Il discorso del Papa

Ore: 21:25 – mercoledì, 13 marzo 2013

 «Fratelli e sorelle buonasera. 
Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui… 
Vi ringrazio dell’accoglienza, alla comunità diocesana di Roma, al suo Vescovo, grazie. 
E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito Benedetto XVI. 
Preghiamo tutti insieme per lui, perchè il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca».
Dopo il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria
«E adesso incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. 
Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. 
Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo, perchè ci sia una grande fratellanza. 
Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo – mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente – sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa sempre bella città… 
Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore. 
Prima che il Vescovo benedica il popolo io vi chiedo che voi pregate il Signore perchè mi benedica: la preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo Vescovo. 
Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me». 
 «Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà», Dopo la benedizione
 «Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto, ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perchè custodisca tutta Roma. 
Buona notte e buon riposo».

Il vocabolario del conclave e come si elegge il Papa

Da Popotus, supplemento di Avvenire

Conclave 
Viene dal latino conclavem, parola composta da cum, che significa con, e clavis che significa chiave. Conclave vuole dire camera che si può chiudere con una chiave, per alludere al luogo in cui si riuniscono i cardinali per eleggere il Papa. La parola è usata nelle frasi entrare in conclave, chiudersi in conclave. Conclave indica non solo il luogo in cui si svolge il conclave (cioè la Cappella Sistina), ma anche la riunione dei cardinali per eleggere il nuovo Papa: convocare, adunare il conclave. Per estensione la parola ha preso anche il significato di riunione ad alto livello, riunione solenne, usata a volte anche in senso scherzoso in frasi come «i professori sono riuniti in conclave per fare gli scrutini».
Pontefice
Deriva dal latino pontificem, che significa colui che fa costruire il ponte sul fiume. Ancor prima della nascita di Roma i villaggi erano costruiti su palafitte e i ponti erano vie di comunicazioni importantissime per passare sopra i fiumi e i ruscelli e per uscire dalle abitazioni. Nell’antica Roma i pontefici erano i sacerdoti che si prendevano cura degli antichi riti religiosi, e il loro capo si chiamava pontifex maximus. Con la fine del paganesimo, dimenticata l’origine non cristiana del termine, la parola fu usata per indicare i vescovi, e poi, poco dopo il 1000, fu chiamato summus pontifex il vescovo di Roma.
Papa
La parola Papa viene dalla lingua greca, in cui voleva dire padre. In origine era un’espressione di affettuosa venerazione, che poi a partire dal VI secolo diventò il titolo distintivo del vescovo di Roma. Spesso per indicare il Pontefice si usano, oltre a Papa, altri titoli: Santo Padre, Vicario di Cristo, Vescovo di Roma, Successore di Pietro. Come sapete, Benedetto XVI dalle ore 20 del 28 febbraio non è più Papa, ma Papa emerito. La parola emerito deriva dal latino emeritum: presso gli antichi Romani indicava i soldati che dopo aver degnamente compiuto il servizio militare venivano congedati con onori e ricompense. Da allora emerito è il titolo dato a chi conserva il grado e la dignità di un ufficio che ha cessato di esercitare. L’aggettivo emerito nella lingua comune significa degno, illustre: uno scienziato emerito, un emerito studioso.
Curia
Con l’espressione curia gli antichi Romani indicavano l’ edificio a pianta rettangolare nel quale si riuniva il Senato. In seguito l’espressione curia romana è stata usata per dare un nome alle organizzazioni delle quali si serve il Papa per trattare gli affari che riguardano la Chiesa cattolica. Camerlengo
La parola camerlengo deriva dal latino medievale camarlingus , che a sua volta derivava da un’antica parola germanica, kamarling , che significava addetto alla camera, alla custodia del tesoro del re. A partire dall’XI secolo questa stessa parola fu usata nella Chiesa romana per indicare prima il vescovo e poi il cardinale che dirigeva la Camera Apostolica, che era anche il consigliere del Papa per le questioni amministrative e finanziarie. Il camerlengo di Santa Romana Chiesa è il cardinale che assume il governo provvisorio della Chiesa e presiede la sede vacante nel periodo tra la fine di un pontificato e la conclusione del Conclave in cui verrà eletto il nuovo Pontefice.
Cardinale decano
Il cardinale decano è il cardinale più anziano: anche in questo caso, per capire il significato dell’espressione dobbiamo tornare al latino, in cui decanum indicava il sottufficiale dell’esercito romano che comandava un gruppo di dieci soldati. curia, camerlengo, sede vacante, cardinale decano. Sede vacante
L’espressione sede vacante indica il periodo che passa tra la morte o la rinuncia del sommo Pontefice e l’elezione del nuovo Papa.

Il video che segue vi spiega come si elegge il Papa.

Aiuta gli altri: il cuore ci guadagna

Sono dell’avviso che il bene faccia bene non solo a chi lo riceve, ma anche a chi lo fa. La nostra umanità può svilupparsi in modo giusto  solo nelle relazioni autentiche, che sono quelle che ci fanno crescere nel bene.
Non siamo umani quando facciamo il male, anzi. Più simili a bestie che a esseri umani, quando agiamo nel disprezzo della vita altrui.
Leggete anche voi cosa ho trovato in  Popotus del 28 febbraio 2013.

Fare del bene agli altri fa bene alla salute, soprattutto a quella del cuore. Anche in giovane età: lo spiegano i ricercatori dell’Università della Columbia Britannica, in Canada. Nel loro studio, pubblicato sulla rivista “Jama Pediatrics”, i ricercatori hanno indagato sull’effetto del volontariato sulla salute fisica degli adolescenti. «È stato incoraggiante notare come un intervento sociale a sostegno di membri della comunità abbia anche migliorato la salute degli adolescenti», ha detto Hannah Schreier, fra gli autori dello studio. I ricercatori hanno diviso dieci studenti provenienti da una scuola superiore di Vancouver (si legge vancùver ed è un’importante città del Canada occidentale) in due gruppi: uno ha fatto volontariato regolarmente per dieci settimane e l’altro è stato messo in attesa.
Il gruppo di volontari ha trascorso un’ora alla settimana di lavoro con i bambini delle scuole elementari per un programmi di doposcuola nel loro quartiere. Dopo dieci settimane, questi ragazzi erano più snelli e avevano meno infiammazioni e meno colesterolo rispetto agli studenti rimasti in attesa. «I volontari più attivi e altruisti sono stati anche quelli che hanno visto i maggiori miglioramenti di salute, soprattutto al cuore», ha concluso la Schreier. Infatti sovrappeso e colesterolo sono tra i principali nemici del nostro cuore.

Donne, com’è difficile frasi strada

In occasione della Giornata di oggi riflettiamo su quanto sia ancora difficile la vita per le donne. L’articolo che vi propongo, letto in Popotus di ieri, non parla di femminicidi, nè di violenze e discriminazioni. Però mette in evidenza un distacco tra donne e uomini che si fa fatica a ridurre. Per retaggio culturale? ignoranza? mancanza di sensibilità?
A voi l’articolo e la proposta interessante che vi è contenuta.

Rita e Gae ce l’hanno fatta a tempi di record. A pochi mesi dalla morte il loro nome è già sulla targa di una piazza. Rita Levi Montalcini: scienziata, premio Nobel e senatrice. Gae Aulenti, designer e architetta. Sì, al femminile, come l’Accademia della Crusca sostiene che bisogna dire. Lo stesso vale per sindaca, ministra e avvocata: basta maschilismi nella lingua. Piazza Montalcini la trovate già sulle mappe di Torino e di Agrigento. Piazza Aulenti è in pieno centro a Milano. Una rarità in un Paese dove solo quattro vie su cento sono intitolate alle donne.Via, strada, piazza sono tutti sostantivi femminili, peccato che quando si tratta di dar loro un nome, si opti quasi sempre per quello di un personaggio maschile.
Eppure di donne illustri che hanno fatto la storia è pieno il mondo, ma come spesso succede, per una donna è più difficile farsi strada (in tutti i sensi). A Roma su 16.057 vie solo 600 sono intitolate a donne. Milano fa peggio: sono solo 134 su 4.244. In termini percentuali non si va mai oltre il 3,7 per cento. Del censimento si è occupato il gruppo “Toponomastica femminile”, che fa sapere che all’estero sono più bravi a onorare la memoria delle donne illustri: le “vie in rosa” a Madrid sono il 7 per cento, mentre a Oslo raggiungono un considerevole 20 per cento. Per recuperare lo svantaggio, culturale prima che numerico, il gruppo ha chiesto a tutti i Comuni italiani di prendere un impegno per il giorno della festa della donna. «Otto marzo, tre donne, tre strade» lo slogan della campagna già dice tutto: le prossime tre strade sarebbe meglio dedicarle a tre donne. L’idea è venuta all’animatrice del gruppo, Maria Pia Ercolini, insegnante di geografia in una scuola superiore di Roma. Il suo impegno a favore delle strade al femminile è nato dalla domanda di una studentessa: «Ma prof, perché noi non ci siamo mai?». Ha capito che una spiegazione dalla cattedra non era sufficiente, bisognava scendere in strada. Il prossimo obiettivo di “Toponomastica femminile”? Una via dedicata alle parlamentari che hanno fatto la Costituzione italiana. Oltre ai padri, ci sono anche le “madri costituenti”.

Martiri di oggi: Annalena Tonelli

«Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati, che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: lui e i poveri in lui. Per lui feci una scelta di povertà radicale… anche se povera come un vero povero io non potrò essere mai. Vivo a servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio… Sono non sposata perché così scelsi nella gioia quando ero giovane. Volevo essere tutta per Dio. Era una esigenza dell’essere quella di non avere una famiglia mia. E così è stato per grazia di Dio. Partii decisa a gridare il Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld. Trentatrè anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a gridarlo così fino alla fine».
Annalena Tonelli
(dalla testimonianza offerta da questa missionaria laica forlivese, uccisa da estremisti musulmani in Somalia il 5 ottobre 2003, a un raduno di operatori sanitari in Vaticano nel 2001).

Quando il perdono viene dall’Islam

«Vorrei salvare quelli che sono all’origine della mia sofferenza. Bisogna aiutare quei giovani. L’odio contro l’odio non produce molto: crea ancora odio». Non è facile parlare così, soprattutto se si ha avuto un figlio assassinato e, per di più, il suo killer viene considerato da qualcuno un eroe per il suo gesto. Ma Latifa Ibn Ziaten, l’autrice di queste affermazioni, ha deciso di dire basta alla spirale della violenza.
Nata in Marocco 52 anni fa, Latifa è la mamma di Imad, il paracadutista di trent’anni che lo scorso marzo fu la prima vittima di Mohamed Merah, il killer di Tolosa, giovanissimo terrorista che poi avrebbe ucciso altri due militari (tutti di origine maghrebina, ‘puniti’ come ritorsione alla presenza francese in Afghanistan) e si sarebbe accanito contro i bambini di una scuola ebraica. Bilancio della strage: sette morti e un Paese sconvolto. Mohammed Merah era nato e cresciuto in Francia e si era votato alla causa jihadista nello Stato europeo che incarna per eccellenza l’eredità illuminista del principio di laicità, dove vivono le comunità ebraiche e musulmane più numerose del vecchio continente (600 mila e circa 6 milioni di persone, rispettivamente): che cosa, dunque, non aveva funzionato?
La cieca violenza fondamentalista del giovane scosse l’opinione pubblica francese e diede origine a un dibattito sull’apparente fallimento del modello di convivenza sperimentato nel Paese. Ma gli slogan politici e le opposte strumentalizzazioni faticarono a identificare i fattori chiave su cui lavorare per ricucire un tessuto sociale lacerato. Da parte sua la madre di Imad, semplice cuoca di una mensa scolastica, in pensione, arrivata in Francia a diciassette anni per seguire il marito da cui avrebbe poi avuto cinque figli, con il cuore ancora gonfio di dolore per il suo lutto non accettò gli slogan, né di crogiolarsi nella sofferenza o nel desiderio della vendetta. Raccolte le poche energie che le rimanevano, decise di andare a Tolosa, nella banlieue dove aveva vissuto l’assassino di suo figlio. «Dovevo sapere dove era cresciuto Merah, come era stato allevato, perché era diventato ciò che era diventato», ha raccontato. Là, nella banlieue di Les Izards, la signora Latifa, sola con il suo velo musulmano in testa, fece un incontro sconvolgente: un gruppetto di ragazzi che parlavano dell’assassino come di un eroe dell’islam. «Per me fu uno shock. In quel momento compresi l’urgenza di agire, a partire dalla base, cioè l’educazione». Da allora, Latifa non si è più fermata. E, insieme ai membri dell’associazione che ha fondato in memoria di suo figlio (l’Association Imad Ibn Ziaten pour la jeunesse et la paix ), gira per le scuole francesi a raccontare la sua storia, a spiegare la propria visione della convivenza, a testimoniare che la sua religione è compatibile con la laicità. È il modo che ha scelto per mantenere una promessa fatta a suo figlio. «Imad mi aveva detto: ‘Mamma, se mi dovesse capitare qualcosa, conto su di te, non lasciarti andare, non arrenderti’. Io l’avevo ascoltato pensando che nessuna madre può accettare di seppellire suo figlio». Ma un giorno, era l’11 marzo dell’anno scorso, il telefono aveva squillato. La signora Latifa era venuta a sapere così che Mohamed Merah, 23enne con doppia cittadinanza francese e algerina, aveva dato appuntamento a suo figlio con la scusa di voler comperare la sua motocicletta, e invece gli aveva sparato. Comprendere il perché di una simile tragedia non fu certo facile. «All’inizio, non lo nascondo, quando capita una cosa del genere c’è del risentimento, della collera, nella testa passa di tutto», ha raccontato la madre di Imad, che ha appena scritto un libro (in uscita in Francia a marzo per Flammarion) dedicato a suo figlio, che lo scorso novembre è stato dichiarato ufficialmente ‘morto per il servizio alla nazione’. «Ora però non sento più odio. Merah non ha avuto una vita facile. È una vittima: è cresciuto per la strada, è stato in prigione, ha conosciuto la droga. Dov’erano i suoi genitori?». La signora Ibn Ziaten torna così alla sua ferma convinzione, quella che la fa uscire alla mattina dalla sua casa di Sotteville-lès-Rouens per andare a incontrare gli studenti, nelle città e nelle periferie: «Gli adulti hanno il dovere di farsi carico delle domande e delle inquietudini dei giovani, soprattutto nei contesti più difficili». È per questo che, tra gli obiettivi della sua associazione, c’è la creazione di una «cellula d’ascolto religiosa multiconfessionale che intervenga nelle carceri così come nelle scuole, particolarmente quelle dei quartieri in cui la gioventù subisce la legge del non-diritto». Perché, come ha detto Latifa davanti al presidente Hollande durante una cerimonia in memoria delle vittime del terrorismo, «questi giovani hanno bisogno d’aiuto. Se non li sosteniamo, avremo degli altri Mohamed Merah».

Articolo di Chiara Zappa, pubblicato su Avvenire del 19 febbraio 2013

La crocifissione bianca di Chagall

M. Chagall era un pittore russo di origine – e di fede – ebraica. Negli anni ’30 gli fu richiesta una commissione piuttosto imponente: l’illustrazione della Bibbia, opera che nessun pittore – escluso Rembrandt – aveva mai realizzato; il pittore accettò.
 “La crocifissione bianca” è senza dubbio uno dei vertici artistici chagalliani: dipinta nel 1938, in essa il pittore esprime le sofferenze del suo popolo odiato e perseguitato e prefigura drammaticamente le ignominiose atrocità che saranno commesse nei mesi e negli anni successivi.
Dopo aver provato insieme a ricostruire in classe gli eventi relativi alla storia del popolo ebraico e aver svolto le attività inserite nel blog, vi invito ad osservare l’opera di questo grande pittore.
Vi offro alcuni spunti per analizzare al meglio il quadro (tratti dalla rivista Scuola e Didattica 11/2012, pp. 86-87):
1) Lamentazioni: sgomenti, tre rabbini e donna piangono…
2) Pogrom russi contro gli Ebrei…
3) Distruzione d’insediamenti ebraici: case bruciate, capovolte, sedie rovesciate,tombe violate, morti al suolo,violino accanto a tre uomini seduti su ciò che resta delle proprie abitazioni;
4) Profughi: donna atterrita col suo bimbo tra le braccia, soldati disperati che si sporgono da una barca, tutti cercando aiuto…
5) Vecchio: ebreo da sempre errante e perseguitato…
6) Rotoli della Torah…
7) Distruzione del tempio/sinagoga a Vitebsk…
8) Situazione disperata…
9) Forni crematori, simboleggiati da Torah data alle fiamme…
10) Profanazione della religione ebraica: soldato in uniforme nazista che profana una sinagoga…
11) Kristallnacht: (notte del 10 novembre 1938), spaccate le vetrine a quasi tutti i negozi ebrei e sinagoghe incendiate o distrutte. La polizia ricevette l’ordine di non intervenire e i vigili del fuoco badavano soltanto che le fiamme non attaccassero altri edifici…
12) Ebreo crocifisso: dall’alto s’irradia una luce bianca che, nel cupo grigiore del dipinto, isola Gesù, in un contesto scenico dove tutto vorticosamente s’intreccia, come se il mondo fosse impazzito. Sulla croce la scritta è in ebraico e Gesù è cinto da un tallit. Cristo è rappresentato come ebreo, perseguitato e innocente capro espiatorio che assume su di sé il male del mondo, fino a significare le vittime anche dell’oggi (deportazioni/persecuzioni/prigionia,bambini palestinesi ed ebrei, bambini stregoni, profughi ambientali e no, malati, affamati, ecc…). La luminosità del Cristo è il riconoscimento della positività della proposta di Gesù nella storia, nonostante la sua apparente sconfitta della croce…
Colpisce il fatto che Gesù più che essere rappresentato senza vita sembra essere addormentato sulla croce. Ricorda il passo del vangelo della tempesta sedata, quando i discepoli erano disperati a causa della tempesta mentre Gesù dormiva nel ventre della barca e sembrava incurante della vita dei suoi a causa e della minaccia del mare.
Nell’immagine che segue (sempre tratta da SD 11/2012) i diversi elementi di cui si parla sopra sono stati già individuati.

Torah, menorah, tallit, sinagoga, sono alcuni dei simboli dell’ebraismo che compaiono nel dipinto. Vi propongo di approfondire le vostre conoscenze sull’ebraismo visitando alcuni post del passato:
http://profrel.blogspot.it/2011/05/attivita-di-ripasso-sui-simboli-e-le.html
http://profrel.blogspot.it/2011/04/pesach.html 
http://profrel.blogspot.it/2011/04/ebraismo-alcune-caratteristiche.html
http://profrel.blogspot.it/2011/04/scopriamo-alcuni-simboli-delle.html
http://profrel.blogspot.it/2010/04/il-seder-pasquale.html
http://profrel.blogspot.it/2010/02/scoprire-le-religioni-monoteiste.html
http://ircprof.altervista.org/religioni_monoteiste/religioni_monoteiste.swf

Buon lavoro!!!

Studio in mappa

Più volte vi ho parlato dell’utilità delle mappe nello studio. Cognitive, concettuali, o strutturali che siano, sono di valido per ogni studente.
Sulle mappe strutturali vi invito a dare un’occhiata nel sito Studio in mappa.
Gli alunni della scuola secondaria di primo grado possono trovare delle mappe utili per il loro studio cliccando sull’immagine.