Sull’adolescenza

Ho proposto alle classi terze un lavoro sull’adolescenza. L’intenzione è quella di riflettere su questo particolare momento della vita, di affrontare alcune tematiche, come l’amicizia o la sessualità alla luce della proposta cristiana.
Dal braistorming iniziale, è emerso come ogni classe veda questo momento della vita in modo diverso. Chi sottolinea le delusioni, la crisi, gli amori, le varie problematiche, chi, invece, considera l’adolescenza come l’età del divertimento, della spensieratezza, del gioco.
Ho pensato di provocare  i miei alunni proponendo la scena delle porte dal film Labyrinth, che penso esprima efficacemente la difficoltà nello scegliere, i cambiamenti continui, i dubbi e le false certezze che attraversano questa fase della vita.
A voi la scena.

Dal “testamento”di Steve Jobs

Non sto qui a dirvi chi era Steve Jobs. Ne hanno parlato in tanti in questi giorni. Vorrei invece proporvi alcune frasi tratte da quello che può essere definito il suo “testamento spirituale”. Mi sono ritornate in mente quando, qualche giorno fa, un alunno mi diceva che la scuola non gli piaceva e che non aveva voglia di fare niente. Ho provato tristezza nel vedere quel ragazzo completamente arreso. Anche un po’ di rabbia, a dir la verità, perchè non si può, a dodici anni, non avere sogni e progetti per il futuro.
«Ra­gazzi, siate affamati. Siate folli», disse Steve Jobs ai neolaureati dell’Università di Stanford, il 12 giu­gno 2005, aggiungendo «Ab­biate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qual­che modo loro sanno che cosa vole­te realmente diventare».
E parlando di sé, già malato, disse: «Ricordarmi che morirò presto è il più importan­te strumento che io abbia mai in­contrato per fare le grandi scelte del­la mia vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative, tutto l’orgoglio, tutti gli imbarazzi e i timori di fallire – semplicemente scompaiono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che è realmente impor­tante. Ricordarsi di dover morire è il modo migliore che io conosca per e­vitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perde­re. Siete già nudi. Non c’è quindi ra­gione per non seguire il vostro cuo­re ».
Eccovi il filmato di quel giorno. Vale proprio la pena riflettere su quelle parole.

Tre donne premio Nobel per la Pace

Il contributo delle donne allo sviluppo della pace sta diventando sempre più evidente e fecondo. Il premio alla presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf, alla connazionale Leymanh Gbowee e all’attivista yemenita Tawakkul Karman è un segnale forte del riconoscimento dell’impegno costante e coerente di tante donne che sono particolarmente coinvolte nel processo della costruzione della pace e riconciliazione nei loro Paesi.
Le tre donne sono state premiate per «la loro battaglia non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne alla piena partecipazione all’impegno per la costruzione della pace». Ellen Johnson Sirleaf è la prima presidente donna di un Paese africano, Leymanh Gbowee è una costruttrice di pace che ha mobilitato donne cristiane e musulmane per superare le divisioni e gli odi tra i gruppi etnici del proprio Paese contribuendo così alla conclusione della lunga e sanguinosa guerra della Liberia e assicurando la partecipazione delle donne alle elezioni. Tawakkul Karman è una giornalista impegnata per i diritti delle donne, la democrazia e la pace del suo Paese. La commissione norvegese si augura che il premio Nobel «aiuti a porre fine all’oppressione delle donne, che ancora esiste in molti Paesi, e a realizzare “il grande potenziale” che le donne possono rappresentare per la pace e la democrazia.
Nell’anno in cui un altro premio Nobel per la Pace, una donna africana, Wangari Maathai è venuta a mancare, il riconoscimento al “genio femminile”, che opera con il suo contributo originale per una cultura della vita nella sua totalità, suona come un richiamo al mondo a valorizzare le forze migliori per il bene dell’umanità. Se è vero che molti uomini e donne operano ogni giorno per la riconciliazione e la pace, bisogna dire che le donne sanno trovare anche forme creative e insolite per riuscire nel loro obiettivo. Se «la pace è una caratteristica dell’agire divino, che si manifesta sia nella creazione di un universo ordinato e armonioso come anche nella redenzione dell’umanità bisognosa di essere recuperata dal disordine del peccato» (Messaggio per la Giornata mondiale della pace – 1 gennaio 2007), possiamo rilevare che le donne sanno agire con una visione alta della persona, in modo particolare dove e quando possono accedere all’educazione e alla formazione, ponendo così solide fondamenta all’instancabile lavoro che richiede coniugare la vita personale e familiare con il servizio per il bene della persona umana nella società.
Il commento del vescovo di Gbarnga, nel nordest della Liberia, monsignor Anthony Fallah Borwah, è di estrema gioia: «La presidente Sirleaf ha garantito la stabilità e il mantenimento della pace ed è stata promotrice di un forum d’espressione e di libertà mai visto in precedenza. Oggi in Liberia si può parlare senza temere di scomparire o di venire arrestato. C’è una totale libertà d’espressione»; e parlando di Leymah Gbowee: «È una donna eccezionale, come una sorella per me e per molti liberiani, nota da tutti per il suo impegno a favore della pace». Le parole del presule rendono omaggio e onorano le tante donne che nella quotidianità si spendono generosamente e spesso gratuitamente per costruire una società che ponga al centro la persona con i suoi inalienabili diritti umani.
Maria Giovanna Ruggieri, Presidente Generale UMOFC

Storicamente modificato

Prendo in prestito il titolo del post dall’articolo di Potus del 6 ottobre.
Leggete qui:
“Si scrive C.E. e sta per «Common Era», «era comune». È un modo per contare gli anni dalla nascita di Gesù… senza nominare Gesù. Sì, avete capito bene. Una soluzione un po’ strana, che diventa addirittura stranissima se ad adottarla è la Bbc, il famoso «servizio pubblico» della radiotelevisione britannica. Finora nei programmi della Bbc tutti si riferivano agli anni del calendario con le sigle A.D. («Anno Domini»: viene dal latino e vuol dire «anno del Signore») oppure A.C. («After Christ», che equivale al nostro «dopo Cristo»).
D’ora in poi, secondo le disposizioni dell’emittente, presentatori e opinionisti sono invitati ad adoperare una definizione più neutra: C.E., appunto. Poco importa se, per qualcuno, la stessa sigla potrebbe essere interpretata come «Christian Era» (era cristiana). Il punto è che la Bbc preferisce evitare qualsiasi riferimento al cristianesimo. Perché?
Perché in Gran Bretagna vivono molte persone che hanno una diversa fede religiosa e che, secondo i dirigenti della celebre tv, potrebbero sentirsi offese dall’allusione a Gesù. Strano, dicevamo. Anzi, stranissimo.Tra l’altro, i precedenti tentativi di revisione del calendario (compiuti per esempio all’epoca della rivoluzione francese, nel 1789, o di quella russa, nel 1917) si sono risolti in fallimenti clamorosi.
Eliminato per qualche tempo, il riferimento alla nascita di Gesù è stato poi reintrodotto. Perché appartiene alla Storia, prima ancora che alla fede.
E la Storia non si cambia sostituendo una sigla con un’altra..”.
Che dire?
Mi viene da concludere con un pensiero di don Tonino Lasconi, dal suo libro Fortissimo Gesù.
“Gesù è scomodo per tutti.
Per chi già lo conosce, perché il suo messaggio è esigente. Perché coloro che lo conoscono vengono additati: “E poi dite di essere cristiani!”.
Per chi non lo conosce, perché essi avvertono di andare cercando quello che lui ha detto.
Gesù è scomodo per i grandi, perché si accorgono di essere arri­vati a 40, 50, 80 anni e di non aver capito ancora quasi niente di lui.
È scomodo per i bambini, perché appena capiscono, si sentono dire: “Lui vuole così. Lui non vuole così”.
È scomodo per i ragazzi e le ragazze, che, nel momento della crescita, vorrebbero liberarsi di lui come di tutti gli altri personaggi delle favole e della fantasia: Babbo Natale, la Befana, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Mandrake, Superman. E invece lui rispunta fuori sempre, dappertutto”.
Eh sì! Lui rispunta sempre, anche nel vuoto lasciato dalla sua assenza. Ho detto vuoto, ragazzi, e non a caso. Perchè se eliminiamo Gesù dalla Storia, a essere coerenti fino in fondo, dovremmo sbarazzarci di valori quali l’uguaglianza, la solidarietà, il riconoscimento della dignità umana…. Continuate voi con l’elenco?

Le prove d’ingresso

Non sono per principio contraria alle prove di ingresso, ma non le amo molto. A volte mi sembrano una sorta di accanimento contro gli alunni. Basta vedere i registri di classe della prime settimane e sembra di essere a fine quadrimestre: ogni giorno una o due prove. Penso comunque che il docente debba pur rendersi conto della classe che ha davanti, per poter progettare al meglio il suo lavoro. E’ importante verificare le conoscenze pregresse, sondare le eventuali lacune, cogliere i punti di forza e di debolezza degli alunni. Fossi in voi, ragazzi, affronterei queste prova con la dovuta serietà, ma anche con altrettanta leggerezza (una prova d’ingresso non pregiudica nulla!).
Io, in genere, mi affido molto all’osservazione. Mi interessa vedere quanto i mei alunni sono capaci di ascoltare, cosa riescono a cogliere da quanto detto o letto, la loro capacità di farsi domande, di interpretare e rielaborare. Comunque qualche prova classica, quella cioè a crocette, per intenderci,la faccio anch’io.
Ve ne propongo una da svolgere online.
Cliccate sull’immagine.

Imparare ad ascoltare

Da Prof 2.0 , il blog del professore e scrittore Alessandro d’ Avenia, una provocazione su cui riflettere:
“Troppo spesso diamo per scontato che gli studenti ci ascoltino. Uno dei cinque sensi, quello più legato alla comprensione del mondo, è invece in crisi. E quando un senso si usa male, si perde anche il senso delle cose. Mi piace il fatto che in italiano usiamo la stessa parola per indicare i 5 sensi e il senso della vita, della realtà, delle cose… Solo chi usa bene i sensi trova un senso, perché la realtà parla forte e chiaro. Ma se i sensi sono chiusi prenderemo il senso a prestito da ciò che magari sensato non è: l’idea dominante, il così fan tutti, il così mi dicono di fare (conformismi e totalitarismi nascono da qui)”.
Guardate il video.

Rallenta il ritmo

Ho letto su Avvenire che SpongeBob, un cartone animato molto diffuso negli Usa (e apprezzato anche in Italia), che ha per protagonista una sorta di spugna, è sotto accusa. Da un esperimento condotto in Virginia su 60 bambini di 4 anni, divisi a sorte in tre gruppi, è emerso che chi aveva guardato questo cartone animato per 9 minuti, di fronte ad alcune attività, come contare all’indietro, raggiungeva punteggi più bassi di chi aveva impiegato quei minuti in altro, come disegnare o vedere un altro genere di cartoni. Secondo i ricercatori, ciò dipende dalla velocità con cui nel cartone animato si svolgono le azioni e si alternano le scene.
Sembrerebbe quindi che pochi minuti di un cartone animato “ad alta frequenza” (e sono moltissimi i cartoni veloci come SpongeBob) fanno peggiorare, almeno nell’immediato, le capacità cognitive ed esecutive dei bambini di 4 anni, che subiscono un rallentamento non solo nell’eseguire i compiti, ma anche nell’adottare le decisioni, e hanno difficoltà nel mantenere concentrata l’attenzione.
E’ stato condotto anche un altro test per misurare l’autocontrollo e l’impulsività, ripetendo un test psicologico divenuto celebre in passato: lasciando la stanza, lo sperimentatore dava ai bambini dei dolcetti e diceva loro di aspettare quanto più potevano prima di mangiarli. Il gruppo SpongeBob resisteva circa due minuti, gli altri due gruppi circa quattro.
Povero SpongeBob! Gli tocca subire quest’accusa. Ma grazie a SpongeBob si conferma anche la “teoria” di cui parlavo qualche giorno fa con una classe particolarmente “accellerata”. Non possiamo sempre vivere come su un treno in corsa. Abbiamo bisogno di rallentare, perchè la vita merita più rispetto. Riprendiamoci il tempo di osservare, di godere delle bellezze del mondo, riflettere e meditare. Rallentiamo il ritmo! Ce lo dice anche SpongeBob.
Meditate gente, meditate.