Siete l’adesso di Dio. L’appello del Papa ai giovani.

«Cristo vive» e tutto ciò che tocca «diventa giovane, nuovo, si riempie di vita».
Il Papa ha scelto lo stile della lettera per parlare ai ragazzi all’indomani del Sinodo che ha messo al centro i lori sogni e i loro desideri, così come le ansie e le preoccupazioni per il futuro che verrà. «Christus vivit» è l’Esortazione apostolica, cioè il documento pubblicato a conclusione della grande assemblea svoltasi a ottobre sul tema: “I giovani, la fede, il discernimento vocazionale”.
Al centro – dei lavori di allora e oggi del testo di Francesco – la consapevolezza che i ragazzi non rappresentano solo il domani del mondo, ma lo devono vivere già oggi da protagonisti.
Sono, secondo un’immagine usata durante la Gmg di Panama, «l’adesso di Dio».
In proposito il Papa affronta tutti i problemi e le speranze dei giovani, dall’ambiente digitale «che ha creato un nuovo modo di comunicare», alla disoccupazione, questione che la politica deve mettere al primo posto. Dai migranti, con un no chiaro e netto verso ogni intolleranza, alla lotta agli abusi, in qualsiasi forma si manifestino. Fino al desiderio di «una Chiesa che ascolti di più, che non stia continuamente a condannare il mondo». Non silenziosa e timida ma nemmeno sempre in guerra, comunque disponibile al cambiamento, a cominciare dall’attenzione alle donne.
Una Chiesa, un mondo dove ci sia posto per tutti, dai bambini ai vecchi e in cui i giovani possano correre liberamente, ma pronti a rallentare, se necessario, per aspettare chi fa fatica.
TRATTO da Popotus del 4 aprile 2019

Il Papa in Marocco

Viaggio lampo quello del Papa in Marocco, ma significativo. Non se ne è parlato molto, ma i miei studenti marocchini ne erano informati. Un altro segno di dialogo rispettoso e sincero di cui questi ragazzi mi parlavano con gioia.
vignetta di Robi Hood (Roberto Benotti)
Vi riporto alcuni passaggi del discorso tenuto dal Papa nell’incontro con il Popolo Marocchino, con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico. Saranno occasione di riflessione e confronto, specialmente con voi, ragazzi delle seconde, che state riflettendo sul valore del dialogo.

«Qui su questa terra, ponte naturale tra l’Africa e l’Europa, desidero ribadire la necessità di unire i nostri sforzi per dare un nuovo impulso alla costruzione di un mondo più solidale, più impegnato nello sforzo onesto, coraggioso e indispensabile di un dialogo rispettoso delle ricchezze e delle specificità di ogni popolo e di ogni persona. Questa è una sfida che tutti siamo chiamati a raccogliere, soprattutto in questo tempo in cui si rischia di fare delle differenze e del misconoscimento reciproco dei motivi di rivalità e disgregazione. È quindi essenziale, per partecipare all’edificazione di una società aperta, plurale e solidale, sviluppare e assumere costantemente e senza cedimenti la cultura del dialogo come strada da percorrere; la collaborazione come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio (cfr Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019)».[…] Pertanto, un dialogo autentico ci invita a non sottovalutare l’importanza del fattore religioso per costruire ponti tra gli uomini e per affrontare con successo le sfide precedentemente evocate. Infatti, nel rispetto delle nostre differenze, la fede in Dio ci porta a riconoscere l’eminente dignità di ogni essere umano, come pure i suoi diritti inalienabili. Noi crediamo che Dio ha creato gli esseri umani uguali in diritti, doveri e dignità e che li ha chiamati a vivere come fratelli e a diffondere i valori del bene, della carità e della pace.[…]
Perché si tratta di scoprire e accogliere l’altro nella peculiarità della sua fede e di arricchirsi a vicenda con la differenza, in una relazione segnata dalla benevolenza e dalla ricerca di ciò che possiamo fare insieme. Così intesa, la costruzione di ponti tra gli uomini, dal punto di vista del dialogo interreligioso, chiede di essere vissuta sotto il segno della convivialità, dell’amicizia e, ancor più, della fraternità».
Vi lascio anche la bellissima Ave Maria cantata in arabo di fronte al papa e al re del Marocco.

Per una quaresima ecologica

Per i 40 giorni che precedono la Pasqua, il Papa propone quest’anno di «entrare nel deserto del creato» perché torni ad essere «quel giardino della comunione con Dio» per portare «la speranza di Cristo anche alla creazione» e liberarla dalla schiavitù della corruzione.
Come ci si può riuscire?
Nel suo Messaggio per la Quaresima 2019 Francesco torna a proporre i 3 strumenti dei periodi di crescita spirituale: il digiuno, la preghiera e l’elemosina.
– Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di ‘divorare’ tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore;
– Pregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia;
– Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene.
E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità, si legge nel Messaggio per la Quaresima 2019, che usa il linguaggio dell’ecologia e mostra una grande speranza. La ‘quaresima’ del Figlio di Dio è stata un entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della comunione con Dio che era prima del peccato delle origini, scrive il Papa.
La nostra Quaresima sia un ripercorrere lo stesso cammino, per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Francesco unisce essere umano e creato sottolineando che se l’uomo vive da figlio di Dio, se vive da persona redenta, che si lascia guidare dallo Spirito Santo e sa riconoscere e mettere in pratica la legge di Dio, cominciando da quella inscritta nel suo cuore e nella natura, egli fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzione.
Da it.aleteia.org


Francesco negli Emirati Arabi

Nella sua prima udienza al corpo diplomatico, nel lontano 2013, il Papa aveva anticipato con nitida chiarezza su quale arco avrebbe gettato il passo: «Uno dei titoli del Vescovo di Roma è Pontefice, cioè colui che costruisce ponti, con Dio e tra gli uomini. Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere e abbracciare. Le mie stesse origini poi mi spingono a lavorare per edificare ponti… e così in me è sempre vivo questo dialogo tra luoghi e culture fra loro distanti, tra un capo del mondo e l’altro, oggi sempre più vicini, interdipendenti, bisognosi di incontrarsi e di creare spazi reali di autentica fraternità».
Questa fraternità non può costruirsi a prescindere dalla religione. Infatti il Papa aggiungeva:
«In quest’opera è fondamentale anche il ruolo della religione. Non si possono, infatti, costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio ignorando gli altri. Per questo è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni, penso anzitutto a quello con l’islam».
Arriviamo quindi a qualche giorno fa, esattamente al 4 febbraio, quando è stato firmato un documento sulla «Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune». Si tratta di un appello congiunto senza precedenti rivolto a «tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli».
Ecco le parole del documento: «In nome di Dio Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio».
Il documento sancisce l’impegno per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze; condanna l’estremismo e l’uso politico delle religioni, afferma «il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi», la protezione dei luoghi di culto e il dovere di riconoscere alla donna il diritto all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici interrompendo «tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che ne umiliano la dignità e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti».
E ancora: «Al-Azhar e la Chiesa Cattolica domandano che questo documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione
e di formazione». (vedi ttps://www.avvenire.it/papa/pagine/documento-sulla-fratellanza-papa-ad-abu-dhabi)
In questi giorni sono circolate su FB vignette che siglano questo importante momento storico. Ne posto alcune.



Per un’ umanità che viva in pace e fratellanza

Papa Francesco è negli Emirati Arabi. E’ la prima volta che un Papa va lì.
«A ottocento anni dall’incontro di san Francesco con il Sultano d’Egitto, il Papa ripercorre come messaggero di pace la stessa via del santo poverello di Assisi e dà prova dello stesso coraggio». Con queste parole la teologa musulmana di origine iraniana, Shahrzad Houshmand Zadeh (nell’intervista di  M. Chiara Biagioni su Agensir del 1 febbraio 2019) spiega il viaggio del Pontefice. «Per fare una guerra – aggiunge – ci vuole sempre il volto dell’altro creato come nemico. Papa Francesco ci dice: oggi ci stanno mettendo davanti un altro volto del nemico che è quello del musulmano, dell’immigrato, del diverso da me. E vuole sfatare questa idea per portare l’umanità verso un vissuto di pace e di fratellanza».
Riprendo alcuni stralci dell’articolo della Biagioni.
[…] Lunedì 4 febbraio, il Papa prenderà parte alla “Conferenza globale sulla fratellanza umana”, organizzata dal “Muslim Council of Elders”, un organismo internazionale indipendente con sede appunto ad Abu Dhabi che fa capo al Grand Imam di al-Azhar, lo Sceicco Ahmed El-Tayeb. Alla Conferenza parteciperanno esperti, intellettuali e soprattutto leader islamici, cristiani e anche ebrei per affrontare insieme una serie di tematiche essenziali per redimere i conflitti purtroppo in atto: l’estremismo religioso ed etnico; la questione della cittadinanza delle minoranze; la cooperazione tra Est e Ovest per la pace e la sicurezza globale; il ruolo delle religioni nella promozione di una cultura della pace e della fraternità.
Professoressa Houshmand, cosa spinge Francesco a gettare ponti così lontani?
In questo momento storico, false teorie dello scontro tra le civiltà mirano a mettere i popoli e le religioni gli uni contro gli altri. Il Papa vuole sfatare queste teorie. In Egitto, il Papa disse che l’unica alternativa all’incontro tra le civiltà è lo scontro tra le inciviltà. E nell’ultimo incontro delle religioni per la pace ad Assisi, erano 26 i leader del mondo islamico presenti: lo hanno atteso in piedi per salutarlo e dichiarargli la loro fratellanza. In quella occasione, Mohammad Sammak, segretario del Gran Mufti del Libano, si fece loro portavoce e disse: “Questo uomo, Papa Francesco, oggi è un maestro spirituale universale”. Con la sua grande umiltà,altro segno particolare del poverello di Assisi,

Papa Francesco opera una evangelizzazione efficace e inedita anche verso il mondo musulmano.
Perché Francesco è così interessato all’Islam?
Non penso che abbia un interesse particolare o strategico. Sulla scena mondiale, in questo momento storico, il Papa è l’attore più coraggioso contro la guerra. E lo è proprio perché sta sfatando la falsa teoria che giustifica molte guerre oggi, fondata sulla creazione del nemico che oggi è il musulmano e l’immigrato. Il sociologo Stefano Allevi afferma che oggi è l’uso delle parole ad aiutare in modo molto efficace la creazione del musulmano come nemico.

Un elenco di parole come immigrato, ignorante, stupratore, terrorista che contribuiscono a creare una grande paura nella mentalità in Occidente. Per questo, credo, che Papa Francesco insista ad andare verso l’Islam. Si accosta a questo mondo con atteggiamento paterno, di chi sa vedere il positivo. Colui che ha una fede autentica, non ha paura di valorizzare le bellezze dell’altro. Questa pedagogia positiva fa sì che esca dall’altro, anche se è un lupo, il meglio di sé. Vorrei poi aggiungere un’altra cosa: Papa Francesco vede l’origine del Male nella povertà e nell’ignoranza e mette in guardia: dove c’è la povertà, gli estremismi attecchiscono di più.
 La lotta all’estremismo figura tra i temi che verranno affrontati alla “Conferenza globale sulla fratellanza umana”. Spesso si ha l’impressione però che questi incontri siano solo dei palcoscenici. Lei pensa davvero che possano risolvere o quanto meno attutire i mali del mondo? 
Le parole vere e autentiche sono come lanterne. La loro luce è piccola ma la fisica ci spiega che una minima porzione di luce viaggia lontano e illumina una grande stanza.

Questi incontri – visto che hanno una intenzione spiritualmente autentica – sicuramente illuminano il cammino dell’essere umano. Non penso quindi siano soltanto delle formalità, soprattutto perché a promuoverli e a parteciparvi, ci sono persone autentiche che credono e vogliono creare una civiltà basata sull’umanità e sulla spiritualità, a favore della famiglia umana.
Con quale ottica queste iniziative vengono sostenute dal mondo musulmano?
Questo incontro mi fa ricordare un versetto del Corano, il 114, che parla del dialogo. “Non vi è nulla di buono nella maggior parte dei loro dialoghi, salvo quando uno ordina una carità o una buona azione o a mettere pace fra le genti. A chiunque lo fa, cercando il compiacimento di Dio, daremo presto una ricompensa enorme”. Papa Francesco nel suo cammino verso Abu Dhabi, fa esattamente questo. I musulmani leggono questo suo viaggio in questa ottica del Corano e lo accolgono con grande cuore.

Cosa sta dicendo al mondo – musulmano e cristiano – Papa Francesco, andando ad incontrare l’Islam in terra araba?
Mette in evidenza la centralità dell’uomo e la linfa della vera religiosità che è il servizio all’essere umano.

E vuole sfatare la creazione di un nuovo nemico. Francesco ci chiede di riflettere sul fatto che la creazione del nemico dal volto dell’altro, ci ha già portati alle grandi guerre che hanno causato nella prima guerra mondiale 30 milioni di morti e nella seconda 60 milioni. Per fare una guerra ci vuole sempre il volto dell’altro creato come il nemico. Papa Francesco ci dice: oggi ci stanno mettendo davanti un altro volto del nemico che è quello del musulmano, dell’immigrato, del diverso da me. E vuole sfatare questa idea per portare l’umanità verso un vissuto di pace e di fratellanza.
È d’altronde l’unico comandamento lasciato da Gesù: amatevi gli uni gli altri. Ma Gesù lo chiedeva solo ai suoi seguaci? Solo ai cattolici, solo ai cristiani o Gesù lo chiedeva per l’intera umanità?

Papa Francesco spiega il matrimonio ai giovani

C’è una cosa nella Bibbia che a me colpisce tanto: alla fine della Creazione del mondo, dice che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, e dice: “Li creò maschio e femmina, tutti e due a sua immagine e somiglianza”. Questo è l’amore. Quando tu vedi un matrimonio, una coppia di un uomo e una donna che vanno avanti nella vita dell’amore, lì c’è l’immagine e la somiglianza di Dio. Come è Dio? Come quel matrimonio. Questa è l’immagine e somiglianza di Dio. Non dice che l’uomo è immagine e somiglianza di Dio, la donna è immagine e somiglianza di Dio. No: tutti e due, insieme, sono immagine e somiglianza di Dio. E poi continua, nel Nuovo Testamento: “Per questo, l’uomo lascerà suo padre e sua madre, per diventare con sua moglie una sola carne”. Questo è l’amore. E qual è il compito, dell’uomo nell’amore? Rendere più donna la moglie, o la fidanzata. E qual è il compito della donna nel matrimonio? Rendere più uomo il marito, o il fidanzato. E’ un lavoro a due, che crescono insieme; ma l’uomo non può crescere da solo, nel matrimonio, se non lo fa crescere sua moglie e la donna non può crescere nel matrimonio se non la fa crescere suo marito.
E questa è l’unità, e questo vuol dire “una sola carne”: diventano “uno”, perché uno fa crescere l’altro. Questo è l’ideale dell’amore e del matrimonio.
Papa Francesco ai giovani italiani, Circo Massimo, Sabato, 11 agosto 2018

Incontrare la Vita dove regna la morte

Non tutti i “perché” hanno una risposta. Perché soffrono i bambini, per esempio? Chi mi può spiegare questo? Non abbiamo la risposta. Soltanto, troveremo qualcosa guardando Cristo crocifisso e sua Madre: lì troveremo una strada per sentire nel cuore qualcosa che sia una risposta.
[…] Cari giovani, è possibile incontrare la Vita nei luoghi dove regna la morte? Sì, è possibile. Verrebbe da rispondere di no, che è meglio stare alla larga, allontanarsi. Eppure questa è la novità rivoluzionaria del Vangelo: il sepolcro vuoto di Cristo diventa l’ultimo segno in cui risplende la vittoria definitiva della Vita. E allora non abbiamo paura! Non stiamo alla larga dai luoghi di sofferenza, di sconfitta, di morte. Dio ci ha dato una potenza più grande di tutte le ingiustizie e le fragilità della storia, più grande del nostro peccato: Gesù ha vinto la morte dando la sua vita per noi. E ci manda ad annunciare ai nostri fratelli che Lui è il Risorto, è il Signore, e ci dona il suo Spirito per seminare con Lui il Regno di Dio. Quella mattina della domenica di Pasqua è cambiata la storia: abbiamo coraggio!

Quanti sepolcri – per così dire – oggi attendono la nostra visita! Quante persone ferite, anche giovani, hanno sigillato la loro sofferenza “mettendoci – come si dice – una pietra sopra”. Con la forza dello Spirito e la Parola di Gesù possiamo spostare quei macigni e far entrare raggi di luce in quegli anfratti di tenebre.
Papa Francesco ai giovani italiani, Circo Massimo, Sabato, 11 agosto 2018

Papa Francesco e i sogni

I sogni sono importanti. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza in ogni azione quotidiana. E i sogni dei giovani sono i più importanti di tutti.
Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato; non potrà capire la vita, la forza della vita. I sogni ti svegliano, di portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità. Ecco, voi avete nel cuore queste stelle brillanti che sono i vostri sogni: sono la vostra responsabilità e il vostro tesoro. Fate che siano anche il vostro futuro! E questo è il lavoro che voi dovete fare: trasformare i sogni di oggi nella realtà del futuro, e per questo ci vuole coraggio….
Certo, i sogni vanno fatti crescere, vanno purificati, messi alla prova e vanno anche condivisi. Ma vi siete mai chiesti da dove vengono i vostri sogni? I miei sogni, da dove vengono? Sono nati guardando la televisione? Ascoltando un amico? Sognando ad occhi aperti? Sono sogni grandi oppure sogni piccoli, miseri, che si accontentano del meno possibile? I sogni della comodità, i sogni del solo benessere: “No, no, io sto bene così, non vado più avanti”. Ma questi sogni ti faranno morire, nella vita! Faranno che la tua vita non sia una cosa grande! I sogni della tranquillità, i sogni che addormentano i giovani e che fanno di un giovane coraggioso un giovane da divano.
E’ triste vedere i giovani sul divano, guardando come passa la vita davanti a loro. I giovani – l’ho detto altre volte – senza sogni, che vanno in pensione a 20, 22 anni: ma che cosa brutta, un giovane in pensione! Invece, il giovane che sogna cose grandi va avanti, non va in pensione presto…
E la Bibbia ci dice che i sogni grandi sono quelli capaci di essere fecondi: i sogni grandi sono quelli che danno fecondità, sono capaci di seminare pace, di seminare fraternità, di seminare gioia, come oggi; ecco, questi sono sogni grandi perché pensano a tutti con il NOI.
Una volta, un sacerdote mi ha fatto una domanda: “Mi dica, qual è il contrario di ‘io’?”. E io, ingenuo, sono scivolato nel tranello e ho detto: “Il contrario di io è ‘tu’” – “No, Padre: questo è il seme della guerra. Il contrario di ‘io’ è ‘noi’”. Se io dico: il contrario sei tu, faccio la guerra; se io dico che il contrario dell’egoismo è ‘noi’, faccio la pace, faccio la comunità, porto avanti i sogni dell’amicizia, della pace.
Pensate: i veri sogni sono i sogni del ‘noi’. I sogni grandi includono, coinvolgono, sono estroversi, condividono, generano nuova vita. E i sogni grandi, per restare tali, hanno bisogno di una sorgente inesauribile di speranza, di un Infinito che soffia dentro e li dilata. I sogni grandi hanno bisogno di Dio per non diventare miraggi o delirio di onnipotenza. Tu puoi sognare le cose grandi, ma da solo è pericoloso, perché potrai cadere nel delirio di onnipotenza. Ma con Dio non aver paura: vai avanti. Sogna in grande….

[…] Ma voi non lasciatevi rubare i vostri sogni. C’è un ragazzo, qui in Italia, ventenne, ventiduenne, che incominciò a sognare e a sognare alla grande. E il suo papà, un grande uomo d’affari, cercò di convincerlo e lui: “No, io voglio sognare. Sogno questo che sento dentro”. E alla fine, se n’è andato, per sognare. E il papà lo ha seguito. E quel giovane si è rifugiato nel vescovado, si è spogliato delle vesti e le ha date al padre: “Lasciami andare per il mio cammino”. Questo giovane, un italiano del XIII secolo, si chiamava Francesco e ha cambiato la storia dell’Italia. Francesco ha rischiato per sognare in grande; non conosceva le frontiere e sognando ha finito la vita. Pensiamo: era un giovane come noi. Ma come sognava! Dicevano che era pazzo perché sognava così. E ha fatto tanto bene e continua a farlo.
[…] “E come faccio, Padre, per non farmi rubare i sogni?”. Cercate maestri buoni capaci di aiutarvi a comprenderli e a renderli concreti nella gradualità e nella serenità. Siate a vostra volta maestri buoni, maestri di speranza e di fiducia verso le nuove generazioni che vi incalzano.
“Ma come, io posso diventare maestro?”. Sì, un giovane che è capace di sognare, diventa maestro, con la testimonianza. Perché è una testimonianza che scuote, che fa muovere i cuori e fa vedere degli ideali che la vita corrente copre. Non smettete di sognare e siate maestri nel sogno. Il sogno è di una grande forza. “Padre, e dove posso comprare le pastiglie che mi faranno sognare?”. No, quelle no! Quelle non ti fanno sognare: quelle di addormentano il cuore! Quelle ti bruciano i neuroni. Quelle ti rovinano la vita.
“E dove posso comprare i sogni?”. Non si comprano, i sogni. I sogni sono un dono, un dono di Dio, un dono che Dio semina nei vostri cuori. I sogni ci sono dati gratuitamente, ma perché noi li diamo anche gratuitamente agli altri.
Offrite i vostri sogni: nessuno, prendendoli, vi farà impoverire. Offriteli agli altri gratuitamente.

Papa Francesco ai giovani italiani, Circo Massimo, Sabato, 11 agosto 2018

Gli idoli, rovina dell’uomo

Pensiamo che l’idolatria abbia a che fare con gli uomini primitivi e che il primo comandamento “Non avrai altro Dio fuori di me” sia qualcosa di anacronistico. Niente di più falso!
Ce lo ha ricordato papa Francesco durante l’udienza di mercoledì 2 agosto.
Aiutandomi con le sue parole, proverò a spiegarvi perché l’idolatria riguarda anche noi e, soprattutto, perché ci faccia tanto male.
Il papa sottolinea come tutto può diventare idolo, perché è una tendenza umana che non risparmia sia i credenti che gli atei.
Dio, sul piano esistenziale, è ciò che sta al centro della propria vita e da cui dipende quello che si fa e si pensa, ma nell’uomo c’è la tentazione a mettere al centro qualcosa di più immediato, più terra terra, manipolabile, con l’idea che ci permetta di ottenere quello che vogliamo. Il mondo offre – come l’ha definito il papa – il “ supermarket” degli idoli, che possono essere oggetti, immagini, idee, ruoli.
Come si sviluppa un’idolatria? Il papa individua tre fasi a partire dalla lettura del comandamento nella sua interezza. Ecco le sue parole.

«Il comandamento descrive delle fasi: «Non ti farai idolo né immagine […]. / Non ti prostrerai davanti a loro / e non li servirai » ( Es 20,4-5).

La parola “ idolo” in greco deriva dal verbo “ vedere”. Un idolo è una “visione” che tende a diventare una fissazione, un’ossessione. L’idolo è in realtà una proiezione di sé stessi negli oggetti o nei progetti. Di questa dinamica si serve, ad esempio, la pubblicità: non vedo l’oggetto in sé ma percepisco quell’automobile, quello smartphone, quel ruolo – o altre cose – come un mezzo per realizzarmi e rispondere ai miei bisogni essenziali. E lo cerco, parlo di quello, penso a quello; l’idea di possedere quell’oggetto o realizzare quel progetto, raggiungere quella posizione, sembra una via meravigliosa per la felicità, una torre per raggiungere il cielo (cfr

Gen 11,1-9), e tutto diventa funzionale a quella meta.
Allora si entra nella seconda fase: «Non ti prostrerai davanti a loro» . Gli idoli esigono un culto, dei rituali; ad essi ci si prostra e si sacrifica tutto. In antichità si facevano sacrifici umani agli idoli, ma anche oggi: per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o semplicemente non generandoli; la bellezza chiede sacrifici umani. Quante ore davanti allo specchio! Certe persone, certe donne quanto spendono per truccarsi?! Anche questa è un’idolatria. Non è cattivo truccarsi; ma in modo normale, non per diventare una dea. La bellezza chiede sacrifici umani. La fama chiede l’immolazione di sé stessi, della propria innocenza e autenticità. Gli idoli chiedono sangue. Il denaro ruba la vita e il piacere porta alla solitudine. Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori. Pensiamo a tanta gente senza lavoro. Perché? Perché a volte capita che gli imprenditori di quell’impresa, di quella ditta, hanno deciso di congedare gente, per guadagnare più soldi. L’idolo dei soldi. Si vive nell’ipocrisia, facendo e dicendo quel che gli altri si aspettano, perché il dio della propria affermazione lo impone. E si rovinano vite, si distruggono famiglie e si abbandonano giovani in mano a modelli distruttivi, pur di aumentare il profitto. Anche la droga è un idolo. Quanti giovani rovinano la salute, persino la vita, adorando quest’idolo della droga.
Qui arriva il terzo e più tragico stadio:

«…e non li servirai» , dice. Gli idoli schiavizzano. Promettono felicità ma non la danno; e ci si ritrova a vivere per quella cosa o per quella visione, presi in un vortice auto-distruttivo, in attesa di un risultato che non arriva mai.
Cari fratelli e sorelle, gli idoli promettono vita, ma in realtà la tolgono.
Il Dio vero non chiede la vita ma la dona, la regala.
Il Dio vero non offre una proiezione del nostro successo, ma insegna ad amare.
Il Dio vero non chiede figli, ma dona suo Figlio per noi.
Gli idoli proiettano ipotesi future e fanno disprezzare il presente; il Dio vero insegna a vivere nella realtà di ogni giorno, nel concreto, non con illusioni sul futuro: oggi e domani e dopodomani camminando verso il futuro.
La concretezza del Dio vero contro la liquidità degli idoli. Io vi invito a pensare oggi: quanto idoli ho o qual è il mio idolo preferito? Perché riconoscere le proprie idolatrie è un inizio di grazia, e mette sulla strada dell’amore. Infatti, l’amore è incompatibile con l’idolatria: se un qualcosa diventa assoluto e intoccabile, allora è più importante di un coniuge, di un figlio, o di un’amicizia. L’attaccamento a un oggetto o a un’idea rende ciechi all’amore. E così per andare dietro agli idoli, a un idolo, possiamo persino rinnegare il padre, la madre, i figli, la moglie, lo sposo, la famiglia … le cose più care. L’attaccamento a un oggetto o a un’idea rende ciechi all’amore.
Portate questo nel cuore: gli idoli ci rubano l’amore, gli idoli ci rendono ciechi all’amore e per amare davvero bisogna esseri liberi da ogni idolo dagli idoli.

Qual è il mio idolo? Toglilo e buttalo dalla finestra!».

Gaudete et exultate: l’invito di papa Francesco alla santità

Siamo chiamati alla santità.
E’ questo il messaggio che papa Francesco ha voluto rivolgerci in questa terza esortazione apostolica dal titolo Gaudete et exultate (gioite ed esultate). Un invito alla gioia
di una vita santa, perché i santi non sono solo quelli già beatificati e canonizzati, ma il “popolo” di Dio, cioè ognuno di noi, chiamato a vivere la santità come un itinerario fatto di “piccoli gesti” quotidiani.

Vi lascio un video che ci aiuta a cogliere il senso della santità a cui siamo chiamati.