Dall’umile lavoratore nella vigna del Signore

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Semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Così si era definito il cardinale Ratzinger nel primo discorso da papa.
«Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i Signori Cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del Suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua Santissima Madre, sta dalla nostra parte».
Era il 19 aprile 2005.

A sette anni da allora, un annuncio che ci ha lasciati “storditi” un po’ tutti: le dimissioni.
E’ un papa più vecchio e stanco quello che ha pronunciato il discorso di ieri, ma lo stile è lo stesso. Il semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore, preso atto del vigore venuto meno, “con piena libertà”, ha dichiarato “di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”.
Un gesto che esprime grande forza, lucidità, umiltà e amore appassionato per la Chiesa. Ecco le sue parole:
«Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti».

Grazie Benedetto per la testimonianza che ci hai lasciato.

Per comprendere Gen 3: una catechesi del Papa

Nei primi capitoli del Libro della Genesi tro­viamo due immagini significative: il giardino con l’albero della conoscenza del bene e del male e il serpente (cfr 2,15-17; 3,1-5). Il giar­dino ci dice che la realtà in cui Dio ha posto l’essere umano non è una foresta selvaggia, ma luogo che protegge, nutre e sostiene; e l’uomo deve riconoscere il mondo non come proprietà da saccheggiare e da sfruttare, ma come dono del Creatore, segno della sua vo­lontà salvifica, dono da coltivare e custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto, nel­l’armonia, seguendone i ritmi e la logica, se­condo il disegno di Dio (cfr Gen 2 ,8 -15 ). Poi, il serpente è una figura che deriva dai culti o­rientali della fecondità, che affascinavano I­sraele e costituivano una costante tentazio­ne di abbandonare la misteriosa alleanza con Dio. Alla luce di questo, la Sacra Scrittura pre­senta la tentazione che subiscono Adamo ed Eva come il nocciolo della tentazione e del peccato. Che cosa dice infatti il serpente? Non nega Dio, ma insinua una domanda subdo­la: «È vero che Dio ha detto ‘Non dovete man­giare di alcun albero del giardino?’» ( Gen 3,1). In questo modo il serpente suscita il sospet­to che l’alleanza con Dio sia come una cate­na che lega, che priva della libertà e delle co­se più belle e preziose della vita. La tentazio­ne diventa quella di costruirsi da soli il mon­do in cui vivere, di non accettare i limiti del­l’essere creatura, i limiti del bene e del male, della moralità; la dipendenza dall’amore crea­tore di Dio è vista come un peso di cui libe­rarsi. Questo è sempre il nocciolo della ten­tazione. Ma quando si falsa il rapporto con Dio, con una menzogna, mettendosi al suo posto, tutti gli altri rapporti vengono alterati. Allora l’altro diventa un rivale, una minaccia: Adamo, dopo aver ceduto alla tentazione, ac­cusa immediatamente Eva (cfr Gen 3 ,12 ); i due si nascondono dalla vista di quel Dio con cui conversavano in amicizia (cfr 3,8-10); il mondo non è più il giardino in cui vivere con armonia, ma un luogo da sfruttare e nel qua­le si celano insidie (cfr 3,14-19); l’invidia e l’o­dio verso l’altro entrano nel cuore dell’uomo: esemplare è Caino che uccide il proprio fra­tello Abele (cfr 4,3-9). Andando contro il suo Creatore, in realtà l’uomo va contro se stes­so, rinnega la sua origine e dunque la sua ve­rità; e il male entra nel mondo, con la sua pe­nosa catena di dolore e di morte. E così quan­to Dio aveva creato era buono, anzi, molto buono, dopo questa libera decisione dell’uo­mo per la menzogna contro la verità, il male entra nel mondo.

Dei racconti della creazione, vorrei eviden­ziare un ultimo insegnamento: il peccato ge­nera peccato e tutti i peccati della storia so­no legati tra di loro. Questo aspetto ci spin­ge a parlare di quello che è chiamato il ‘pec­cato originale’. Qual è il significato di que­sta realtà, difficile da comprendere? Vorrei dare soltanto qualche elemento. Anzitutto dobbiamo considerare che nessun uomo è chiuso in se stesso, nessuno può vivere solo sé e per sé; noi riceviamo la vita dall’altro e non solo al momento della nascita, ma o­gni giorno. L’essere umano è relazione: io so­no me stesso solo nel tu e attraverso il tu, nella relazione dell’amore con il Tu di Dio e il tu degli altri. Ebbene, il peccato è turbare o distruggere la relazione con Dio, questa la sua essenza: distruggere la relazione con Dio, la relazione fondamentale, mettersi al posto di Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che con il primo peccato l’uomo ‘ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione creatu­rale e conseguentemente contro il proprio bene’ (n. 398). Turbata la relazione fonda­mentale, sono compromessi o distrutti an­che gli altri poli della relazione, il peccato ro­vina le relazioni, così rovina tutto, perché noi siamo relazione. Ora, se la struttura relazio­nale dell’umanità è turbata fin dall’inizio, o­gni uomo entra in un mondo segnato da questo turbamento delle relazioni, entra in un mondo turbato dal peccato, da cui viene segnato personalmente; il peccato iniziale intacca e ferisce la natura umana (cfr Cate­chismo della Chiesa cattolica , 404-406). E l’uomo da solo, uno solo non può uscire da questa situazione, non può redimersi da so­lo; solamente il Creatore stesso può ripristi­nare le giuste relazioni. Solo se Colui dal qua­le ci siamo allontanati viene a noi e ci tende la mano con amore, le giuste relazioni pos­sono essere riannodate. Questo avviene in Gesù Cristo, che compie esattamente il per­corso inverso di quello di Adamo, come de­scrive l’inno nel secondo capitolo della Let­tera di San Paolo ai Filippesi (2,5-11): men­tre Adamo non riconosce il suo essere crea­tura e vuole porsi al posto di Dio, Gesù, il Fi­glio di Dio, è in una relazione filiale perfetta con il Padre, si abbassa, diventa il servo, per­corre la via dell’amore umiliandosi fino alla morte di croce, per rimettere in ordine le re­lazioni con Dio. La Croce di Cristo diventa co­sì il nuovo albero della vita. Cari fratelli e sorelle, vivere di fede vuol dire riconoscere la grandezza di Dio e accettare la nostra piccolezza, la nostra condizione di creature lasciando che il Signore la ricolmi del suo amore e così cresca la nostra vera grandezza. Il male, con il suo carico di dolo­re e di sofferenza, è un mistero che viene il­luminato dalla luce della fede, che ci dà la cer­tezza di poterne essere liberati: la certezza che è bene essere un uomo.
Benedetto XVI, udienza di mercoledì 6 febbraio 2013

L’Italiano nel mondo

E’ sempre più frequente l’uso di vocaboli stranieri, anche nel parlare quotidiano. Sembra quasi che i primi a non curare l’italiano siamo proprio noi, tanto che nel corso del tempo il nostro lessico si è andato impoverendo.
Eppure….leggete qui (articolo di Giacomo Gambassi in Avvenire di mercoledì 6 febbraio 2013).

«Nel Belpaese si fa incetta di vocaboli inglesi. Ma oltre Manica – e al di là dell’Atlantico – le nostre parole si adottano fino a entrare nel vocabolario quotidiano. Ciao è un saluto familiare nei Paesi anglosassoni. Cappuccino e caffè latte sono all’ordine del giorno nei bar britannici. Bravo si grida nei teatri di tutto il mondo. Ecco perché i maggiori nemici dell’italiano rischiano di essere gli stessi italiani, sostengono gli studiosi. All’estero la nostra lingua è apprezzata, studiata e parlata: lo dimostrano il rilancio che sta avendo negli Usa e la diffusione che si registra nel Sud-Est asiatico, soprattutto in Giappone. Certo, talvolta la scelta di servirsi del lessico della Penisola si porta dietro alcuni stereotipi: pizza, spaghetti e mandolino sono tre esempi di un riduzionismo che è soprattutto concettuale. E pensare che dalla lingua passa anche il made in Italy insieme con il patrimonio culturale che il Paese custodisce. Invece dalle Alpi alla Sicilia si fa i conti con una scarsa consapevolezza dell’idioma nazionale che oltre confine è visto come una sorta di fiore all’occhiello ed è sinonimo di eleganza, acume e lungimiranza. Oggi i settori gastronomico e musicale sono le sfere in cui il nostro lessico si impone, fanno sapere dall’Accademia della Crusca. Però, se si guarda al Medioevo, l’Italia ha regalato all’Europa parole come banca, capitale o polizza. Quasi a dire: l’italiano che nella storia ha inciso sull’economia è oggi amato per il suo richiamo alla gioia di vivere».

La sindrome di Down non è una maledizione. Parola di Cristina.

Oggi la Chiesa celebra la 35a Giornata Nazionale per la vita.
Per l’occasione vi lascio la testimonianza di Cristina Acquistapace, consacrata down dell’Ordo Virginum dal 2006.
Tratto da “Cristina: io Down, felice di essermi donata a Dio”, articolo di Laura Badaracchi, pubblicato su Avvenire del 2 febbraio 2013.

Cristina vuole anzitutto ringraziare i suoi genitori: «Non mi hanno segregato in casa o inviato in un istituto ma, al contrario, mi hanno messo in contatto con la gente; in breve tempo mi sono fatta molti amici e quando avevo 16 anni mi sono anche innamorata, imparando cose importanti. Ho potuto andare a trovare mia zia, suora missionaria in Kenya. Un’esperienza che non vorrei cambiare con nessun riconoscimento, ma è impossibile trasmetterla solo attraverso le parole». Ed è durante uno di questi viaggi che ha deciso di consacrarsi a Dio. Nel 2000 la vocazione si alimenta ad Assisi e durante altri pellegrinaggi e ritiri spirituali, da Lourdes alla Terra Santa; dopo il volontariato in Croce Rossa e alla Caritas, ci sono gli incontri nelle scuole o in varie associazioni. La fede ha sempre rappresentato un punto fermo nella vita di Cristina, che racconta: «La sindrome di Down, anche se ha costituito talvolta per me un peso, nel mio modo di pensare non ha mai costituito una maledizione bensì una benedizione, una grazia. Forse è stata una prova per vedere se, nonostante tutto, io possa vivere una vita piena. L’intelligenza di una persona sta nell’accettare i propri limiti e nel mettere a frutto le capacità che si hanno». Perché fare promessa di castità nella chiesa del Sacro Cuore di Sondrio, alla presenza dell’allora vescovo di Como Alessandro Maggiolini, e mettersi a servizio della diocesi? «Anzitutto perché sento di essere stata chiamata e in secondo luogo perché c’è troppa povertà nel mondo: povertà spirituale, soprattutto, e la Chiesa ha bisogno di me, delle mie preghiere, del mio aiuto concreto e disinteressato», sottolinea convinta. E aggiunge: «Il giorno più bello della mia vita è stato il 25 marzo 2006 quando il vescovo mi ha consacrato, ma se non fossi nata il 10 agosto 1972 non avrei mai potuto vivere quel meraviglioso giorno in cui sono diventata a tutti gli effetti sposa di Cristo». In una recente testimonianza, ci ha tenuto a chiarire con forza: «Dio non ha creato la disabilità come cosa che potesse farci male, se mai ha voluto dare a qualcuno la possibilità di comprendere il vero senso e il vero valore della vita attraverso persone molto speciali a cui ha dato il compito di essere luce per il mondo». La quarantenne valtellinese continua a vivere con i suoi genitori; ha problemi alla vista, forti dolori alle gambe che talvolta la fanno optare per la sedia a ruote, ma dichiara: «Sono felice della mia vita e non ho nessun rimpianto. Ho sempre desiderato donare il mio cuore a Dio e agli altri: non me la sentivo di esser felice da sola. E non mi sono mai sentita diversa dagli altri, perché come tutti sogno, spero, desidero, provo dei sentimenti». Insieme alla madre Marilena Sutti gira tutta l’Italia per incontrare giovani, insegnanti, genitori e dire: «La vita è bella, non abbiate paura; superate i pregiudizi».

Liberi per credere

Febbraio dell’anno 313.
Gli imperatori d’Occidente e Oriente, Costantino e Licinio, si incontrano nella capitale Milano per il matrimonio del secondo con Costanza, sorellastra del primo. In quell’occasione pubblicano un editto che introduce la libertà di culto per i fedeli di tutte le religioni. Il culto dei cristiani è così parificato a quello pagano (solo nel380, con l’imperatore Teodosio, il cristianesimo diventa religione di Stato) e vengono restituiti alle comunità i beni confiscati con le persecuzioni di Diocleziano. Una delle conseguenze è l’edificazione delle prime grandi basiliche per il culto pubblico (a Roma, Treviri, Betlemme, Gerusalemme, Costantinopoli … ) e la convocazione dei concili (ad Arles nel 314, a Nicea nel 325) e la diffusione dei simboli cristiani (soprattutto il chrismon, formato dall’intreccio della X e della P, le iniziali di Cristo in greco, adottato anche dall’Imperatore come insegna da battaglia). L’Editto è l’apice dalla politica costantiniana di inserimento dei cristiani nell’organizzazione dell’impero. Egli nell’ottobre del 312, con la battaglia di Ponte Milvio a Roma, era diventato imperatore di tutto l’Occidente. Fino ad anni recenti i seguaci della religione venuta dalla Palestina erano stati oggetto di persecuzioni. Ma il culto oramai stava diffondendosi in tutte le classi sociali e anche tra il ceto dirigente. Costantino (a differenza di Licinio, che interpreta l’Editto in senso restrittivo) decide di avvalersi delle strutture della Chiesa (che ottiene esenzioni fiscali) per consolidare il controllo dei territori imperiali. I vescovi vengono incaricati di distribuire i sussidi statali per i poveri, liberare gli schiavi e soprattutto è loro attribuita giurisdizione civile, per esempio con arbitrati in questioni pecuniarie. La domenica diventa giorno festivo. (da Segno nel mondo n.1/2013)
Febbraio dell’anno 2013.
Nel mondo cade una vittima cristiana ogni 5 minuti.
C’è voluto il pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo perché un’impiegata addetta al check-in della linea aerea britannica British Airways, vedesse riconosciuto il diritto di portare al collo una catenina con una piccola croce d’argento.
Asia Bibi,condannata a morte per il reato di blasfemia, è detenuta dal giugno 2009 in attesa della sentenza definitiva.
La libertà di religione per 5 miliardi di persone è ancora un sogno proibito.