell’occasione, a sottolineare il legame che unisce i cristiani agli ebrei, Giovanni Paolo II usò l’espressione “siete nostri fratelli maggiori”. Vi riporto alcuni passi del discorso pronunciato dal Papa. Era il 13 aprile del 1986.


… la Chiesa di Cristo scopre il suo “legame” con l’Ebraismo “scrutando il suo proprio mistero”. La religione ebraica non ci è “estrinseca”, ma in un certo qual modo, è “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori.
(…) le vie aperte alla nostra collaborazione, alla luce della comune eredità tratta dalla Legge e dai Profeti, sono varie e importanti. Vogliamo ricordare anzitutto una collaborazione in favore dell’uomo, della sua vita dal concepimento fino alla morte naturale, della sua dignità, della sua libertà, dei suoi diritti …
Vi è, più in generale, il problema morale, il grande campo dell’etica individuale e sociale (…).
In una società spesso smarrita nell’agnosticismo e nell’individualismo e che soffre le amare conseguenze dell’egoismo e della violenza, ebrei e cristiani sono depositari e testimoni di un’etica segnata dai dieci Comandamenti, nella cui osservanza l’uomo trova la sua verità e libertà“.

Fede e scienza – La fede di Abramo

Cos’è la fede? Che rapporto c’è con la ragione, con la scienza?

Per esperienza, posso dire che queste domande sono intriganti per i ragazzi di terza media. Ho avuto già modo di accennare alle loro reazioni nel post relativo ai Magi.
L’anno scorso avevo preparato del materiale su cui far lavorare i ragazzi. Credo di poterlo utilizzare anche quest’anno, per cui inserisco adesso la prima parte di quel lavoro, che riguarda la figura di Abramo.

La fede di Abramo

Affascinante la vicenda di Abramo! In lui possiamo ritrovare tutti quelli che cercano di dare un senso alla loro vita. Abramo non si accontenta di ciò che ha, ma non perchè sia avido, ma perchè gli sfugge il senso. E’ quindi un uomo alla ricerca. Dio gli parla e lo coinvolge in un progetto grande, che va al di là di quanto umanamente ci si possa aspettare. Abramo ascolta, si fida, parte. Questa è la fede.